Giovedì 23 Ottobre 2025

Nei «deserti dell’atomica»: al Meeting la voce dei sopravvissuti a Hiroshima e Nagasaki

«Le armi nucleari e l’umanità non possono coesistere: l’umanità deve vivere!», ha affermato con forza Toshiyuki Mimaki, Premio Nobel per la pace

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«Le armi nucleari e l’umanità non possono coesistere: l’umanità deve vivere!», afferma con forza Toshiyuki Mimaki - Premio Nobel per la pace il 10 dicembre 2024 e membro della Nihon Hidankyo Organization fondata dagli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki - al Meeting di Rimini - dov'è presente anche il Timone - in un auditorium gremito durante un incontro sul tema: “Nei ‘deserti’ dell’atomica, gli hibakusha costruiscono testimoniando l’orrore di 80 anni fa”. A raccontare l’impegno concreto per un mondo libero dalle armi nucleari nell’ottantesimo anniversario di tale tragico evento c’è, insieme a lui, anche Masao Tomonaga, della Scuola di Medicina dell’Università di Nagasaki. Quando il 9 agosto 1945 viene sganciata la bomba atomicasu Nagasaki che ha mietuto 74mila vittime, i due relatori avevano rispettivamente due e tre anni. Scopo principale dell’associazione giapponese in parola, della quale Mimaki è membro, è «rendere presente al mondo la forza distruttiva delle armi nucleari», custodendo la memoria di vittime e superstiti, secondo quanto rileva Bernhard Scholz, Presidente della Fondazione del Meeting, nel presentare l’illustre testimone. Arrivato a Rimini dopo un viaggio interminabile di trenta ore, Mimaki si sofferma anzitutto sulle drammatiche ricadute dello sgancio dell’atomica sulla popolazione giapponese, dal momento che gli Hibakusha, i sopravvissuti alle onde d’urto, «sono stati esposti a radiazioni, hanno mangiato verdure contaminate. Molte persone sono diventate orfane e sono rimaste sole e senza strumenti di sostegno, vivendo i propri traumi senza aiuti». Egli - che dopo il Nobel ha avuto la possibilità di parlare di pace non solo a Hiroshima e in Giappone ma anche all’estero – cita ancora il triste episodio dello sfregio di vernice sulle pareti del museo commemorativo avvenuto il 4 gennaio 2012. Menziona poi con commozione le parole di Sergio Mattarella, quando l’ha incontrato lo scorso 8 marzo: «Spero in un’umanità capace di apprendere dai propri errori, di costruire un mondo in cui nessuno dovrà sperimentare una tragedia del genere. La vostra lotta per un mondo migliore tocca tutti noi. Vi ringrazio per aver trasformato una tragedia in impegno», gli ha detto il Presidente della Repubblica. Mimaki sottolinea infine le parole che, al termine di una testimonianza, gli ha rivolto una signora americana: «Dobbiamo scusarci con il Giappone, la pace nasce imparando a scusarsi l’un l’altro». Condividendo il grido degli Hibakusha superstiti, il Premio Nobel auspica che «Nagasaki sia l’ultima città a essere distrutta da una bomba nucleare nella storia dell’umanità», nella consapevolezza che «per non creare altri sopravvissuti alla bomba atomica dobbiamo eliminare le armi nucleari dalla terra. “Non arrendersi mai!” è il nostro monito». Il medico Masao Tomonaga conosce bene tutte le ferite fisiche e le conseguenze psicologiche dello scoppio dell’atomica. «La maggior parte di noi ha cercato di sopravvivere; alcuni si sono suicidati, mentre tanti hanno sperato in un futuro di recupero e nella costruzione di nuove famiglie. Alcuni di loro hanno ora più di ottant’anni e sono oggi attivi nell’associazione», afferma. Poi cita con rammarico un dato: esistono attualmente oltre 12.000 testate nucleari in 9 Stati. Pertanto evidenzia con rammarico come vi sia «una nuova tendenza al riarmo che si contrappone a quella opposta del disarmo iniziata dopo la fine della guerra fredda. C’è dunque oggi un grave declino della sicurezza nucleare». Di qui si sofferma sugli effetti delle radiazioni trasmesse in un solo minuto d’esplosione quali causa di «forme di leucemie grave». Nel suo intervento sottolinea come studi clinici recenti attestino che in particolare le «cellule staminali del midollo osseo sono state danneggiate addirittura al livello del Dna, provocando un’insorgenza sporadica di cellule precancerose e preleucemiche», laddove le ricerche sugli Hibakusha di seconda generazione sono ancora in corso per rilevarne la trasmissione nei figli. Tuttavia - conclude il medico giapponese - «gli effetti a lungo termine indicano la natura antiumanitaria delle armi nucleari». Eppure egli denuncia un paradosso evidente: il trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw) del 2017 non è stato firmato da nessuno degli Stati che le possiede, per cui si dice «pessimista sul futuro di eliminazione di tali armi, data la loro proliferazione». Si tratta allora, come ribadisce il Trattato di Oslo, di incentivare dialogo e comprensione reciproca, e soprattutto «una solidarietà internazionale che superi i confini tra Stati che le detengono e Stati che non le possiedono». È questo il compito affidato alle giovani generazioni chiamate a custodire nella memoria quanto accaduto. «L’età media degli Hibakusha è di 86 anni. Ciò nonostante, anche attraverso incontri pubblici e petizioni per le strade, stiamo cercando di far conoscere l’orrore della bomba atomica, affinché - conclude infine Mimaki - i giovani siano sensibilizzati a portare avanti le nostre attività, anche attraverso giornate commemorative e la canzone della pace di Hiroshima, arrivando a comprendere la disumanità della guerra e delle armi nucleari». Perciò egli auspica che «il monito che ha guidato tutta la mia vita “Non arrendersi mai”» possa esortare tanti ragazzi, nel solco della «compassione del nostro buddismo e dell’amore del cristianesimo», a essere costruttori di pace proprio come i volontari del Meeting (Credits Meeting Rimini) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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