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12.12.2024

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Vescovi italiani: «Ogni vita ha valore. Preoccupati degli sviluppi sull’eutanasia»
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9 Novembre 2023

Vescovi italiani: «Ogni vita ha valore. Preoccupati degli sviluppi sull’eutanasia»

«La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata». È questo uno dei tanti moniti che si leggono nel Messaggio della Conferenza Episcopale italiana diffuso oggi per la per la 46ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 4 febbraio 2024 sul tema «La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)».

Si tratta di un passaggio importante, soprattutto in questi giorni in cui tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita sono in trepidazione per la sorte della piccola paziente inglese Indi Gregory.

«Sono numerose», scrivono i vescovi nel Messaggio, «le circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita tanto che, per tutta una serie di ragioni, si decide di metterle fine o si tollera che venga messa a repentaglio». Quindi un lungo elenco di vite, tra cui quella dei disabili citata in apertura, sotto attacco e da difendere.

«La vita del nemico – soldato, civile, donna, bambino, anziano… – è un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza. La vita del migrante vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma. La vita dei lavoratori è spesso considerata una merce, da “comprare” con paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza. La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto».

Quindi, il passaggio sulla «vita dei bambini, nati e non nati» che «viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o “del giorno dopo” facilmente reperibili».

La difesa del nascituro dalla pratica della aborto, in tutte le sue forme, è in fondo alla lista, come a dire, anche giustamente, che tutta la vita va difesa. Però la difesa del concepito, secondo l’adagio inglese, last but not least, è ultima ma non ultima, perché si deve dare retta a Madre Teresa di Calcutta quando disse che «se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla».

Sono quindi «tante le vite negate», come scrive la Cei nel Messaggio, ma c’è come una gerarchia, che vede nel bambino ucciso nel grembo della mamma, il punto focale da cui traguardare tutto il resto. Lo si può dire, senza per questo dimenticare tutte le altre vite negate.

«Ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri», continua il Messaggio per la giornata per la Vita 2024.

«La scienza ha mostrato in passato l’inconsistenza di innumerevoli valutazioni discriminatorie, smascherandone la natura ideologica e le motivazioni egoistiche: chi, ad esempio, tentava di fondare scientificamente le discriminazioni razziali è rimasto senza alcuna valida ragione. Ma anche chi tenta di definire un tempo in cui la vita nel grembo materno inizi ad essere umana si trova sempre più privo di argomentazioni, dinanzi alle aumentate conoscenze sulla vita intrauterina, come ha mostrato la recente pubblicazione Il miracolo della vita, autorevolmente presentata dal Santo Padre.
Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali. D’altra parte, cos’è che rende una vita degna e un’altra no? Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Il rischio che prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico metterebbe in guardia la retta ragione dall’assumere decisioni dirimenti in questi ambiti, come purtroppo è accaduto e accade. Da questo punto di vista, destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia».

Nessuno è padrone della vita e questo, sottolineano giustamente i vescovi, non è un fatto confessionale «poiché una civiltà autenticamente umana esige che si guardi ad ogni vita con rispetto e la si accolga con l’impegno a farla fiorire in tutte le sue potenzialità». E poi il credente sa che un Padrone della vita c’è, e la vita la si riceve come un dono perchè quel Padrone si chiama Padre.

(Foto Imagoeconomica: Consiglio episcopale permanente della Cei)

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