Giovedì 23 Ottobre 2025

Siria, kamikaze si fa esplodere in una chiesa: oltre 20 morti

Si ritiene che l’attentatore appartenesse all’Isis. A volte ritornano

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Secondo la solita idea di martirio perverso, che diventa l'opposto della testimonianza di somma carità che a volte è chiesa ai discepoli di Cristo, un uomo si è fatto esplodere in una chiesa. Damasco, capitale della Siria, ha assistito inerme all'assalto di un kamikaze che ha portato alla quasi totale distruzione dell'edificio sacro e a un numero ancora non confermato di morti e feriti«Secondo un provvisorio bilancio ufficiale, le vittime sono almeno 20, mentre 52 persone sono rimaste ferite. Il ministero degli Interni siriano ritiene che l’attentatore apparteneva all’ISIS», riporta tra gli altri Il Fatto quotidiano. Ieri, 22 giugno, una trentina di persone stava partecipando alla messa domenicale nella chiesa greco ortodossa di Mar Elias nel quartiere di Dweil'a, sobborgo della capitale siriana quando l'attentatore, affiliato all'autoproclamatosi Stato Islamico, ha prima aperto il fuoco sui presenti raccolti in assemblea e successivamente ha fatto detonare l'ordigno di cui era vestito uccidendo tra le 20 e le 22 persone, molte delle quali erano bambini, e ne ha ferite tra 50 e 60. Un primato, questo dell'attacco suicida, della nuova Siria posta Assad, caduto nel dicembre dell'anno scorso. È la seconda volta che l'Isis colpisce nella Siria di Ahmad Sharaa che considera troppo morbido: anzi un vero e proprio traditore dell'islamismo più estremo, perché ha dialogato con l'Occidente cercandone il riconoscimento e dichiara di voler rispettare le minoranze. Un obiettivo questo largamente disatteso se pensiamo alle persecuzioni riservate fin da subito alle diverse componenti minoritarie, etniche e religiose, dello stato mediorientale. Il primo attentato risale al 30 maggio quando sempre l'Isis, riporta l'Ansa, aveva «piazzato un ordigno lungo una strada mentre passava una pattuglia dell'esercito, uccidendo un militare». Paradossalmente il nuovo tiranno continua ad odiare squisitamente l'Occidente ma, per i più estremisti, non abbastanza. Questa situazione conferma la drammatica condizione nella quale la Siria è precipitata dopo la caduta di Assad, che nemmeno può essere rimpianto perché più amaro delle cipolle d'Egitto per un popolo, così composito e ricco di storia, che cerca la libertà nella sua stessa terra che ama e nella quale vuole vivere in pace. Dalle sponde dell'Occidente, quello non abbastanza detestato dall'attuale compagine governativa siriana secondo l'Isis, arriva la voce del presidente francese Macron a condannare con fermezza l'attentato. Lo stesso capo dell'Eliseo aveva ricevuto lo scorso 8 maggio l'autoproclamato presidente della Siria. Un paese stremato da 15 anni di guerra civile che ora guarda con preoccupazione al rischio che altre cellule terroristiche estremiste dormienti passino all'azione. «Il ministro degli Esteri siriano ha definito l'attacco "un disperato tentativo di minare la coesistenza nazionale"». Sarà. Finora le minoranze in Siria, e tra queste sicuramente quella cristiana, non hanno ancora potuto dormire sonni tranquilli e non ci sono reali segnali all'orizzonte che possano far sperare in un cambiamento positivo. Di sicuro il fumo e la polvere che restano in aria insieme alle grida straziate di chi viene perseguitato e ucciso non permettono di ipotizzare un futuro così rassicurante come certa stampa pretende di ravvisare nella Siria Assad-free. (Foto: screenshot, WION, YouTube) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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