Educazione
Quando uno non basta
31 Gennaio 2014 - 06:02
A quasi trent’anni dal varo, la “politica del figlio unico” mostra i suoi perversi effetti: quaranta milioni di bambine che mancano all’appello, aumento dell’emarginazione e della violenza, traffico di donne con i Paesi confinanti. Un disastro sociale che le agenzie ONU continuano a finanziare, anche con i nostri soldi.
Pochi mesi fa, davanti alle pressioni dell'Europa per accettare un impegno vincolante sulle emissioni di anidride carbonica, il rappresentante del governo cinese ha risposto che la Cina aveva fatto già la sua parte per ridurre le emissioni: con la "politica del figlio unico", in vigore dal 1979, ha infatti impedito che nascessero 300 milioni di persone. Questa risposta spiega perfettamente due cose: anzitutto quale sia la logica conseguenza dell'approccio ambientalista ai presunti problemi dei cambiamenti climatici, ossia per salvare il pianeta basta eliminare gli esseri umani; in secondo luogo, lo "statalismo estremo" del regime cinese che pretende di risolvere qualsiasi problema con interventi di "ingegneria sociale".
È il secondo aspetto che in questa sede vogliamo approfondire, perché le conseguenze sono gravissime sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista del rispetto della dignità della persona umana. Cerchiamo allora di capire cosa è accaduto e sta accadendo in Cina da questo punto di vista.
1. La "politica del figlio unico" è stata varata alla fine degli anni '70 parallelamente al pacchetto di riforme economiche che ha iniziato ad aprire il mercato in Cina dopo i fallimenti dei vari piani quinquennali dell'era di Mao Zedong. L'analisi ufficiale del regime recita che problema principale del mancato sviluppo economico negli anni '60 e '70 è la rapida crescita della popolazione. Come l'esperienza della vicina Taiwan ("l'altra Cina") dimostra, invece, il problema era tutto nel totalitarismo comunista. In ogni caso il governo di Pechino decide di far pagare alla popolazione l'inettitudine della sua classe dirigente.
2. La filosofia del regime cinese si sposa perfettamente con la politica delle agenzie dell'ONU che ormai dalla fine degli anni '60 sono dominate da una lobby antinatalista. Non per niente la "politica del figlio unico" è attivamente sostenuta - politicamente e finanziariamente - dal sistema ONU. Basti ricordare due fatti: nel 1983, malgrado già fossero note le atrocità commesse dal regime cinese contro le donne e le famiglie che avevano più di un figlio (aborti forzati, sterilizzazioni di massa, interi villaggi bruciati), l'ONU decide di assegnare il Premio per la popolazione a Qian Xinzhong, ministro cinese per la Pianificazione familiare, e nelle motivazioni parla di "modello cinese" per il Terzo Mondo. Più recentemente, l'amministrazione Bush ha tolto il proprio contributo al Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA) proprio per l'ostinazione dell'agenzia a non voler prendere le distanze dalle politiche di controllo delle nascite che prevedono aborti e sterilizzazioni forzate. Insomma, la tragedia continua. AI contrario, l'Unione Europea ha addirittura aumentato il suo contributo: così che parte delle nostre tasse vanno anche per questo scopo.
3. La politica coercitiva di controllo delle nascite, sommata alla tradizionale preferenza per il figlio maschio - legata a motivi culturali ed economici -, ha creato un cocktail micidiale che ha portato a un boom di aborti selettivi e infanticidi di figlie femmine. Risultato: in 30 anni si calcola che siano mancate all'appello circa 40 milioni di bambine solo in Cina (il fenomeno non è esclusivo di questo Paese). Il grave squilibrio è dimostrato anche dall'attuale rapporto fra maschi e femmine alla nascita: nel 1979 tale rapporto era di 106 maschi per 100 femmine (in linea con la tendenza naturale che varia dai 104 ai 107 maschi per 100 femmine); nel 1988 i maschi erano già saliti a 111, erano 117 nel 2001 e circa 120 oggi, ma con regioni che sperimentano un drammatico rapporto di 140 maschi per 100 femmine. La tendenza ha conosciuto una ulteriore accelerazione negli ultimi anni con la diffusione della moderna tecnologia - ecografie e amniocentesi - che permette di conoscere il sesso del nascituro.
4. A causa di questo squilibrio demografico si calcola che oggi ci siano 25 milioni di giovani cinesi che non sono in grado di sposarsi, cifra che dovrebbe toccare 40 milioni nel 2020. Facendo le proporzioni è come se attualmente in Italia ci fossero un milione di giovani in queste condizioni. Tenendo conto che il fenomeno si concentra nelle aree rurali e in un contesto culturale in cui sposarsi è indispensabile per raggiungere un dignitoso status sociale, si comprende che si tratta di una vera e propria bomba sociale che può esplodere in qualsiasi momento. E infatti già si notano dei fenomeni preoccupanti: in questa condizione di competitività, a rimanere senza moglie sono ovviamente i più poveri e coloro con minori capacità, il che genera una fascia di emarginati e cittadini di serie B che, ad esempio, sta già incrementando gli episodi di violenza. Inoltre, un mezzo per risolvere il problema si sta rivelando il "traffico di spose", ovvero il rapimento di giovani donne in Vietnam, Corea del Nord e Birmania da vendere come spose ai contadini cinesi. Secondo il rapporto 2005 dell'UNFPA, ogni anno vengono portate in Cina circa 650mila donne e ragazze, destinate ad essere sfruttate come spose o come prostitute.
5. Il governo cinese ha cominciato a rendersi conto della minaccia alla stabilità sociale che questa situazione comporta, ma la risposta è ancora una volta nel segno dello statalismo estremo, e perciò fori era di nuovi guai. Mentre viene confermata la "politica del figlio unico" fino al 2050, l'anno scorso è stata rafforzata una legge che proibisce l'uso di ecografie ed amniocentesi per conoscere il sesso del nascituro. Ma la misura in larga parte è servita più a incrementare la corruzione che non a fermare lo sterminio delle bambine: in pratica i dottori si fanno pagare sotto banco per dare la "preziosa" informazione ai genitori. Il governo ha inoltre lanciato la campagna "Care for Girls" (Attenzione per le bambine) per valorizzare il ruolo della donna così da evitare la preferenza per il figlio maschio. Ma è difficile vedere questa campagna in modo diverso dalle tante campagne di indottrinamento che la popolazione cinese ha conosciuto sotto il comunismo, e quindi è facilmente pronosticabile il suo effetto.
Ammesso che la crescita della popolazione sia davvero un problema grave, appare evidente che la soluzione adottata dalla Cina, con il potente sostegno delle agenzie ONU, si rivela disastrosa, con conseguenze sociali e umanitarie di gran lunga più gravi e pericolose del problema che si vorrebbe risolvere. «La vera risposta è lo sviluppo e non la diminuzione della popolazione», ha detto Steven Mosher, il giornalista americano che per primo ha denunciato le atrocità del regime cinese nell'applicazione della "politica del figlio unico".
Ma sembra che troppe altre atrocità dovremo vedere prima che tale consapevolezza si faccia largo anche a Pechino e a New York.
LA VOCE DEL PAPA
(Benedetto XVI, Lettera ai cattolici nella repubblica popolare cinese, 27 maggio 2007, n. 7)
Dossier: La Cina che non vedremo in televisione
IL TIMONE - N. 75 - ANNO X - Lug/Agosto 2008 - pag. 44-45










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