Lunedì 03 Novembre 2025

Piergiorgio Frassati santo, un tipo losco con l'aureola

Oggi il giovane torinese morto nel 1925 viene canonizzato insieme a Carlo Acutis. Incontriamo il domenicano padre Angelo Bellon che ci spiega la spiritualità del giovane torinese

frassati
Pier Giorgio Frassati incarna una santità giovane che ha saputo vivere in maniera straordinaria l’ordinario. Come ha detto di lui San Giovanni Paolo II, il giovane torinese morto per una poliomielite fulminante a soli 24 anni è stato anche un ‘alpinista tremendo’ e l’‘uomo delle otto beatitudini’. Oggi viene canonizzato insieme a Carlo Acutis. Incontriamo il domenicano padre Angelo Bellon – teologo e animatore del blog amicidomenicani.it – che ha pubblicato il recente saggio Pier Giorgio Frassati. La sua spiritualità (ESD 2025, pp. 297). Padre Angelo, «Dio parla ai giovani del nostro tempo anche attraverso la vita di Pier Giorgio», scrive nell’introduzione del suo saggio. In che modo? «Canonizzando Santa Teresa di Gesù Pio XI afferma che “la vita dei santi è la parola di Dio per il nostro tempo”. Come ricordava anche San Francesco di Sales, tra il Vangelo e la vita dei Santi passa la stessa differenza che c’è tra un brano di musica scritto e uno eseguito. La loro vita è Vangelo vissuto. La figura di Pier Giorgio diventa allora profetica sotto due aspetti. In primo luogo egli, pur avendo grande disponibilità di beni, è vissuto in ‘povertà francescana’, dal momento che usava i soldi per fare carità; addirittura non prendeva l’autobus per risparmiarne il biglietto e donarne l’importo ai poveri. Un altro aspetto è legato alla sua situazione familiare di grande sofferenza, comune purtroppo a quella di tanti giovani. I genitori stavano procedendo verso la separazione. Per impedirlo Pier Giorgio - la sera del 20 giugno del 1925 (a meno di quindici giorni dalla morte), mentre a Torino si svolgeva la processione in onore della Consolata -, quando vede passare l’effigie della Madonna, si inginocchia: in quel momento offre, a detta del suo confessore, la sua vita per l’unità della famiglia. E in effetti poi i genitori non si separeranno più». Perché Pier Giorgio sceglie di abbracciare il Terzo Ordine domenicano? «Egli sarà presentato come Terziario laico al prossimo Concistoro. Aveva conosciuto i domenicani con la sua adesione alla Confraternita del Rosario. Egli coltiva bacche per fare corone con le ‘lacrime di Giobbe’ da regalare. Inoltre rimane colpito dalla dottrina solida dei Domenicani. Perciò, da giovane universitario, si premura affinché padre Filippo Robotti potesse predicare a un circolo di operai al Lingotto, poiché non gli andava giù che ‘i rossi’ strappassero Dio dal cuore degli operai. La sua è una vocazione all’apostolato. Nel 1921, quando chiede la Regola dell’Ordine per poterla meditare, si festeggia il settimo centenario della morte di San Domenico. Pier Giorgio rimane profondamente segnato dalle feste grandiose in onore del Fondatore come dalla lettera scritta nel merito da Benedetto XV. In tale lettera il Pontefice evidenziava anche l’attaccamento di San Domenico alla Sede Apostolica e la sua devozione alla Madonna. Questi aspetti sottolineati dal Papa lo sospingono a maturare la decisione di abbracciarne la Regola e diventare Terziario. D’altra parte egli, come San Domenico, o parlava con Dio o di Dio, preoccupandosi di portare gli altri al Padre». Pier Giorgio fonda la “Compagnia dei Tipi Loschi” e pone l’unione nella preghiera quale cardine per la comunione fraterna. Egli considera dunque l’amicizia come radicata in Cristo. «Quello che teneva unito Pier Giorgio e gli altri era Gesù. Essi erano amici fra loro a motivo di Cristo: se non Lo avessero amato ed Egli non fosse stato il centro della loro vita ognuno sarebbe andato per i fatti propri. Questa è la vera amicizia cristiana!». I pilastri della spiritualità di Pier Giorgio sono l’Eucarestia, Maria e la carità verso i poveri. Cosa la colpisce maggiormente della sua devozione eucaristica? «L’impegno a fare la Comunione quotidiana. Il gesuita padre Lombardi aveva esortato i ragazzi a prendere l’Eucarestia quotidianamente come voto. Vorrei sottolineare che alle radici della sua spiritualità c’è la preghiera. A differenza dei genitori e della sorella, Pier Giorgio viene sorpreso diverse volte dalla madre, anche di notte, a pregare. Allora, su suggerimento della madre, don Tito Zambelli gli chiede se sia vero che egli preghi tanto. Pier Giorgio rimane in silenzio. “Ma chi ti ha detto di pregare così tanto?”, incalza il sacerdote. “Nessuno, ma sento che si deve fare così”, gli replica il giovane. Ecco qui io trovo il segreto della spiritualità di Pier Giorgio: la sua corrispondenza alla grazia, sempre e con tutta la sua generosità. Allo stesso modo egli corre da padre Lombardi gridando: “Ho vinto, ho vinto!” dopo aver ottenuto dalla madre il permesso al voto della Comunione quotidiana. L’incontro con Gesù Eucarestia è il cuore irrinunciabile della sua giornata. Si prepara alla Comunione stando dieci minuti in preghiera in ginocchio vicino all’altare. A quelli che lo vedono pare ‘trasumanato’. Se poi devono fare una scampagnata in montagna e non può fare la Comunione, rinuncia alla gita. Al tempo tra l’altro vigeva anche il digiuno eucaristico dalla sera, che non consentiva neanche di bere fino al giorno seguente. Dopo la Comunione egli dedicava tanto tempo al ringraziamento per lasciar lavorare il Signore. D’altra parte, come afferma San Tommaso d’Aquino, “l’Eucarestia rende attiva la carità”, ossia spinge al dono di sé. E così Pier Giorgio ricambia la visita di Cristo nella Santa Comunione visitando i Suoi poveri». Riguardo la sua carità verso gli ultimi tra i sobborghi di Torino, quale episodio desidera ricordare? «Egli si adopera tantissimo con le Conferenze di San Vincenzo di cui è membro. Il 6 aprile 1925 suo padre gli regala 5.000 lire (che corrispondono a circa 5.000 euro): Pier Giorgio li devolve tutti per fondare una sede della San Vincenzo proprio nella sua parrocchia, la Crocetta di Torino. Allo stesso modo, in prossimità della laurea, il papà avrebbe voluto regalargli un’auto ma, conoscendo il figlio, alla fine opta per i contanti: 25.000 lire (oggi 25.000 euro). Anche questi soldi vengono usati dal giovane per farsi amici davanti a Dio, ossia per i poveri. Il suo non è volontariato, ma apostolato. Lo testimonia il celebre episodio della tabaccaia di Corso Vercelli, alla quale replica che avrebbe portato personalmente i soldi a quella madre povera perché, oltre all’aiuto materiale, voleva “dirle parole di incoraggiamento; di unire i suoi patimenti a quelli di Gesù e di andare a Messa la domenica”. Parlando con la tabaccaia esorta anche lei direttamente, poiché non partecipava alla Messa, ad andarvi per pregare per suo figlio». E rispetto alla sua devozione mariana? «Devotissimo della Madonna di Oropa, non vi si reca mai a mani vuote; le porta dei rododendri del suo giardino o le compra altri fiori. Dal 1918 si era iscritto alla Confraternita del SS. Rosario; lo porta in tasca e recita tutti i giorni, insegna agli altri a recitarlo. Ai membri di tale Confraternita sono promesse tre grazie: una crescente attrazione verso Dio da farli vivere sempre in Cristo; una difesa sempre e dovunque da tutti i nemici visibili e invisibili; il merito di essere accompagnati dalla Madonna, in qualità di Avvocata, davanti al tribunale di Cristo. Entrando nel Terz’Ordine accoglie anche l’impegno di recitare l’Ufficio proprio della Beata Vergine Maria. Egli percepisce un’infusione di dolcezza nella sua vita che gli viene comunicata proprio dalla preghiera e vicinanza a Maria». In che consiste la misura alta della vita ordinaria secondo Pier Giorgio? «La misura alta della vita cristiana è ben delineata nella lettera Novo millennio ineunte di San Giovanni Paolo II. Anzitutto la tensione alla santità: è questo l’obiettivo della vita cristiana. Si diventa cristiani per diventare santi. Di qui bisogna instaurare una pedagogia visibile alla santità nelle comunità. Poi ci sono Eucarestia, Confessione, preghiera, primato della grazia, ascolto e annuncio della Parola di Dio. Questi punti Pier Giorgio li ha vissuti tutti in modo esemplare. Merita infine di essere ricordata la sua gioia intima. A tal proposito gli amici, giocandolo sul suo cognome, lo chiamavano Fracassi, perché era proprio un fracassone!». Immagine elaborazione con Freepik IA

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