Mercoledì 05 Novembre 2025

Educazione sessuale

Educazione sessuale, Recalcati è contro. De Gregorio lo attacca ma lui non molla: «Non ha senso»

Piccolo diverbio in casa progressista. Ma la ragione è tutta dalla parte del noto psicanalista

Educazione sessuale, Recalcati è contro. De Gregorio lo attacca ma lui non molla: «Non ha senso»

(Imagoeconomica)

Il noto psicanalista Massimo Recalcati è andato a toccare un tasto dolente per il mondo progressista a cui lui stesso appartiene: l’educazione sessuale nelle scuole. Si sarebbe macchiato del crimine di non essere d’accordo con l’introduzione di ore dedicate all’educazione sessuale e affettiva. 

Affidando il suo pensiero alle pagine di Repubblica aveva dichiarato che l’educazione sessuale «non si insegna come si insegna la grammatica o la matematica». Mettendo poi nero su bianco il merito storico del Sessantotto nell’aver liberato la sessualità dall’oppressione moralistica, spiegava: «Ogni liberazione porta con sé nuove forme di cattività». Secondo Recalcati infatti si rischia oggi di ridurre la sessualità a «fenomeno da spiegare, classificare, amministrare» tramite «ideologie identitarie che pretendono di racchiudere il suo mistero all’interno di categorie fatalmente rigide». 

«L’educazione sessuale non può essere considerata una materia di scuola tra le altre, non può ridursi a un sapere tecnico perché tocca ciò che di più intimo, inafferrabile e bizzarro c’è nella soggettività umana», aveva proseguito. Secondo la sua tesi, ogni insegnante e adulto che abita la scuola rappresenta già in qualche modo un «educatore sessuale-affettivo» visto che «l’educazione affettivo-sessuale dovrebbe essere un obbiettivo trasversale dell’intera vita scolastica, un suo effetto educativo essenziale più che una materia a sé stante», perché dal modo in cui si parla, si ascolta, si guarda l’altro si può insegnare il rispetto e l’accoglienza. E come dargli torto. 

Sempre sullo stesso quotidiano ci ha prontamente pensato la giornalista Concita De Gregorio a rimettere in riga il compagno. Indossando le vesti della studentessa liceale e cavalcando la retorica della violenza di genere ha scritto: «A scuola mia ci sono moltissime compagne che pensano che se lui controlla il telefonino va bene, vuol dire che le ama». La giornalista ci ha poi messo dentro un po’ di gender - che ci sta sempre bene -: «In classe ho due compagni in transizione. Non possono fare niente per ora, sono minorenni. Aspettano di averne diciotto. Non credo proprio che cambieranno idea, prof.», rivolgendo l’accorato appello allo psicanalista: «Quanto sarebbe utile avere un posto, a scuola, dove parlarne». Ecco qui svelato - noi ci eravamo arrivati già da un po’, analizzando anche le origini oscure e assolutamente ideologiche di certe iniziative (qui per abbonarsi) - il vero intento dell’educazione sessuale e affettiva: dire che i maschi sono tutti brutti e cattivi e dare più diritti ai transgender, seminando confusione (ancora di più?) e crisi d’identità tra i giovanissimi.

Convincendo professori e studiosi della bontà dell’educazione sessuale ci ritroveremo davanti presunti esperti, tutti allineati sulla stessa linea di pensiero, che sporcheranno la parte più intima - plauso al professor Recalcati per aver usato questo termine oggi tanto desueto quanto potente - dei nostri figli. 

«Perché non faccio quello che veramente voglio, ma solo quello che detesto?», parafrasando san Paolo nella Lettera ai Romani Cavalcati oggi torna a rispondere a De Gregorio, ammettendo che impartire nozioni o trasmettere un certo sapere non significa dissuadere dalle cattive pratiche. Forte della sua esperienza nell’ascolto di bambini e ragazzi, Cavalcati rileva che al centro dell’emergenza educativa ci si deve chiedere «cosa ci salva?». Il professore propone la testimonianza reale dei genitori e degli adulti di riferimento che dovrebbero «amare e desiderare senza usurpare o fare soffrire, senza ricattare o ingannare, senza esercitare potere o subirlo, senza negare la libertà dell’altro ma riconoscendola appieno». Vero, sottoscriviamo. E ci spingiamo ancora oltre. «Quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me», prosegue san Paolo in quella lettera. Forse allora la domanda più adatta è: «Da che cosa dobbiamo essere salvati?», dai peccati. E la buona notizia è che solo Uno può salvare, anzi, l’ha già fatto per tutti noi amandoci in croce. Se solo tutti quei ragazzi seduti ai banchi di scuola potessero saperlo. 

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