Cari fratelli e sorelle, anche questa mattina Gesù ci racconta una parabola in cui è celato, come nelle altre parabole, il mistero del Regno dei Cieli, i misteri che Dio attraverso Gesù ci rivela. Il primo personaggio della parabola è un uomo ricco. Osserviamo innanzitutto che Gesù non ci dice il nome di questo uomo ricco, poi vedremo perché.
“C'era un uomo ricco che indossava vesti di porpora e di lino finissimo e ogni giorno si dava a lauti banchetti”. Dunque, quest’uomo è posseduto dalla bramosia di apparire, usa vesti molto belle per essere ammirato dagli uomini. Gesù racconta questa parabola ai farisei che, più volte nel Vangelo, vediamo, sono posseduti da questo desiderio di apparire davanti agli uomini, di sentirsi superiori agli altri.
Oltre a vestiti finissimi, quest'uomo si dà ogni giorno a lauti banchetti. La consistenza della sua vita, la ragione per cui si alza al mattino, è quella di mangiare e di bere. Forse questa è la ragione per cui Gesù non ci dice il nome di questo uomo, perché è un po' ridotto allo stato animalesco, non ha un volto, si interessa solo di soddisfare i suoi desideri animaleschi.
L'altro personaggio della parabola è un povero di nome Lazzaro, che stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco, ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Questo uomo ricco non prova nessuna compassione, una compassione che potrebbe metterlo in relazione con altri uomini, questo uomo ricco organizza lauti banchetti ma quello che gli interessa è di mangiare e quindi non entra in un dialogo con le persone con cui si trova a mangiare, in un rapporto d'amore, tanto meno con Lazzaro che guarda dall'alto verso il basso.
È impressionante questa immagine che Gesù ci lascia: quest’uomo piagato (le piaghe del fratello sono quelle che ci spingono a prenderci cura di lui, a entrare nell'esperienza dell'amore del fratello) e i cani che, appunto, dovrebbero essere semplicemente posseduti da una bramosia – più degli uomini certamente – invece hanno pietà di lui e vanno a leccare le sue ferite. Il racconto che viene fatto potrebbe essere il racconto di tante esperienze che vediamo oggi sulla terra, di pochi ricchi, sempre più pochi e di tanti poveri.
“Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo”. Questo povero viene portato dagli angeli accanto ad Abramo. Soffermiamoci un momento su questo punto.
Questo povero è un uomo qualunque, Lazzaro è un uomo qualunque, non ha fatto niente di speciale, ha semplicemente sopportato le sue sventure, ha sopportato l'ingiustizia subita. Nell'aldilà è portato accanto ad Abramo, accanto al fondatore del popolo di Israele, un santo importantissimo della storia dell'umanità. Abramo ha fondato il popolo di Israele, è il patriarca del popolo che ha dato alla luce il figlio di Dio. Lazzaro cosa ha fatto? Ha sopportato semplicemente con fede le sue sventure.
Questo è un insegnamento importantissimo per noi: la nostra vita, apparentemente insignificante, è grande davanti a Dio, ha un valore come quella dei santi. In paradiso saremo accanto agli angeli e ai santi.
Quando muore anche il ricco, questo ricco senza volto, dalla sua condizione infernale alza lo sguardo e chiede ad Abramo: “Abbi pietà di me, e manda Lazzaro ad attingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente di questa fiamma”.
Che cosa ha fatto il ricco nella vita? Non ha amato nessuno e adesso nell'aldilà che cosa si ritrova? Niente. Vede soltanto sé stesso, in eterno e senza fine, ed è questo l'inferno. Vedere solo se stessi, pensare solo a sé stessi già sulla terra e, a maggior ragione, nell'aldilà.
Per questo, quest’uomo ricco è senza volto. Il volto, la nostra identità, ci viene dato da qualcuno che ci ama. Un bambino che non è amato dai genitori, o da chi ne fa le veci, non sa chi è. Ma anche noi senza sapere di essere amati da Dio, senza essere amati da qualcuno, non sappiamo chi siamo, non abbiamo volto.
Il nostro volto viene dalla scoperta di essere amati, dal lasciarsi amare e, a nostra volta, nel prenderci cura dei fratelli, nel curare le loro piaghe che sono il segno di questo desiderio di amore. La fiamma che brucia il ricco è il desiderio di amore che non trova, mentre Lazzaro è accanto ad Abramo. Con questa parabola Gesù ci vuole dire: guardate che anche voi, nell'aldilà, sarete accanto a Madre Teresa, a Padre Pio, a San Francesco, ad Abramo, ad Elia, a Mosè, a Giovanni Paolo II e allora iniziate ad amare sulla terra. Ponete la vostra speranza non nei beni che passano ma nell'amore che dura in eterno.
Questa parabola, cari fratelli e sorelle, ci spaventa un po'. L'inferno ci spaventa. Ma ci viene in aiuto San Paolo con quello che ci dice questa mattina nella seconda lettura e con cui concludiamo la nostra riflessione.
“Tu, uomo di Dio – che sei venuto questa mattina a Messa – evita queste cose”. Nella parte prima, che non abbiamo letto, San Paolo dice che l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali. È quello che ha distrutto la vita di questo uomo ricco. Tu, uomo di Dio, evita l'attaccamento al denaro come radice di tutti i mali. Il denaro ci serve per amare, per costruire. Se ci attacchiamo ad esso come fine della nostra vita ci distruggiamo. Evita queste cose, ci dice San Paolo, tendi invece alla giustizia. Ogni giorno ricomincia, non puoi essere giusto come Dio, ma ogni giorno cerca di avvicinarti un po'.
Se non sei stato giusto ieri, provaci oggi, tendi alla giustizia, a usare i tuoi beni condividendoli con i fratelli, che è quello che dà veramente gioia. Tendi alla pietà, nella preghiera, nella liturgia, nei sacramenti, tendi a scoprire che Dio ti ama e che la tua vita è sotto lo sguardo di Dio che ti giudicherà un giorno. Tendi alla fede, a scoprire che tutto quello che ti accade ha dietro un disegno provvidenziale di amore. Tendi alla carità, a scoprire che ogni giorno Dio ti ama per primo e ciò che ti rende felice è amare i fratelli che ti sono posti accanto, prendendoti cura di loro, curando le loro piaghe. Tendi alla pazienza, che è la forza di sopportare i mali. Oggi non ci sei riuscito, ci riuscirai domani, ricomincia. Tendi alla mitezza quando subisci un'ingiustizia, non farti possedere dall'ira che distrugge l'amore, ma vinci il male con il bene. Tendi alla pazienza, accetta le prove che devi attraversare, per te e per i tuoi cari, perché la tua anima possa essere pronta per potersi sedere accanto ad Abramo, madre Teresa, a padre Pio, a Mosè.