Educazione
Critica del fideismo
31 Gennaio 2014 - 06:01
Fatta questa doverosa premessa, ci domandiamo ora se è accettabile per un cristiano e per un credente in generale la posizione fideista.
1) Cominciamo con dei riferimenti tratti dalla Sacra Scrittura e dal Magistero, quindi cogenti per un cristiano.
I fideisti cristiani affermano che bisogna fondare la propria fede e le proprie convinzioni sulla Sacra Scrittura. Ebbene, proprio la Sacra Scrittura rifiuta il loro fideismo. Già nella lettera di san Paolo ai Romani leggiamo: «ciò che di Dio si può conoscere è loro [agli uomini] manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute» (Rm 1, 19-21). Ed è proprio in forza di tale conoscibilità di Dio mediante l’intelletto che gli uomini «sono inescusabili», quando non lo riconoscono. Il concetto non muta in Sap (13,5): «Difatti dalla grandezza e dalla bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore». E siccome il procedimento per analogia è proprio della ragione anche qui si dice: «Neppure costoro sono scusabili» (13,8), se non trovano l’autore.
Analoga fermezza riscontriamo pure nel Catechismo laddove recita: «Infatti, è possibile conoscere con certezza l’esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla ragione umana» (CCC 286).
Insomma, usando la bella immagine della Fides et ratio, «la fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito si innalza verso la contemplazione della verità», cioè di Dio. La prima conosce i misteri nascosti di Dio; l’altra, le verità su Dio accessibili a chiunque.
Infatti, è Dio che ha posto nel cuore dell’uomo questo desiderio di verità, perché lo conoscessimo e in lui trovassimo riposo.
2) Continuiamo con degli argomenti puramente razionali. L’adesione ad una fede dev’essere libera, altrimenti il rapporto Dio-uomo non sarebbe un rapporto tra due persone, bensì un automatismo. Ora, non è possibile scegliere qualcosa liberamente se la ragione non si è pronunciata sulla alternative della scelta, se la ragione non si può pronunciare su alcuni contenuti della fede.
O, ancora, come si potrebbe scegliere a quale delle diverse fedi religiose aderire se non con uno strumento diverso dalla fede che è la ragione?
Visto che la ragione è proprio necessaria, non possiamo che terminare facendo nostre le parole – quanto mai attuali e urgenti per opporsi ad una cultura che vuole ridurre la fede ad un mero fatto privato – di s. Pietro: «[siate] pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15).
«Valorizzare il sentimento a scapito della ragione è certamente una tentazione. La ragione, infatti, viene spesso compresa come qualcosa di freddo, astratto, distaccato dalla realtà, meno umana di fronte ai sentimenti spontanei e all'emozione dell'esperienza concreta. Ma il credo quia absurdum non è esatto: una fede che non si "appoggia" sulla ragione, sui preamboli della fede, non è una fede umana (cfr. Fides et ratio, 67). Una fede che non si àncora all'intelligenza non può essere una fede cristiana. La fede non può contraddire la ragione: io non crederei - diceva a buon diritto s. Tommaso e prima di lui s. Agostino - se non avessi solide ragioni per credere».
(Paul Poupard, Fideismo, in Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede www.disf.org/Voci/68.asp).
Giovanni Paolo II, lett. enc. Fides et ratio, 1988.
Conc. Ecum. Vaticano I,
Cost. dogm. Dei Filius.
Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC).
Paul Poupard, Fideismo, in Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede www.disf.org/Voci/68.asp
Giacomo Samek Lodovici, L’esistenza di Dio, I Quaderni del Timone, Edizioni Art 2004, pp. 15-19.










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