Giovedì 23 Ottobre 2025

Fede, politica e scelta religiosa: l’insegnamento di Leone XIII e Leone XIV

Da Leone XIII a Leone XIV, la lezione è chiara: radicalità nella Parola e nell’Eucaristia deve convivere con l’impegno pubblico, guidato dai principi non negoziabili. L’enciclica del 1890 e il discorso del 2025

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La fede cristiana non è mai solo questione privata. Lo diceva Leone XIII alla fine dell’Ottocento: «Non basta conservare incorrotta la fede nell’anima, ma è necessario aumentarla con assiduo studio». E aggiungeva: «Quanto si dice dei singoli uomini, deve essere riferito anche alla società [...] Se ignora Dio nella vita amministrativa e non si cura delle leggi morali, essa devìa terribilmente dal suo scopo». Era il 1890 e l’enciclica era intitolata Sapientiae Christianae, ma oggi, A.D. 2025, Leone XIV riprende lo stesso filo nel suo discorso che ha rivolto alle personalità civili della diocesi di Créteil: il cristiano non può dividersi tra coscienza e ruolo politico, «non c’è da una parte l’uomo politico e dall’altra il cristiano». La fede non è strumento di potere, certo, ma forza di servizio. «Gl’impegni più importanti di questo dovere sono di professare la dottrina cattolica a viso aperto e con costanza, e di propagarla come ciascuno può», ricordava Leone XIII. E Leone XIV oggi ripete: «Siete dunque chiamati a rafforzarvi nella fede, ad approfondire la dottrina — in particolare la dottrina sociale — che Gesù ha insegnato al mondo, e a metterla in pratica nell’esercizio delle vostre funzioni e nella stesura delle leggi». Obbedire a Dio è la chiave della libertà cristiana. «È necessario obbedire più a Dio che agli uomini», diceva Leone XIII. Non è ribellione, è fedeltà alla verità e al bene comune. Nel 2025, Leone XIV ribadisce: i cattolici in politica non possono separare fede e decisioni, si deve avere «il coraggio di dire a volte «no, non posso!», quando è in gioco la verità». Coerenza e testimonianza fanno parte della vocazione cristiana. Dopo l’intervento della Premier Giorgia Meloni al Meeting di Rimini e la risposta di Rosy Bindi, si parla tanto di “scelta religiosa”, dell’impegno civile dei sedicenti cattolici, chiacchierando di una dialettica tra la scelta per vivere radicalmente la Parola e l’Eucaristia come in contrapposizione alla prospettiva di chi, invece, si sporca le mani con la politica mettendo a riferimento i cosiddetti “principi non negoziabili”. Fuori dal salotto delle articolesse le due cose, udite udite, non sono in contrapposizione. Semmai si va in cortocircuito quando si pretende di vivere la radicalità della Parola e dell’Eucaristia promuovendo idee o addirittura legiferando in contrapposizione ai principi non negoziabili, perché le due cose nella coscienza del cristiano impegnato in politica non sono separabili, né contrapposte. Ovviamente Chiesa e Stato camminano ciascuno nel proprio ruolo. «La Chiesa [...] afferma che non appartiene alla Chiesa esprimere preferenze sulla forma di governo [...] fra le varie forme di governo non ne condanna nessuna, purché siano rispettate la religione e la morale dei costumi», scriveva Leone XIII. Ora Leone XIV aggiunge: rispetto per le istituzioni civili sì, ma non si può tacere davanti alla dignità umana. Se Vangelo non è bandiera di parte, è sempre contributo al bene comune che non è mai in balia delle maggioranze, né dei caminetti. La lezione è chiara: la fede non si rinchiude. Non è identità da sventolare, ma responsabilità da vivere con coerenza con l’aiuto di Dio. «Professare la dottrina cattolica a viso aperto» è un dovere. La politica è servizio, non conquista, ma chi crede non può essere timido (Foto: Imagoeconomica) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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