Da tempo, nell’Unione europea ha preso piede una proposta che sarebbe eufemistico definire preoccupante: quella secondo cui l’aborto volontario sarebbe «un diritto» e, pertanto, i Paesi Ue dovrebbero tutti, e senza sostanzialmente limiti, «garantire l’accesso a servizi di aborto sicuri, legali e gratuiti, a servizi di assistenza sanitaria prenatale e materna, alla pianificazione familiare volontaria, a servizi adatti ai giovani, nonché alla prevenzione, al trattamento e al sostegno nella lotta all’Hiv, senza discriminazione alcuna».
Inutile rimarcare che si tratta di una deriva sconvolgente e che, esattamente un anno fa – dopo un voto simile nel giugno sempre 2022 –, ha purtroppo già visto il Parlamento europeo approvare – 324 voti favorevoli, 155 contrari e 38 astensioni – una risoluzione affinché sia tutelato «il diritto all’aborto per le donne in Ue e in tutto il mondo». Per quanto riguarda il piano strettamente giuridico, il proposito abortista sarebbe quello di inserire la soppressione prenatale nell’articolo 7 della Carta fondamentale dei diritti. Un proposito che, si realizzasse, avrebbe effetti gravissimi.
Per questo, martedì la Comece – vale a dire la Commissione degli episcopati dell’Unione europea – ha pubblicato una nota molto dura e, va detto, decisamente netta. Si tratta per l’esattezza di un documento intitolato “L’indifendibilità etica di un diritto fondamentale dell’Ue all’aborto”, elaborato dalla Commissione etica della Comece. Questo testo parte con un richiamo ai padri fondatori dell’Europa e alla «genuina tradizione umanistica che fa dell’Europa quello che è». In tale contesto, «il rispetto della dignità di ogni essere umano in ogni fase della sua vita, specialmente nelle situazioni di completa vulnerabilità, è un principio fondamentale in una società democratica».
A seguire, nel testo si evidenzia un problema di non poco conto: quello della dubbia competenza europea in un ambito come quello che è investito dalla fattispecie dell’aborto procurato. «Le competenze legislative degli Stati membri dell’Ue e il principio di attribuzione secondo cui l’Unione agisce solo nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei Trattati per il conseguimento degli obiettivi da essi previsti (articolo 5.2 del Trattato di dell’Unione europea)», è l’ammonimento degli episcopati europei, «dovrebbero essere rispettati. Non ci sono competenze a livello Ue per regolamentare l’aborto». Una sottolineatura in punta di diritto che, oggettivamente, non fa una grinza.
Sempre in punta di diritto, il documento dei vescovi ricorda qualcosa che alcuni sembrano essersi scordati, e cioè che la Corte europea dei diritti dell’uomo non ha mai – mai, urge ribadirlo perché non è cosa secondaria – dichiarato l’aborto un diritto umano protetto dalla Convenzione europea dei diritti fondamentali. Al contrario, al Corte europea, ha coerentemente sempre «confermato nella sua giurisprudenza che è obiettivo legittimo per gli Stati contraenti della Convenzione proteggere la vita nascente». Ma anche si volesse procedere secondo gli auspici abortisti, sussisterebbe comunque un problema: quello della «grande diversità nel modo in cui gli Stati membri bilanciano i diritti delle donne incinte con i diritti del nascituro».
Per quanto sia singolare che debbano essere dei vescovi a ricordare questo a dei politici, nel loro documento essi hanno rammentato che dalle «tradizioni costituzionali, all’interno dell’Ue emerge un quadro molto diverso. Il rispetto della diversità di queste norme e la grande importanza di ciascuna tradizione costituzionale nel soppesare diritti fondamentali divergenti in un conflitto sulla gravidanza suggeriscono» pertanto «di non costituire un diritto all’aborto come principio generale del diritto dell’Unione».
Insomma, anche volendo ragionare nel modo più laico possibile, come magistralmente fatto dai vescovi europei, la conclusione non può che essere una: l’eventuale previsione europea dell’aborto come un diritto sarebbe un assurdo; una tesi indifendibile, che darebbe luogo solamente ad un mostriciattolo giuridico di cui nessuno sente il bisogno. Di certo non lo sentono i figli concepiti e non ancora nati. (Foto: Mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea, Imagoeconomica)
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