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Vite Cancellate, il film che fa torto alla verità
NEWS 5 Febbraio 2019    di Raffaella Frullone

Vite Cancellate, il film che fa torto alla verità

A breve nei cinema italiani arriverà Vite Cancellate, con Nicole Kidman e Russell Crowe. Uscito lo scorso anno negli Stati Uniti col titolo Boy Erased, il film è tratto dall’omonimo libro di Garrard Conley, in cui l’autore, figlio di un pastore battista dell’Arkansas, racconta di quando, a 19 anni, il suo doloroso “coming out” in famiglia lo condusse a partecipare a un “programma di conversione” che prevedeva pratiche decisamente singolari, costrizioni, e anche violenze. La storia finisce come da copione: Conley troverà il coraggio di abbandonare il programma e abbracciare, con l’appoggio della madre, “la sua identità omosessuale”. Al padre ci vorrà più di tempo, ma di fronte al figlio finalmente “liberato” finirà per cedere. Oggi Conley è “sposato” con un uomo, vive a New York e gira per le scuole a parlare di omosessualità.

Il film non è che l’ennesimo feroce attacco alle terapie riparative. Nel timore non fosse abbastanza evidente, è stato messo nero su bianco, o meglio bianco su nero. Qui il primo trailer ufficiale, qui il secondo, nel quale appare la scritta «77mila persone ancora oggi in America sono costrette a seguire la terapia di conversione».

La tecnica utilizzata è semplice, raccontare un caso specifico per smontare il principio generale. Il programma cui ha preso parte Conley a Memphis, chiamato Love in Action, prevedeva una serie di pratiche inquietanti, tra cui la simulazione di morte del paziente con tanto di bara, e violente, come quando i ragazzi venivano picchiati – stando al suo racconto – con delle Bibbie. La struttura, dopo la denuncia presentata da un partecipante, è finita al centro di un’inchiesta dello Stato del Tennessee, chiusa poco dopo in quanto le accuse vennero ritenute infondate.

Ma quand’anche l’inchiesta fosse finita diversamente, o ci fossero delle gravi colpe non ancora individuate e punite, questo caso specifico non può bastare a screditare qualunque tipo di percorso che non assecondi l’attrazione per lo stesso sesso. Sarebbe come dire che siccome alcune madri uccidono i propri figli, allora il problema è la maternità. L’efficacia delle terapie riparative è stata recentemente confermata dalla Catholic Medical Association che in uno studio pubblicato il 23 luglio 2018, dal titolo Effetti della terapia sugli uomini credenti che hanno un’attrazione omosessuale indesiderata, ha rilevato «in seguito all’attuazione di una determinata volontà di cambiamento dell’orientamento sessuale da parte dei partecipanti, un significativo miglioramento della loro salute mentale» oltre che «da moderate a rilevanti diminuzioni di tendenze al suicidio, abuso di sostanze, depressione e miglioramenti nelle attività sociali e nell’autostima»

Al centro dello studio c’è proprio la volontà della persona di sottoporsi alla terapia. Come Conley spiega nelle sue memorie, come ripete nelle interviste e come si intuisce dal trailer, lui stesso ha partecipato al programma contro la sua volontà: spinto dai genitori, dalla confusione in cui si trovava, dalla solitudine, dal desiderio di perdere le persone che amava. Nessuna di queste è una buona ragione per intraprendere una terapia psicologica, di alcun tipo. Nessun terapeuta serio inizierebbe un lavoro con chi non vuole fare quel lavoro. Nessuna terapia psicologica può funzionare senza la volontà del paziente.

Infine, l’attacco ai cristiani pervade tutto il film, come se la sofferenza di Conley fosse in qualche modo causata da Dio. Questo è il torto più grande che si fa alla verità e alle persone che soffrono perché vivono attrazione per lo stesso sesso.

 

 


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