Erika Kirk, modello di donna che disturba il mainstream
Ridotta ora a velina, ora a fanatica da battaglia, la “first widow” incarna tutto ciò che il pensiero unico non riesce a tollerare. Perché parla del cielo
Fosse stata progressista, femminista e magari anche bruttarella o almeno spettinata, la sua foto sarebbe sulle copertine patinate, con titoli agiografici: “La forza silenziosa di una donna tutta d’un pezzo”, “La first lady del dolore e della rinascita”, “Un esempio per tutte”. Qualcuno l’avrebbe già paragonata a Evita Perón. Ma Erika Frantzve, 38 anni il prossimo novembre, non ha sposato Juan Domingo Perón bensì Charlie Kirk. Che oltre ad essere pro life e conservatore, era pure cristiano e per giunta un sostenitore di Donald Trump. Non poteva andarle peggio. Il trattamento che i media nostrani le hanno riservato è stato quindi la conseguenza diretta di queste insanabili colpe.
Nelle prime ore successive al delitto, diverse testate, per calcare la mano sul marito etichettato come razzista, omofobo e suprematista, hanno sottolineato che per giunta “aveva sposato una Miss”, come per dire che uno così non poteva far altro che una scelta estetica e quindi del tutto superficiale. Il Corriere è il primo a dedicarle un trafiletto venerdì titolato: «E la vedova dell’attivista sventola un rosario dall’auto». In realtà la donna non sventolava nulla, è stata ritratta in una fotografia in cui, con gli occhi nascosti dagli lenti scure, mostra un rosario in mano per dire al mondo a cosa si aggrappa nel dolore più atroce. Ma quello “sventolare” era un - nemmeno tanto velato - riferimento a Salvini come a dire “guardate, sono fatti della stessa pasta”.
L’articolo va anche oltre: «Manicure perfetta, vestiti neri: dal sedile posteriore di un Suv, ieri Erika Lane Frantvze, ha sventolato un rosario come a dire di pregare per il marito Charlie Kirk». Immaginate se quella nota sulla manicure perfetta fosse stata scritta per qualunque altra donna, le vestali del neofemminismo nostrano starebbero ancora gridando al sessismo, al maschilismo e all’oppressione del patriarcatoh. Erika viene anche privata del cognome con cui si presenta, quello del marito, e en passant, si fa notare che viaggia a bordo di un Suv, mica di un’utilitaria come tutti i comuni mortali. Non solo. Poche righe dopo si legge che è «Madre di due figli, di uno e tre anni» e si specifica che «li tiene a casa», ma dove dovrebbe tenerli? Venderli ai trafficanti di organi?
Erika paga diverse colpe. Intanto è bianca, conservatrice, ed è cattolica. E’ una moglie devota e una madre presente. Non rivendica autodeterminazione, emancipazione, diritti e ha sposato l’uomo più detestato dalla stampa mainstream. E poi è bella, molto bella, troppo bella. E quindi è stata descritta prima come la bambola silenziosa, moglie trofeo da compiangere con sufficienza; poi come la fanatica religiosa, pronta a brandire il rosario per vendicare il marito, poi stratega occulta, rea di voler capitalizzare politicamente sul lutto. Per altro è pure amica della famiglia dell’impresentabile vicepresidente Vance. Insomma le ha davvero tutte.
In pochi si sono anche sprecati a tradurre come si deve il toccante discorso che ha fatto sabato notte e hanno titolato “L’urlo di battaglia della vedova di Kirk”, “Il grido di battaglia della vedova di Kirk”, come fosse una virago pronta a partire per una crociata, quando in realtà bastava ascoltare il discorso per intero capire che quel cry non era grido, ma pianto, e la traduzione corretta : «Il pianto di questa vedova riecheggerà per il mondo come un grido di battaglia». Un messaggio ben diverso, che dice che saranno le lacrime a generare una reazione. E infatti questo è quello che sta accadendo anche col sangue versato dal marito.
In pochi hanno ripreso altri passaggi del suo discorso, come quello in cui ha detto: «Mio marito ogni giorno mi chiedeva: “Come posso servirti meglio? Come posso essere un marito migliore? Come posso essere un padre migliore?” » Troppo scomodo. Addirittura la narrazione di un marito che serve la moglie! Un marito che chiede come poter servire meglio la moglie, come essere un buon padre, e dire che dovrebbe essere l’antidoto perfetto a quel “patriarcatoh” che ci circonda. E invece.
Erika Kirk è un imprenditrice, ha un podcast di successo e un’organizzazione di beneficienza. Cresciuta in Arizona da una famiglia cattolica, ha studiato scienze politiche e relazioni internazionali, ha giocato a basket, a pallavolo, ed è stata Miss Arizona. Si è sposata nel 2021 e quello è stato il suo turning point, da quel momento suo marito e i suoi figli sono diventati la cosa più importante. Del suo matrimonio scriveva:
«L'amore, quando è ordinato secondo Dio, non è soltanto affetto, ma un'offerta, una chiamata, un'alleanza. Non amo mio marito con un sentimento superficiale o passeggero. Lo amo con la gravità di un voto. Con il fuoco costante di un cuore che sa che è stato Dio a sceglierlo per me e me per lui. E in quella scelta, Egli mi ha dato un uomo che fa piegare la mia anima in ginocchio per la gratitudine. Questo amore non è un possesso, né un’ossessione, è una missione sacra. Rispettarlo, servirlo, custodirlo, e gioire dell’uomo che Dio ha scelto perché camminasse al mio fianco. Non lo idolatro. Non lo adoro. Ma lo ammiro con tutto ciò che ho. E proprio in questo, adoro Colui che lo ha creato. Il nostro non è un amore fondato solo sull’emozione, ma sulla resistenza, la fiducia e la forza silenziosa di un’alleanza. Questo tipo di amore non chiede poesia. Chiede fedeltà. E per grazia di Dio, passerò la mia vita profondamente innamorata e devota a quest’uomo che, ancora e ancora, mi indica Cristo».
Una provocazione vivente. Che irrita il mondo ma conquista quelli che non sono del mondo.
(Foto: Screenshot FoxNews, YouTube)
ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!