Ppe in retromarcia, cade il Green deal e trema la maggioranza Ursula
In un documento diffuso in questi giorni il Partito popolare europeo attacca l’eccessiva regolamentazione messa in atto da Bruxelles che grava su cittadini e imprese. Frena sulle case green, rilancia l’automotive e chiede un approccio più “neutrale” per l’energia
Forte critica alla "burocrazia UE", un approccio più cauto rispetto alla regolamentazione ambientale e un sostegno meno vincolante all'intelligenza artificiale (IA). Non sono i tre cavalli di battaglia di qualche sovranista, ma i tre temi centrali di un documento reso pubblico in questi giorni dal Ppe, il partito popolare europeo, principale gruppo politico di “centro-destra” a sostegno della «maggioranza Ursula».
Una marcata inversione di tendenza rispetto alle posizioni del Ppe del recente passato, soprattutto per quanto riguarda il cosiddetto Green deal europeo, cioè quelle politiche ambientali che sono il marchio di fabbrica della Von der Leyen a Bruxelles.
Nel documento, (qui si può leggere integralmente) il Ppe sottolinea come la crescita in Europa sia rallentata rispetto ad altre regioni del mondo, con un divario di PIL tra UE e USA che si è ampliato dal 17% nel 2002 al 30% nel 2023. E si scaglia, meglio tardi che mai, contro l'eccessiva burocrazia e regolamentazione, un vero e proprio fardello per le imprese e, aggiungiamo noi, per i cittadini. «Oltre la metà delle PMI in Europa segnala gli ostacoli normativi e gli oneri amministrativi come la sfida più grande».
La proposta contenuta nel documento del Ppe è di quelle strong. Con il principio «dentro uno, fuori due», il Ppe propone che per ogni nuova regolamentazione onerosa, due regolamentazioni vecchie ma ancora efficaci devono essere abolite. E poi via alla mannaia verso il green deal. Stop di due anni agli obblighi ambientali per le PMI, durante i quali limitare l'ambito di queste leggi alle aziende con più di 1000 dipendenti. Per l’agricoltura ulteriori semplificazioni su questioni come i terreni messi a riposo, i pesticidi e l'attuazione del regolamento sulla deforestazione. E poi, approccio neutrale sulle energie, che includano rinnovabili, nucleare, idrogeno, bioenergia e cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio. Frenata alle case green e misure a sostegno del comparto automotive europeo (tra cui misure che scongiurino sanzioni se non si raggiungono gli obiettivi prefissati nel 2025).
L’orizzonte cambia aspetto, perché il documento dice che «non tutte le buone idee devono essere trasformate in legge: l’UE dovrebbe concentrarsi sulle grandi questioni invece di regolamentare ogni ambito della vita delle persone».A cosa si deve un cambio di direzione di questa portata? Certo qui siamo fermi alle parole, ma a volte le parole sono più pesanti dei sassi. Non è un buon messaggio per la maggioranza Ursula (infatti in sottofondo si sentono le critiche dei socialisti europei…). Cosa è accaduto? Beh, Donald Trump è il 47° presidente degli Stati Uniti, con davanti le elezioni tedesche e dietro i successi dei conservatori in larga parte dell’Europa…
Di certo queste parole sanciscono una spaccatura difficilmente sanabile dentro la maggioranza che sostiene la presidente Von der Leyen. E prospettano il viale del tramonto per questo green new deal, che potrebbe davvero essere una buona notizia.
(Foto Imagoeconomica)
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