Sicurezza e immigrazione
I fondamenti della Sacra Liturgia
31 Gennaio 2014 - 06:03
Di fronte a liturgie scadute ad intrattenimento, a composizioni musicali difformi dai modelli del rito romano, a chiese somiglianti ad auditorium, a immagini astratte, cose tutte che favoriscono un vago deismo, di fronte ad abusi, manipolazioni e profanazioni, vogliamo riandare ai fondamenti teologici e dottrinali, e ancor prima filosofici, del culto divino, quali l’unità, la verità, la bontà e la bellezza che concorrono alla sua piena comprensione come spazio e tempo della Presenza di Dio tra noi: sono i fondamentali che illustrano la natura stessa della liturgia come res sacra e anche la nostra relazione con essa.
La liturgia celeste è scesa sulla terra per opera dello Spirito con l’incarnazione del Verbo, splendore della gloria del Padre, come canta la liturgia bizantina: l’incarnazione è principio della sacra liturgia come della musica e dell’arte sacre. Infatti, la liturgia è intima connessione tra celebrazione rituale e melodie, disposizione architettonica, icone e mistagogia.
Se è vero che la norma della fede (lex credendi) si riflette nella regola della preghiera (lex orandi), la verità dottrinale del Figlio che si è fatto visibile nella carne umana deve esprimersi sempre attraverso riti, melodie e immagini, solo secondariamente per simboli, mai per astrazioni.
La liturgia ci invita a rivolgerci al Padre, distogliendo lo sguardo da noi stessi o da altre creature per fissarlo nella sua Gloria attraverso il sacerdote celebrante che impersona Gesù Cristo. La liturgia non celebra l’uomo che diventa Dio, ma Dio che è diventato uomo; perciò è fondata sul diritto del Signore – ius divinum – di essere adorato come Lui stesso ha stabilito nell’Antica e nella Nuova Alleanza e deve tener conto del diritto dei fedeli di partecipare alla liturgia della Chiesa cattolica, non alla performance di un ministro sacro. La liturgia, la musica e l’arte non scadono nell’arbitrio, ma aderiscono liberamente, come ricorda san Benedetto, alle esigenze obbliganti dell’opus Dei.
Chi fa la liturgia, la musica e l’arte sacre deve fare un cammino di conversione di cui la fede è il requisito primario. Il sacerdote, il musicista, il cantore, l’artista cristiano è umile e deve diminuire affinché il Signore cresca nel cuore degli uomini. Solo così la Bellezza, che è Gesù Cristo, può salvare il mondo istaurando l’ordine dell’amore.
Pertanto, alla liturgia bisogna prepararsi con la preghiera, il digiuno, la purificazione di cui sono vestigia in sacristia l’inginocchiatoio con le preghiere per la Praeparatio ad Missam e il lavabo per le mani, corrispondenti nel rito bizantino alla Proskomidia e ai preliminari per dipingere l’icona; altrimenti non si può celebrar liturgia, cantare musica sacra, creare arte sacra.
La liturgia, la musica e l’arte sacre non cominciano col concilio Vaticano II: esso ha solo compiuto un restauro, l’ultimo – nel senso di recente – della serie, non ancora terminato. Chi è liturgista, musicista e artista cristiano vive in comunione e in continuità con la Chiesa di tutti i tempi. Una liturgia, una melodia, una chiesa non possono essere in rottura con le forme consacrate dalla tradizione, pur innovandole e sviluppandole dall’interno.
Spero, con quanti scriveranno in questa rubrica, che «possa essere di aiuto nella lotta, necessaria in ogni generazione, per la corretta interpretazione e la degna celebrazione della liturgia».
(Joseph Ratzinger, Prefazione a Uwe Michael Lang, Rivolti al Signore, Cantagalli 2006).
IL TIMONE N. 93 - ANNO XII - Maggio 2010 - pag. 47











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