IL VANGELO DI OGGI
IL VANGELO DI OGGI
Il corpo non è un vuoto a perdere, neanche dopo la morte
La predica corta della domenica, in novembre l'omelia di Padre Adolfo Scandurra.
02 Novembre 2025 - 00:05
La commemorazione di oggi è strettamente legata alla solennità di ieri. Insieme formano un dittico che illumina il nostro destino. Dio Padre desidera che tutti arrivino al compimento, alla meta; quindi, continua la sua opera salvifica anche dopo la fine della vita fisica: purificando con il Purgatorio o coronando con il Paradiso. L’Inferno è la reale e orribile possibilità di sottrarsi, per superbia, alla Sua Presenza e alla Sua opera santificatrice, posta a tutela gelosissima della nostra libertà.
Inoltre, da quanto celebrato nella solennità di ieri, comprendiamo che la compagnia santificante che ci sosteneva nel cammino terreno continua ancora: i vivi e i morti si aiutano reciprocamente, con la preghiera, con le opere, con la condivisione. Noi vivi possiamo pregare, offrire, commemorare i nostri defunti; ma, anche loro, sono attivissimi: vedono meglio le cose, non sono più frenati dai limiti del corpo, del tempo e dello spazio. È mia ferma convinzione che le cose più belle e più importanti le faremo da morti. In questa vita facciamo solamente dei (patetici) tentativi, efficaci solo nella misura in cui “mortifichiamo” quella dimensione di noi stessi che San Paolo chiamava “carne”.
Per carne, non si intende il corpo (il sesso!) bensì la nostra tendenza a chiuderci in noi stessi, a metterci al centro di tutto nel male e perfino nel bene, a lasciarci dominare dalla paura della morte e a servirla. Quando disobbediamo a questa parte di noi stessi per ascoltare i veri desideri del nostro cuore, ci “mortifichiamo”: siamo morti al peccato, dice san Paolo. E si sa, un morto non ha nulla da perdere o da dimostrare, non lo puoi neanche uccidere! Solamente così Dio può agire in noi e attraverso di noi. Purtroppo, però questa ricchezza della fede mi pare, si stia perdendo. Il culto dei morti è in netto calo, le visite al cimitero, le offerte di messe per i defunti, la sensibilità verso chi non c’è più è ristretta a quelle pochissime persone che ci erano intime.
La morte è un avvenimento è da nascondere il più possibile, un passaggio da fare sbrigativamente, e spendendo il meno possibile. Il grande filosofo Giovan Battista Vico diceva che i tre pilastri della civiltà sono: la religione, il matrimonio e la sepoltura dei morti. I primi due pilastri sono già in fase avanzata di demolizione dopo secoli di ateismo e secolarizzazione. L’ultimo ha resistito un po’ di più ma sta cedendo anche lui. Mi impressiona la diffusione della cremazione delle salme, mi sa di “compostaggio” umano. Ormai ricicliamo tutto, il materialismo funzionale prende anche i cristiani. I vescovi lombardi sono intervenuti per dire ai cristiani che il defunto non può essere disperso nell’ambiente o tenuto sopra il caminetto in salotto. I cristiani non ci arrivano più da soli? Siamo messi male … abbiamo un’emorragia di civiltà.
Mi sa che siamo noi a dover chiedere una mano ai fedeli defunti per non perdere di vista l’essenziale, la nobiltà del corpo. Era o no un tempio di Dio? Mi colpisce il giuramento che il patriarca Giuseppe fece fare ai propri figli: «Dio certo verrà a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa» (Gen 50, 25). Il corpo non è un “vuoto a perdere”, una trascurabile rimanenza da smaltire perché abbiamo un destino eterno, perché siamo fatti per il cielo, per la santità di Dio.









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