Giovedì 23 Ottobre 2025

Eutanasia, cinema e memoria: da «Ich klage an» (1941) a «La Grazia» (2025)

Un confronto tra due film che, a distanza di ottant’anni, hanno affrontato lo stesso tema delicato: l’eutanasia. Dal dramma propagandistico nazista del 1941 alla riflessione poetica di Paolo Sorrentino nel 2025

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Non è la prima volta che l’eutanasia conquista un premio. Molti presentano oggi 'La Grazia', il nuovo film di Paolo Sorrentino, come un’opera unica, capace di affrontare con coraggio e sensibilità un tema tanto delicato. È quasi certo che il film riceverà un riconoscimento alla Mostra di Venezia, ma non sarà il primo: già nel 1941, lo stesso festival assegnò un premio a 'Ich klage an' (Io accuso), un film che, dietro la patina melodrammatica e giudiziaria, celava un intento propagandistico ben preciso. Vale la pena ripercorrere questo percorso storico e culturale per comprendere quanto il cinema possa influenzare il giudizio collettivo. Ich klage an (1941): il processo alla pietà 'Ich klage an' fu girato in piena epoca nazista, diretto da Wolfgang Liebeneiner e prodotto con il sostegno del Ministero della Propaganda. La trama segue Hanna Heyt, una pianista affetta da sclerosi multipla, e suo marito, il professor Thomas Heyt. La donna chiede al marito di porre fine alle sue sofferenze: un gesto che l’uomo compie somministrandole un farmaco letale. Da qui si apre un processo drammatico in cui il medico è accusato di omicidio. Il cuore del film è la sua arringa finale, che diventa un inno alla pietà come giustificazione dell’eutanasia. Alla fine della proiezione, il pubblico veniva invitato a esprimere un giudizio: era un vero e proprio sondaggio ante litteram. La maggioranza scelse di non condannare il medico. Il film, premiato alla Biennale di Venezia, divenne così non solo un successo artistico ma anche uno strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Un’operazione culturale che anticipava e legittimava il programma di eutanasia sistematica nazista, conosciuto come Aktion T4. Il precedente tragico: il bambino Gerhard Kretschmar Prima del cinema, ci fu la realtà. Nel 1939, in Sassonia, nacque Gerhard Herbert Kretschmar, un neonato cieco e gravemente malformato. I genitori chiesero che fosse messo a morte per pietà. La richiesta giunse fino ad Adolf Hitler, che autorizzò il suo medico personale, Karl Brandt, a supervisionare l’atto. Il bambino venne ucciso con un’iniezione letale. Questo episodio, noto come 'il caso del bambino K.', è considerato l’antesignano del programma Aktion T4, che avrebbe portato alla soppressione di decine di migliaia di persone con disabilità. La Grazia (2025): il dubbio e la scelta Ottant’anni dopo, Paolo Sorrentino porta a Venezia 'La Grazia'. Il film racconta il dilemma di un Presidente della Repubblica (Toni Servillo), chiamato a decidere su una legge sull’eutanasia e sulla concessione di due atti di grazia. Sorrentino sceglie la via della poesia e del dubbio: scene ironiche, momenti surreali, simbolismi visivi si intrecciano con riflessioni profonde sulla responsabilità politica ed etica. È probabile che anche questo film riceverà un riconoscimento, ma non sarà il primo: in questo, Sorrentino arriva secondo. Due film, due epoche, una stessa tentazione - 1941: 'Ich klage an' – un film premiato, elegante, che legittimava la 'morte pietosa' e spianava la strada al consenso sociale. - 2025: 'La Grazia' – un film raffinato, spirituale, che pone il dubbio ma rischia, ancora una volta, di normalizzare l’eutanasia. La continuità è evidente: dietro la retorica della pietà si nasconde il rischio di aprire la porta alla cancellazione della vita fragile. Il cinema, potente strumento di emozione, può diventare anche strumento di persuasione. E quando la persuasione tocca il tema della vita, il confine è pericoloso. Il contesto della Biennale del 1941 La Biennale di Venezia del 1941 si svolse in un clima particolare: l’Italia era in guerra e il festival era fortemente influenzato dalle direttive politiche dei regimi fascista e nazista. 'Ich klage an' venne premiato come film 'di valore artistico e educativo'. Il riconoscimento servì anche come legittimazione culturale per il programma di eutanasia nazista. Questo episodio mostra come la propaganda sappia servirsi delle arti per consolidare un messaggio politico. Conclusione: imparare dal passato Non sappiamo ancora come finirà 'La Grazia'. Sappiamo però come finì 'Ich klage an': con un pubblico persuaso a non condannare il medico. E sappiamo anche cosa accadde dopo: dal consenso culturale si passò al consenso politico, e dal consenso politico al crimine organizzato. Per questo, pur riconoscendo la qualità artistica, resta la necessità di prendere posizione: non dalla parte della retorica della pietà, ma dalla parte degli ultimi, dei più fragili, di coloro che rischiano di essere considerati un peso. Il compito del cinema non è legittimare la morte, ma ricordarci che la dignità umana si misura dalla cura che sappiamo avere per i più deboli (Screenshot Weglitter plum, YouTube/Imagoeconomica) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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