Eutanasia
Eutanasia
Canada, stanca dell’attesa per l’intervento chirurgico chiede l’eutanasia: la ottiene
La procedura è fissata per il 7 gennaio 2026. La protagonista della vicenda è Jolene Van Alstine, la cui patologia le provoca vomito, nausea e dolori alle ossa
10 Dicembre 2025 - 12:15
(Ai)
Questa è una storia di malasanità. Non si tratta di diritti o autodeterminazione - come vorrebbero farci credere -, bensì di morte servita a tavolino. Se una volta laddove il sistema sanitario era carente - per usare un eufemismo - si rischiava di morire in lista di attesa, oggi mentre si aspetta la visita o l’intervento c’è il rischio di incorrere nell’eutanasia. Questa è la storia di Jolene Van Alstine, una donna canadese di 37 anni del Saskatchewan affetta da una malattia paratiroidea molto rara - ma curabile - da otto anni.
Nel suo Paese non può sottoporsi all’operazione, potrebbe essere indirizzata da un endocrinologo per operarsi altrove, ma a quanto pare nessuno riesce a dedicarle qualche minuto per visitarla. Si stima che ci siano 25-40 endocrinologi disponibili, ma sembrerebbe che non accettino nuovi pazienti. In questi casi in Canada è più semplice richiedere il MAiD, ovvero l’assistenza medica per morire, legale dal 2016. Jolene si è trovata incoraggiata e costretta a richiedere l’eutanasia, che le è stata prontamente programmata per il 27 gennaio 2026. Tra quattro settimane, che velocità.
Soffermiamoci sul dato di realtà. Perché potremmo essere così assuefatti dalla cultura della morte che oramai si muove indisturbata tra le carte burocratiche di ospedali e uffici pubblici da non prestare attenzione. Non siamo di fronte a una malata terminale o incurabile. Siamo di fronte a una persona malata e abbandonata da un sistema sanitario che ha il coraggio di inquadrare l’eutanasia come un’operazione di “empowerment” e “compassione”.
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Van Alstine - che denuncia la sua condizione da qualche anno - ha raccontato di aver trascorso anni confinata sul suo divano, in preda alla nausea e all’agonia dovuta ai dolori. «I miei amici hanno smesso di venirmi a trovare. Sono isolata. Sono otto anni che me ne sto sdraiata sul divano, malata e rannicchiata in posizione fetale, aspettando che la giornata finisca», ha dichiarato, «vado a letto alle sei di sera perché non riesco più a stare sveglia». Il suo compagno, Miles Sundeen, ha detto che stanno cercando aiuto da molto tempo: «È un caso complesso perché ha già subito diversi interventi chirurgici, ma non hanno avuto successo al 100%», ha spiegato, «abbiamo davvero bisogno di aiuto per trovare un endocrinologo e un chirurgo che la prendano in cura e che abbiano molta familiarità con casi più complessi».
Jared Clarke, ministro ombra dell’opposizione del Saskatchewan per la salute rurale e remota, ha esortato il ministro della Salute Jeremy Cockrill a incontrare Van Alstine e a impegnarsi per farle ottenere l’intervento chirurgico di cui ha bisogno. «Nessuno dovrebbe essere costretto a scegliere tra una sofferenza insopportabile e la morte», ha detto Clarke, «nessuna famiglia dovrebbe trovarsi in questa posizione». In una e-mail inviata alla CBC, un portavoce del Ministero della Salute ha affermato che Cockrill ha incontrato Van Alstine mercoledì. «Per motivi di riservatezza, non possiamo commentare i dettagli del caso specifico di una persona e i relativi esiti», ha affermato il portavoce, «il governo del Saskatchewan esprime la sua sincera solidarietà a tutti i pazienti che soffrono a causa di una diagnosi medica difficile». Il Ministero della Salute ha poi incoraggiato tutti i pazienti a «continuare a collaborare con i propri medici di base per valutare e determinare adeguatamente il percorso migliore da seguire, al fine di garantire loro un accesso tempestivo a un’assistenza sanitaria di alta qualità».
Mentre le istituzioni chiacchierano, i vicini americani agiscono. Il commentatore conservatore americano Gleen Beck ha lanciato un appello sui suoi canali dichiarando di volersi fare carico delle spese di viaggio e mediche per Jolene esortando il Canada a porre fine a questa «follia». Il post è diventato virale, spingendo i chirurghi statunitensi a contattare Blaze Media (la sua rete) e a fare pressione affinché fosse eseguita la procedura. Ad oggi, il team di Beck sta cercando di contattare Jolene per coordinarsi, gli ultimi aggiornamenti indicano che alcuni chirurghi sono in attesa.
La storia di Jolene è solo la punta dell’iceberg di un sistema sanitario che sta collassando con una lista crescente di cittadini che “scelgono” la morte perché non riescono a ottenere servizi che li farebbero vivere meglio. Questa lista contiene malati cronici a cui viene negata un’assistenza domiciliare adeguata, veterani di guerra a cui vengono negati trattamenti per i traumi e canadesi senza tetto che tengono in considerazione il MAiD perché non sanno come sopravvivere al freddo. E ora si aggiunge una donna a cui viene negato un intervento salvavita. I sostenitori della disabilità, i pazienti con dolore cronico, gli anziani e i canadesi a basso reddito stanno lanciato l’allarme da anni: il MAiD si sta espandendo sempre più velocemente. La stessa Commissione canadese per i diritti umani ha avvertito che si sta accedendo a MAiD perché le persone non possono ottenere i servizi necessari per vivere con dignità. Ma che cosa rimane ancora di dignitoso in una società in cui la morte è più facile da raggiungere rispetto alle cure?
Nel 2023, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati, circa 60.300 canadesi sono stati legalmente aiutati a morire dai medici. In Quebec, oltre il 7% di tutti i decessi avviene per eutanasia, il tasso più alto di qualsiasi giurisdizione al mondo. C’è da indignarsi, questo è certo. Tuttavia, una volta che abbiamo accettato che la vita non è sacra e non viene data e tolta da Dio, questo è il solo scenario che ci si prospetta.












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