Educazione
Urge educare
31 Gennaio 2014 - 06:02
Lo statalismo accompagna tutta la storia dell’Italia moderna, e resiste ancora oggi. Discriminate le scuole libere e autonome. Che rischiano di chiudere per mancanza di fondi. Come risolvere una grave ingiustizia, che impedisce alla famiglia di scegliere un progetto educativo.
Non è difficile, purtroppo, cogliere nei recenti e ripetuti fatti di cronaca (stupri, omicidi, morti per incidenti stradali a causa di droga, alcool, alta velocità, il caso Eluana...) un modo di considerare la vita umana, e quindi il suo senso, come qualcosa di banale ovvero di opinabile. La loro frequenza, come la sempre più giovane età di chi vi è coinvolto, rende evidente che ci troviamo di fronte ad una emergenza vera e propria, un'emergenza educativa.
Ne sanno qualcosa i genitori, gli insegnanti, i catechisti, gli educatori e pure gli stessi giovani, che manifestano questo disagio con una aggressività fuori dall'ordinario.
Al tema, la Chiesa, quale maestra di vita, ha mostrato particolare cura sin dalle sue origini. E lo ha fatto anche con due recenti interventi, di papa Benedetto XVI e del cardinale Ruini. Ad essi faremo riferimento.
Posto che educare significa formare le persone ad orientarsi nella vita, per discernere il bene dal male, e che l'educazione è diritto e dovere primario e inalienabile dei genitori (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2221), il Papa ammette la difficoltà insita in tale compito.
Chiarisce altresì da subito che la causa di questa emergenza non è da imputare alla cosiddetta «frattura fra le generazioni», la quale, piuttosto, risulta essere «l'effetto di una mancata trasmissione di certezze e di valori».
Ma allora la responsabilità sembrerebbe essere solo degli adulti, siano essi genitori, insegnanti, catechisti o altri, incapaci oggi di un tal compito? Non del tutto. Benedetto XVI richiama «un'atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita».
Più palesemente, il cardinale Ruini chiama in causa la dittatura del relativismo: parlare di verità e bene oggettivi, oggi è considerato pericoloso e lesivo della libertà individuale. Segnala il nichilismo, concezione per cui l'esistenza è solo un'opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l'effimero ha il primato, in quanto "Dio è morto", e accenna al naturalismo, secondo cui l'essere umano è solo il frutto dell'evoluzione cosmica e biologica, una mera particella della natura e, di conseguenza, diventa conoscibile solo attraverso l'applicazione del metodo scientifico (visione scientista).
Ci sono però - ed è il Papa che riprende la parola - alcuni punti che devono ritenersi fermi, al fine di intervenire con efficacia.
Innanzitutto, l'esperienza d'amore che i bambini dovrebbero fare, in primis, con i loro genitori, cioè un'esperienza di gratuità, di donazione di sé (anche in termini di più tempo dedicato a loro, aggiungiamo noi).
Una parte importante, poi, è svolta dalla sofferenza, intesa sia come difficoltà che come dolore, con la quale è bene che i bambini siano aiutati a relazionarsi, piuttosto che essere preservati.
Altro aspetto fondante: il giusto equilibrio tra libertà e disciplina. Della necessità di regole, se prima qualcuno poteva dubitarne, ora non più: la situazione è tale che da più parti vengono invocate a diverso titolo, anche a livello penale. Le regole servono per formare il carattere e per fornire gli strumenti per affrontare le prove che la vita riserva. Soprattutto «non dobbiamo mai assecondare [il bambino, il giovane] negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano».
Il discorso poi continua soffermandosi sull'autorevolezza, elemento questo che scaturisce dalla presenza di competenza, esperienza e coinvolgi mento personale. In breve «l'educatore è un testimone della verità e del bene», non solo come singolo, ma anche come famiglia e gruppo sociale.
Tuttavia, alla fine del suo intervento Benedetto XVI arriva al cuore del problema: educare significa proporre e testimoniare una speranza affidabile, una speranza che dia fiducia nella vita, in altre parole, Dio.
Ciò dimostra, a nostro avviso, che, benché molti parlino di educazione e di valori, sono veramente pochi coloro che ne colgono la reale portata e profondità. Solo partendo, infatti, da una vera visione antropologica è possibile capire l'orientamento che l'uomo deve ricevere nel suo percorso educativo.
Basterebbe a questo riguardo ricordare quanto ci insegna il Catechismo: «L'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio», o quanto scrive S. Agostino parlando di Dio: «ci hai fatti per te», e aggiunge: «e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te». Perché Dio, per analogia, è come il sole: «La sola, fra le cose create, che non possiamo guardare è quella nella cui luce vediamo tutte le altre» (G. K. Chesterton).
BIBLIOGRAFIA
C. Ruini, La questione dell'educazione al tempo del relativismo, in L'Osservatore Romano, 2-3 febbraio 2009.
Dossier: Emergenza educativa
IL TIMONE N. 82 - ANNO XI - Aprile 2009 - pag. 46










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