Mussolini tira sempre. Nonostante sia defunto, piuttosto malamente, da ottant' anni, infatti, non cessa di attirare l'attenzione dei lettori e degli amanti del cinema. La serie di
Sky dedicata a
Il figlio del secolo è lì a dimostrarlo. Quali le ragioni di tanto successo? Senza dubbio la potente ascesa di Mussolini, la sua retorica scientemente costruita per parlare non alla testa, ma alla pancia, i suoi successi e il suo spaventoso disastro. Mussolini fu tra coloro che portarono l'Italia nella prima guerra mondiale, da sinistra, e che quindi contribuirono a «redimere», come si diceva nel linguaggio patriottardo di allora, Trento e Trieste.
Fu anche colui che, quasi da solo, ci portò nella seconda, causando così la morte di centinaia di migliaia di italiani e il rischio, se non vi fosse stata la Dc di Degasperi (ben diversa da quella successiva), di perdere proprio Trento e Trieste. È dunque normale che un certo interesse verso il personaggio sia ancora vivo. Ma vi è anche un interesse per Mussolini non spontaneo, ma artificiale. Si fonda sull'ossessivo allarme lanciato da sinistra da 80 anni. È dalla fine della guerra infatti che la sinistra urla al «
ritorno del fascismo», Fascisti sono stati, nell'ordine, Degasperi (che dai fascisti era stato perseguitato), Fanfani, Berlusconi...ed ora Meloni.
Il dominio mediatico della sinistra favorisce dunque un accanimento terapeutico nei confronti del cadavere del duce. La storia usata in modo strumentale. Il duce torna vivo ogni volta che la sinistra perde le elezioni. Pur ateo, sino alla fine, il duce risorge. Su questa terra. L'autore de
Il figlio del secolo si inserisce proprio qui. Le sue dichiarazioni sull'attualità, lo dimostrano ampiamente. Ma lo dimostra anche il suo sguardo su Mussolini, che inizia - chissà perché - molto tardi, cioè dal 1919. Ma a quella data Mussolini era già un uomo famoso, un politico e un giornalista al centro dell'attenzione. Perché Scurati salta tanti anni di vita di Mussolini, quelli della sua formazione e prima ascesa? Perché imbarazzano la sinistra. Mussolini era un socialista ateo ed anticlericale perfettamente inserito nel PSI di allora. Fu in quel partito, alla guida de
L'Avanti, che divenne un giornalista celebre.
Fu da quel giornale, il quotidiano della sinistra, che prese molti dei suoi collaboratori allorché fondò il Popolo d' Italia. Fu dal partito socialista che pescò non pochi degli uomini che lo affiancarono anche successivamente, a partire da quel suo clone che era il quadrumviro Michelino Bianchi. Tutto questo la sinistra non ama ricordarlo, così come nasconde sempre il ruolo del Psi più intransigente e del Pci nella rottamazione dello stato liberale (pieno di problemi, per carità); rottamazione che permise a Mussolini, con un finto colpo di stato, di disfarsi di un corpo già morto, già ucciso in buona parte proprio dalla sinistra. Non piace neppure, nell' analisi di quei fatti, rammentare che senza guardie rosse, senza biennio rosso, come ammisero poi tanti socialisti, Matteotti compreso, il fascismo non avrebbe potuto prendere piede.
Il fascismo fu, in tutto e per tutto, una "reazione" e un germoglio della sinistra, un movimento e poi un partito che uni lo statalismo e la mentalità totalitaria della sinistra con la nuova esigenza post bellica, il nazionalismo. Tutt' altro dunque che l'antitesi del social-comunismo, quanto piuttosto il suo «
fratello coltello». C'è infine un fatto che la sinistra e il libro citato occultano: il fascismo non fu un classico fenomeno italiano, come spesso si dice. Al contrario, Mussolini si formò filosoficamente su Marx e Nietzsche e sugli autori della sinistra europea di allora. Faceva parte di quella minoranza di italiana che respingeva con forza le radici cristiane del paese. Alle elezioni del 1921, pur paludato dentro le liste giolittiane, ottenne solo 35 deputati. Poi andò al potere non con il voto degli italiani, ma con la marcia su Roma.
Il partito popolare di Sturzo, quanto a voti, era enormemente più forte. Ma Mussolini aveva scelto non la strada del consenso popolare, quanto quella delle élite. Lo aveva già fatto nel 1914, schierandosi per la guerra contro la grande maggioranza del popolo italiano, lo rifece tra il 1921 e il 1922, cercando e ottenendo l'appoggio della Corona, della massoneria e della Confindustria. Gli italiani non lo avrebbero votato, e lo sapeva bene. Per farsi votare, una sola volta, nel 1924, dovette totalmente reinventarsi, e riuscì a farlo grazie al potere che la Corona gli aveva affidato. Gli italiani non portarono i fascisti al potere, semmai apprezzarono in parte il fascismo, negli anni del consenso, quando Mussolini si comportò molto diversamente da come aveva fatto sino al 1922 e diversamente da come avrebbe fatto dopo il 1935.
Il Mussolini avverso alla Germania di Hitler, che faceva arrivare i treni in orario, che aveva posto fine alle violenze rosse e nere, fu accettato, da alcuni fanaticamente, dai più per realismo e quieto vivere. Furono tanti in questo periodo i vecchi compagni socialisti che si riavvicinarono a Mussolini vedendo in lui il vecchio compagno che si era ritrova. Pur riempiti ogni giorno di una continua propaganda, gli italiani iniziarono a dubitare del Duce quando lanciò la campagna d' Etiopia, quando si avvicinò ad Hitler ed entrò in guerra. Gli italiani non volevano il razzismo nazista né la guerra, fu il duce, abbandonato anche da molti gerarchi, da Balbo a Grandi, a volerli. La sua fine ingloriosa era scritta.
Quanto si è detto va ricordato quando la sinistra, per screditare chi li ha sconfitti alle elezioni, risuscita il fantasma fascista. Non vi è nessuna relazione tra la marcia su Roma e le vittorie elettorali, vere, del 1948, di Berlusconi o di Meloni. In democrazia chi perde vere elezioni non può rifugiarsi dietro lo slogan «
il popolo siamo noi». Lo hanno già fatto i comunisti in Urss, nella DDR o nella Repubblica popolare cinese. Quei comunisti che con Lenin avevano inventato il primo colpo di stato del Novecento. Lo hanno fatto i fascisti vedendo, nel 1922, che non avevano i voti per ottenere il governo. (
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