Domenica 26 Ottobre 2025

Claude Eatherly, da Hiroshima a sant’Agostino

Dopo lo sgancio della prima bomba atomica sul Giappone, il pilota che guidava quella letale missione ebbe la coscienza lacerata. E riscoprì l’urgenza del senso religioso

Progetto senza titolo - 2025-08-06T112250.550
Nell’anno 1900 moriva il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Al centro della sua “predicazione” un nuovo “vangelo”: «Dio è morto». Con Dio, il filosofo era molto chiaro, era morta anche la “coscienza”, questa “invenzione” di Socrate, degli ebrei e dei cristiani. Da queste morti - Nietzsche ne era certo - sarebbero nati il «superuomo», «al di là del bene e del male», e guerre come l’umanità non ne aveva mai viste sino ad ora. Guerre, si badi bene, viste non in modo negativo, ma al contrario, come espressione dei nuovi “valori” del mondo post-cristiano. Eliminare Cristo significava infatti cancellare secoli di misericordia, di sacrificio, di amore altruistico e servizievole, per rimettere al centro la forza belluina, la guerra, il culto del potere, come nel mondo pagano. Non è difficile, guardando alla storia successiva, capire che Nietzsche fu un “profeta”. Ma non vi era solo lui a cancellare Dio, preparando la strada ad Hitler e Lenin. Anche il medico ebreo viennese Sigmund Freud faceva altrettanto, elevando l’inconscio al di sopra della coscienza e relegando Dio tra le vecchie superstizioni ebraiche. Un altro ebreo tedesco, Karl Marx, annunciava e promuoveva idee simili: l’ateismo scientifico e l’idea secondo cui la coscienza come luogo in cui risuona la voce di Dio nell’interiorità umana, semplicemente, non esiste. Il monito della Arendt Se andiamo fuori dall’Europa, in America, nel 1904, a New York, nasceva J. Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, un ebreo americano di cultura tedesca. I suoi biografi ricordano che egli crebbe sposando «un’interpretazione completamente americana del giudaismo che celebrava il razionalismo e un umanesimo secolare di tipo progressista». Insomma, anche lui era ateo come le élite del suo tempo. Ma se Dio non esiste, rimane solo l’uomo. Senza un giudizio altro, oggettivo, sopra di noi, ora e dopo la morte, ognuno è giudice di se stesso, «misura di tutte le cose». Meditando sugli orrori inenarrabili del Ventesimo secolo (due Guerre mondiali, lager e gulag…) la filosofa ebrea Hannah Arendt notava: «Nulla forse distingue le masse moderne da quelle dei secoli precedenti come la mancanza di fede in un giudizio finale». Rimasto senza Dio, senza un’anima di cui prendersi cura, senza una voce della coscienza da ascoltare, l’uomo del Novecento ha allo stesso tempo tra le mani un potere tecnologico inaudito: e dopo gli orrori nazisti e comunisti, viene l’ora di quelli del cosiddetto “Occidente libero”. È davvero impressionante vedere oggi i video del presidente Truman che annuncia agli americani l’uso della bomba atomica e che, nel farlo, scoppia a ridere senza ritegno. Quello che si diceva un tempo, per bollare una persona, è «un senza Dio», ha acquistato nel secolo scorso tutta la sua evidenza. Lenin e Stalin, Mussolini e Hitler, Mao e Ceausescu, ma anche il massone Truman e l’ateo Oppenheimer furono uomini «senza Dio»! Epperò il bene, silenzioso, perseguitato, non cessa mai di manifestarsi, magari in luoghi umanamente secondari, su palcoscenici che il mondo ignora, ma che Dio, al contrario, vede benissimo.  Per capirlo può essere istruttivo raccontare una storia, un po’ dimenticata, quella del pilota di Hiroshima, Claude Robert Eatherly (1918-1978). Cadde nello sconforto Un uomo che, perseguitato dal potere, rinchiuso persino in un ospedale psichiatrico, riuscì a divenire celebre e ammirato in tutto il mondo, fino in Giappone, grazie alla sua vita e ai suoi scritti. Eatherly era il meteorologo che diede il via libera allo sgancio delle due bombe atomiche americane. All’indomani di questo fatto, Eatherly cadde in un profondo sconforto e rifiutò di fare come gli altri, di godere il successo, di sorridere alle telecamere come un eroe, come un patriota, come un salvatore della pace, secondo il linguaggio orwelliano dell’epoca; nello stesso tempo si rifiutò di sentirsi solo una rotella impotente dell’ingranaggio, di scusarsi dicendo che la sua cooperazione al male era stata solo remota… No, Eatherly capì di essere colpevole, davanti a Dio e agli uomini.  Già «durante il mio volo di ritorno alla base», scriveva al filosofo ebreo Günther Anders, «ho formulato questo voto (di lottare contro le armi atomiche, ndr.) in una preghiera».  Eatherly si chiuse nel silenzio, cadde nella depressione, tentò più volte il suicidio… Ogni tanto inviava lettere in Giappone, o soldi per gli orfani di Hiroshima, e teneva discorsi, soprattutto al fianco di personalità religiose, ostracizzato però da scuole e università, «per impedire l’ulteriore accumulazione di armi nucleari e la preparazione incessante della guerra».  Tormentato da incubi notturni, vedendo nei sogni i volti deformati delle vittime bruciate a Hiroshima, Eatherly arrivò a comportamenti autodistruttivi, violando domicili altrui, compiendo piccoli furti… mosso da un inconscio desiderio di essere punito, quasi volesse scontare la sua colpa: «Avevo quasi l’impressione di essere più felice in prigione, perché la coscienza di essere punito dava sollievo alla mia colpa». Sì, perché mentre altri piloti e fisici affermavano di aver compiuto il loro dovere, e scacciavano ogni rimorso, lui, invece, dichiarava: «Sono il pilota che ha guidato la missione atomica Hiroshima e da allora la mia coscienza è stata tormentata dai rimorsi. Mi sono reso colpevole di atti antisociali perché nella confusione in cui mi trovavo, cercavo in tutti i modi un castigo».   Un monito e una speranza In un’altra occasione, scrivendo ad Anders, grande avversario della corsa agli armamenti, si paragonò a Giuda Iscariota, aggiungendo: «Ho sempre avuto l’impressione che il vero colpevole dell’assassinio giudiziario del Cristo fosse il gran sacerdote Caifas, rappresentante della gente rispettabile, della ‘brava gente convenzionale’ di tutti i tempi e anche del nostro… È per questo che è così difficile indurre la società a riconoscere il fatto della mia colpa, che io stesso ho compreso da molto tempo. La verità è che la società non può accettare il fatto della mia colpa senza riconoscere al tempo stesso la sua colpa ben più profonda». Negli anni del ripensamento e degli scrupoli, Eatherly si dedicò alla lettura di Socrate, delle Confessioni di sant’Agostino e delle riflessioni di Albert Schweitzer: capì che solo un pensiero religioso, incentrato sulla coscienza nel senso più sacro, poteva illuminare il buio della sua epoca, in cui l’umanità atea era divenuta “onnipotente”, ma solo nella capacità di distruggere. Con i venti di guerra che si alzano sempre di più, Eatherly rappresenta un monito e una speranza.    

LE ULTIME NOTIZIE

Cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

Acquista la copia cartacea
Digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Acquista la copia digitale