La preghiera di colletta che introduce questa solennità ci rivela la radice, l’importanza e il fine dell’evento che oggi celebriamo: l’Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, è stata assunta in cielo, in corpo e anima, partecipando alla gloria di suo Figlio.
Il Vangelo ci narra un episodio straordinario: nel grembo della madre, il Precursore saltella (ἐσκίρτησεν) di gioia alla voce del saluto della Salutata per eccellenza. Già Davide, il grande antenato, aveva danzato davanti all’Arca: «Davide in quel giorno ebbe timore del Signore e disse: "Come potrà venire da me l'arca del Signore?". […] Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino. Così Davide e tutta la casa d'Israele facevano salire l'arca del Signore con grida e al suono del corno» (2Sam 6,9.14-15).
Maria è la nuova Arca, la Fœderis Arca, che ha accolto in sé Gesù e la Sua Parola (cfr Lc 2, 19), custodendo in sé la presenza stessa del cielo. E ora il Signore, il cielo, accoglie lei, come afferma san Giovanni Damasceno: «Oggi Colei che ha concepito come suo primogenito e unigenito il Primogenito di tutta la creazione, l’Unigenito del Padre, prende dimora nella “Chiesa dei primogeniti”; l’arca viva e spirituale del Signore viene sollevata fino al riposo di suo Figlio. Le porte del Paradiso si aprono e accolgono il campo che ha prodotto Dio» (Homilia I in Dormitionem B. Mariæ, § 10, PG 96, 713 B).
Ma la preghiera che apre la liturgia della Parola dice anche l’importanza per noi: in qualche modo siamo divenuti arca del Signore, in modo reale e concreto, anche nel nostro corpo coi Sacramenti: in Lui siamo stati immersi nel Battesimo, da Lui siamo stati unti col Sacro Crisma, di Lui ci nutriamo realmente, come dice Gesù stesso nel vangelo: «Perché la mia carne (σάρξ) è vero cibo (ἀληθής βρῶσις) e il mio sangue (αἷμά) vera bevanda (ἀληθής πόσις). Chi mangia (ὁ τρώγων) la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6, 55-56).
Perciò la festa di oggi è la memoria profetica della rilevanza del nostro corpo, destinato alla risurrezione. Maria è Assunta “in corpo e anima in cielo”. E noi crediamo alla risurrezione della carne e lo professiamo in un mondo che pretende di destituire di ogni rilevanza il valore del corpo, sia morale, che relazionale, sia nell’identità della persona.
L’inumazione è una testimonianza significativa di questa certezza, da sempre sostenuta dalla Chiesa e tanto più necessaria oggi, in un’epoca che sembra volerla dimenticare.
Infine, la preghiera colletta ci indica lo scopo ultimo di questa festa: «Dio onnipotente […] fa’ che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria», cioè chiediamo a Colui che ha tanto amato Maria da renderla così bella che il nostro cuore sia sempre tenuto desto nel giudizio in ogni istante, in ogni gesto, in ogni fatto di questa nostra storia, personale e di tutta l’umanità: che l’eternità sia la misura, la verità permanente per ciascuno di noi, dentro la Chiesa che potentemente educa la nostra libertà.
Davvero quindi possiamo invocare Maria come Causa nostræ letitiæ, motivo della nostra letizia, perché come Arca ci ha portato il Redentore e come prima redenta ci ha mostrato il destino vero che ci guida e che ci accoglie.
Vengono alle mente le parole che Paolo VI aveva preparato per l’Angelus del 6 agosto 1978, ma che non poté pronunciare poiché morì proprio quel giorno, parole in cui parlava del Corpo trasfigurato del Signore: «Siamo chiamati a condividere tanta gloria, perché siamo “partecipi della natura divina” (2Pt 1, 4). Una sorte incomparabile ci attende, se avremo fatto onore alla nostra vocazione cristiana: se saremo vissuti nella logica consequenzialità di parole e di comportamento, che gli impegni del nostro battesimo ci impongono».