Venerdì 24 Ottobre 2025

Quando il grazie diventa salvezza

La predica corta della domenica, in ottobre l'omelia di don Luca Civardi

Quando il grazie diventa salvezza

XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C Che cosa significa ringraziare? Al centro della vicenda narrata nel testo evangelico si pone l’atto misericordioso con cui Gesù risana i lebbrosi, azione quasi nascosta nelle pieghe dell’obbedienza con cui i malati mettono in pratica quanto comandato da Gesù. Questo dono prodigioso non suscita un ringraziamento vero, autentico, profondo: nove di quei malati ormai risanati e riammessi alla vita pubblica non tornano alla sorgente, alla ragione, al cuore della loro nuova possibilità per dire grazie. Perché questa fatica? Come sempre, è necessario evitare di leggere questo testo per dettare solo una regola, ma per comprendere ancora meglio e perché siamo indissolubilmente e irrinunciabilmente legati a Gesù e alla sua misericordia.

Dieci lebbrosi. La malattia della lebbra costringeva chi ne era infetto a un isolamento pesante e doloroso. La Legge prevedeva questo allontanamento per salvare tutto il popolo dal contagio. Chi si trovava in questa situazione dimorava in una sorta di limbo tra la morte e la vita. È dall’abisso di questo dolore che si innalza il grido disperato verso Gesù e verso il suo cuore misericordioso. Quante grida simili a queste si elevano ogni giorno dal mondo in cui viviamo! Queste preghiere arrivano al cuore di Dio: ne siamo certi. Che cosa succede in noi? Prima di verificare la reazione di Dio, è necessario capire se la lebbra dell’anima non ci ha isolato anche da Lui e dalla sua misericordia. La lebbra di chi grida la sua disperazione a Gesù è vinta dall’agire di Dio: che cosa vogliamo che faccia per noi? «Alzati». Dopo aver constatato la guarigione, uno solo torna ai piedi di Gesù per ringraziare. Non stiamo affrontando la questione della buona educazione, a cui purtroppo è stata ridotta la fede in questi anni. A chi torna davanti a Lui, Gesù offre questo particolare verbo che evoca la sua resurrezione e aggiunge anche l’annuncio della salvezza che ormai ha segnato indelebilmente la sua vita. Chi entra alla presenza di Dio non solo invoca ciò che materialmente appare più necessario, ma esprime la necessità di ciò che redime l’intera vita dal male e dal peccato: ciò di cui abbiamo veramente bisogno è la salvezza, non solo la guarigione. La fede che risolve i problemi immediati e trascura la salvezza è un inganno miserabile perché ci priva di quella forza che vince la morte: la comunione piena con Dio. Quel samaritano che torna ai piedi di Gesù riceve un secondo miracolo ancora più grande di quello che lo fa tornare alla vita sociale: egli si ritrova legato a chi lo ha guarito, in comunione con Dio a tal punto da vivere il mistero dell’eternità. La malattia da cui deve guarire il cuore dell’uomo è l’isolamento da Dio: separarsi da lui è una lebbra che distrugge ciò che siamo e ciò per cui siamo stati fatti.

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