Mons. Sanguineti: «Sant’Agostino tesoro per la Chiesa e per tutti»
«Papa Leone si è definito un figlio spirituale del vescovo di Ippona, questa è una ricchezza per tutti». Le parole del vescovo di Pavia, dove riposano le spoglie mortali del santo
Non tutti sanno che a Pavia riposano le spoglie mortali di Sant’Agostino, il grande santo e dottore della chiesa che dopo una giovinezza inquieta e una lunga ricerca della verità, si convertì al cristianesimo, diventando uno dei principali Padri e Dottori della Chiesa. Le sue opere, tra cui le Confessioni e La città di Dio, hanno segnato in profondità la teologia e la cultura occidentale.
Leone XIV è un papa agostiniano, monsignor Sanguineti lei è vescovo della città di Pavia che custodisce le spoglie mortali del grande santo di Ippona, è felice di questa circostanza?
«Ovviamente sì, sono felice, innanzitutto perché avere come Papa un figlio di Sant'Agostino, come si è definito lui stesso, sicuramente è una ricchezza per tutta la Chiesa, perché sappiamo che ricchezza rappresenta la figura, la testimonianza, il pensiero di Sant'Agostino, che sicuramente hanno nutrito e continuano a nutrire il cammino e la vita del nostro nuovo Papa Leone. E poi ovviamente sono anche contento perché probabilmente è l'occasione per cui molta gente ora verrà a venerare il sepolcro del Santo. E così sentirlo sentirlo un po’ più vicino a noi».
Si può dire che oggi la Chiesa ha particolare bisogno di un figlio spirituale di Sant'Agostino, cioè di qualcuno che sappia, come il Santo di Ippona, cercare l'unità senza uniformità, amare la verità di Dio senza sacrificare l'amore per il prossimo?
«Questi sono degli aspetti certamente veri, Agostino è stato un uomo di Chiesa, un grande teologo, anche filosofo, pensatore, poi è stato un grande pastore che ha cercato di tessere l'unità della Chiesa in tempi attraversati da tensioni non facili, penso all'eresia donatista che creava una spaccatura profonda, in particolare nella Chiesa africana, poi l'eresia pelagiana, le fatiche che a volte c'erano ancora, nell'assumere pienamente il dogma cristologico. Dalla sua teologia della Chiesa possiamo comprendere la sua idea di unità con l’immagine del Christus totus, il Cristo totale, dove Cristo è il capo unito a tutto il corpo, a tutte le membra. Questa unità in Cristo della Chiesa non è un'unità politica, non è un'unità che nasce per una convergenza, ma è un'unità che è grazia, è opera dello spirito, che va evidentemente servita, preservata, custodita. È un'unità che non è una piatta uniformità, è un'unità dove ci possono essere veramente accenti, temperamenti, voci differenti, concordi sull'essenziale. C’è un famoso motto attribuito anche ad Agostino che rimane tutt’ora valido e può spiegare questa plasticamente questa unità: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas, unità nelle cose essenziali, libertà in quelle dubbie, carità in tutto. Ecco, sant’Agostino, che pure si è speso nella lotta alle eresie, ha agito sempre con carità. La carità ha anche la dimensione del servizio della verità, della verità che si fa nella carità. Agostino ha avuto anche il gusto e la passione di argomentare la verità, di mostrarne la ragionevolezza, la convenienza, senza mai sacrificare l’amore per il prossimo».
Papa Leone ha detto, nella sua prima omelia, che il nostro è un tempo che sembra ridurre Cristo a un super uomo, oppure proprio non lo considera. Le Confessioni, che sono il libro più noto di Sant'Agostino, più popolare, cosa dicono all'uomo che si riferisce, sempre citando Papa Leone, ad altre sicurezze come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere?
«Se uno non avesse letto niente di Agostino consiglierei proprio di partire da le Confessioni, soprattutto la prima parte, dove si può scorgere una sorta di biografia spirituale del santo. E mi pare che Agostino nelle Confessioni emerga come un uomo del desiderio, dell'inquietudine; dove questo desiderio, che è il desiderio di verità, di bellezza, è al fondo il desiderio di Dio. Questa inquietudine che lo anima, magari lo ha portato anche nella giovinezza su strade sbagliate, su scelte disordinate, però alla fine è ciò che lo ha messo sempre in tensione, in ricerca, e alla fine lo ha condotto all'incontro con la fede, con la fede cristiana. Ed è molto bello il fatto che Agostino, anche dopo aver incontrato Cristo e aver aderito primamente alla fede, è rimasto un uomo in un certo senso molto inquieto, un uomo che ha continuato a cercare, ad approfondire. A me pare che rispetto a questi idoli di cui ha parlato papa Leone, come il potere, il piacere, che ci sono sempre stati, noi oggi aggiungiamo la tecnologia e il successo; sono idoli che in qualche modo riducono il desiderio dell'uomo, perché fanno pensare all'uomo che attraverso questi mezzi troverà il compimento di sé, e invece se l'uomo è autentico si accorge che non bastano il denaro, il successo, il potere, il piacere, la tecnologia a trovare il compimento di sé. Perché il cuore dell'uomo è spalancato all'infinito. Agostino da questo punto di vista aiuta a relativizzare ciò che va relativizzato, a non farlo diventare mai un idolo della vita».
Foto credit diocesi di Pavia