Eletto con una certa sorpresa alle ultime elezioni svoltesi a marzo di quest'anno, il primo ministro canadese, Mark Carney, non è un politico di professione. È un esperto di finanza, banche, crisi, investimenti. E senza dubbi se ne intende di tagli: alle voci di costo ritenute improduttive, ai settori che non danno quel che serve. Salito al governo sotto le "bombe" trumpiane, si è proposto come l'uomo che avrebbe risposto con tutta la nazione alle mire espansionistiche dell'ex amico Usa. Lo ha annunciato quasi subito: dobbiamo opporci ai dazi di Trump, ci sarà da tirare la cinghia.
Da cosa cominciamo? Da quel che sta succedendo in queste ore, pare che abbia deciso: via il ministero della disabilità e nuovo impulso a eutanasia e suicidio assistito.«Nell'annunciare il suo nuovo governo, il Primo Ministro Mark Carney non ha nominato un sostituto per la carica precedentemente ricoperta da Kamal Khera, lasciando oltre otto milioni di persone con disabilità in Canada senza una rappresentanza ministeriale diretta. La mossa è stata criticata come gravemente insensibile e ha suscitato indignazione tra gli attivisti e gli esperti per i diritti delle persone con disabilità.»Intense e motivate le reazioni di rappresentanti e attivisti per le persone con disabilità: tra le voci che si sono levate contro la mossa del primo ministro, quella di Rabia Khedr, direttrice nazionale di Disability Without Poverty, ha lamentato che la mancanza di rappresentanza nel governo «manda un messaggio. Purtroppo, le persone con disabilità vengono lasciate indietro». Altri come lei ne sono certi: le persone disabili non sono una priorità. Anzi, forse cinicamente lo stanno diventando come una corposa voce di costo da tagliare e senza dover negoziare: del resto se l'assistenza, il sostegno, l'inclusione quella vera richiedono così tante risorse e la loro ricaduta sulla "prosperità per tutto il paese" è tutt'altro che dimostrata, perché non attenersi alla oggettiva analisi dei costi?
Carney lo ha dichiarato apertamente: «Sono più utile nei momenti di crisi. Non sono molto bravo in tempo di pace». Dello stesso avviso della Khedr sono anche altre personalità del mondo pro life e a difesa delle persone con disabilità: «Donna Jodhan ha criticato quella che considera un'omissione rivelatrice delle vere priorità del nuovo governo: "Questa omissione la dice lunga sulla posizione attuale dei canadesi con disabilità nella lista delle priorità del governo". Appartenente al movimento pro-life, David Cooke ha affermato che il governo sta "dando priorità all'eutanasia rispetto al miglioramento del supporto medico e sociale per questo gruppo vulnerabile ed emarginato".»Il contesto, purtroppo, non fa che confermare i sospetti: l'ultimo rapporto del governo canadese sul programma di eutanasia ha rivelato che il 58,3% di chi vi è (o è stato) sottoposto alla procedura non era prossimo a una morte naturale, ma aveva una qualche forma di disabilità. Come era ampiamente prevedibile, da quando l'eutanasia è stata legalizzata nel Paese, le modalità per accedervi sono via via state rese più semplici e le misure di controllo allentate. Non solo: i casi in cui il malato si sente proporre apertamente e con forza la via dell'eutanasia sono numerosi e documentati. «Nel 2021, è stato eliminato il requisito che la morte del richiedente fosse "ragionevolmente prevedibile". Successivamente, nel 2024, è stata approvata una legge che consentirà il suicidio assistito per motivi di salute mentale a partire da marzo 2027.Inoltre, nel 2023, una commissione parlamentare ha raccomandato di estendere questa pratica ai minori in determinate circostanze e di facilitarne l'accesso ai detenuti.» Come devono sentirsi, come sono guardate e cosa credono che la società chieda loro, le persone disabili? Non serve immaginarlo, molte e impressionanti sono le testimonianze di chi sta lottando per vivere e farlo dignitosamente anziché cedere alla crescente pressione delle istituzioni e, ahinoi, dell'opinione comune che purtroppo si abitua via via a ritenere accettabile e poi desiderabile l'opzione della morte indotta per togliersi dai piedi, per smettere di essere una spesa per gli altri. «(...) nel 2023, la tetraplegica canadese Rose Finlay ha preso in considerazione l'eutanasia non perché volesse morire, ma perché il sostegno statale era più lento e difficile da ottenere rispetto al suicidio assistito. Ha spiegato: "Esiste un'enorme e dannosa discrepanza nel sostegno disponibile per gli abitanti dell'Ontario con disabilità...". Ha concluso con una sonora accusa allo Stato: "Affameteli, tagliateli fuori dalla partecipazione alla società e poi offrite loro la morte".»Come quando scoppia un conflitto il pericolo che contagi altri stati è più che concreto, così avviene per questa sorta di guerra ibrida combattuta a suon di falsi ideologici, privazioni, lungaggini, sevizie burocratiche e ora con il miraggio della morte rapida e indolore (per chi? per i malati o i disabili o per chi dovrebbe farsene in parte carico? E non siamo invece tutti a carico gli uni degli altri, disabili o meno? Si tratta infatti di un enorme inganno che mentre illude i provvisoriamente sani di essere più liberi diventa un veleno che si diffonde nell'atmosfera che respiriamo tutti).
Nel Regno Unito, per esempio, sono attualmente in discussione due proposte di legge sul suicidio assistito. Tanni Grey-Thompson, campionessa paralimpica, ha dato voce alla paura che lei e tante persone disabili che non hanno nemmeno la sua visibilità percepiscono sempre più forte: «Ogni persona disabile che mi scrive... è assolutamente terrorizzata da ciò che questo significherà per lei». Non è una deriva inevitabile, occorre combattere su tutti i fronti e dare voce a chi, dimostrando una rettitudine naturale che sembrano aver perso quelli che cianciano di diritto alla morte e di autodeterminazione come valore assoluto, affermano di voler vivere anche se sono colpiti nella loro integrità fisica. (Foto: Imagoeconomica)
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