IL VANGELO DEL GIORNO
“Dilexi te”, il testamento di Francesco consegnato da Leone XIV
Pubblicata la prima esortazione apostolica di Leone XIV dove riecheggia soprattutto la voce del predecessore: la “Chiesa povera e per i poveri” torna al centro, tra memoria, teologia e attualità. L'opzione preferenziale per i poveri, che tanto ha fatto discutere la chiesa, è al cuore del documento
09 Ottobre 2025 - 12:01
Nel segno di una continuità, la prima esortazione apostolica di Papa Leone XIV, Dilexi te, si presenta come un atto di gratitudine al suo predecessore. È, al tempo stesso, un omaggio e un’eredità: il testo – come trapela da più fonti in Vaticano – era stato pensato e in gran parte scritto negli ultimi mesi di vita di Papa Francesco, con l’apporto fondamentale alla bozza preliminare da parte di monsignor Vincenzo Paglia, figura storica della Comunità di Sant’Egidio e tra i suoi più stretti collaboratori nella riflessione sul tema della misericordia.
«Avendo ricevuto come in eredità questo progetto»
Leone XIV lo ammette fin dall’inizio: «Papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te […]. Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio – aggiungendo alcune riflessioni – e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato».
Parole che rivelano il carattere testamentario del documento, ma anche la delicatezza con cui il nuovo Pontefice ha scelto di non imporsi su un testo che chiaramente «ha il profumo» del predecessore.
Un testo quasi intatto
Secondo indiscrezioni interne, la revisione di papa Leone XIV sarebbe stata minima (certamente nel passaggio su sant’Agostino), quasi un gesto di rispetto. E in effetti, leggendo l’esortazione, si ritrovano le coordinate più tipiche del magistero di papa Bergoglio: la centralità dei poveri, la critica all’indifferenza e all’autoreferenzialità, la denuncia di una cultura che scarta. Il cuore del testo è nel richiamo evangelico che attraversa tutta la riflessione: «I poveri li avete sempre con voi» (Mt 26,11). Utilizzata come una chiave teologica. Scrive il Papa: «Il contatto con chi non ha potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia. Nei poveri Egli ha ancora qualcosa da dirci».
Il linguaggio inconfondibile di Francesco
È il linguaggio e la prospettiva di Francesco, ripresa quasi senza mediazioni. L’attenzione ai poveri non è trattata come un capitolo di dottrina sociale, ma come un luogo teologico in cui si manifesta il cuore di Cristo. Non stupisce allora che il testo apra con una frase che dà il tono all’intera esortazione: «Ti ho amato» (Ap 3,9), dice il Signore a una comunità cristiana che, a differenza di altre, non aveva alcuna rilevanza o risorsa ed era esposta alla violenza e al disprezzo».
«Non siamo nell’orizzonte della beneficenza, ma della Rivelazione»
In queste pagine si sente ancora la voce di papa Francesco che invitava la Chiesa a sporcarsi le mani, a farsi prossima, a non restare nei palazzi. «Non siamo nell’orizzonte della beneficenza, ma della Rivelazione», si legge. È l’eco della “Chiesa in uscita”, la stessa che denunciava «una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame».
L’opzione preferenziale per i poveri
Al centro dell’esortazione c’è una parola che da mezzo secolo divide e ispira la Chiesa: “opzione preferenziale per i poveri”. Leone XIV ne offre una lettura pienamente nello stile del predecessore Francesco: «Si può anche teologicamente parlare di un’opzione preferenziale da parte di Dio per i poveri […]. Questa “preferenza” non indica mai un esclusivismo o una discriminazione verso altri gruppi […]; essa intende sottolineare l’agire di Dio che si muove a compassione verso la povertà e la debolezza dell’umanità intera».
Ricordiamo a questo proposito le prudenziali note della Congregazione per la Dottrina della fede degli anni Ottanta del secolo scorso, firmate Joseph Ratzinger, che avevano messo in guardia da derive “politiche” della teologia della liberazione sud americana che appunto aveva nell’opzione preferenziale per i poveri uno dei suoi capisaldi.
La povertà come categoria teologica
Non mancano, in Dilexi te, le citazioni che richiamano la profonda dimensione profetica del Vangelo sociale. «Dio è amore misericordioso e il suo progetto d’amore […] è anzitutto il suo discendere e venire in mezzo a noi per liberarci dalla schiavitù». E ancora: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20). Qui la continuità tra i due pontificati appare più evidente: la povertà come categoria non sociologica; la compassione come forma della verità cristiana.
Una “Chiesa povera e per i poveri”
Nel lungo arco del documento – che passa dalla Bibbia ai Padri della Chiesa, fino ai santi della carità e alla tradizione monastica – risuona più volte il sogno di Francesco di «una Chiesa povera e per i poveri». Leone XIV lo rilancia, senza alterarne il timbro. «Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri», scrive, citando quasi alla lettera l’espressione che il predecessore aveva pronunciato fin dai primi giorni del suo pontificato.
Un testo “a quattro mani”
Dilexi te è quindi un testo “a quattro mani”, come a quattro mani fu la prima enciclica di papa Bergoglio, Lumen fidei (2013), scritta da e per papa Ratzinger. Dilexi te è di fatto l’ultimo atto magisteriale di papa Francesco e Leone XIV lo ha consegnato al mondo come il primo del suo. Una continuità che è innanzitutto una comunione di spirito e unità.










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