Domenica 28 Dicembre 2025

LA PAROLA DEL GIORNO

Un Dio che trasforma ogni terra estranea in luogo di salvezza

La predica corta della domenica, in dicembre l'omelia di don Samuele Pinna

Un Dio che trasforma ogni terra estranea in luogo di salvezza

Il Vangelo di oggi ci porta dentro a una pagina drammatica e insieme luminosa della vita di Gesù. Giuseppe riceve in sogno l’ordine dell’angelo: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto”. È la fuga della Santa Famiglia, costretta a lasciare la propria terra per scampare alla violenza di Erode.

Proviamo a immaginare come il Figlio di Dio, appena nato, debba affrontare l’imposizione di un esilio. Questo ci suggerisce che l’Onnipotente ha scelto di condividere sino in fondo la condizione umana, anche quella più precaria. Non esiste, quindi, nessuna situazione che non possa essere salvata: non ogni avvenimento è buono, ma tutto può concorrere al bene se si ha fiducia nel Signore. Essere cristiani significa, di conseguenza, non restare prigionieri della realtà così come appare, ma lasciarsi guidare da Dio per trasformarla. Il credente non si accontenta mai della banalità offerta dalle mode del momento, perché vuole la pienezza, desidera vivere dell’infinto, dell’eterno. Anche quando ci sono condizionamenti esterni, talvolta pesanti e contrari, nulla può determinare in modo definitivo la nostra sorte ultima. E questo dev’essere un pensiero consolante, perché ci ricorda che le circostanze esteriori – per quanto sfavorevoli od oppressive – non hanno il potere di costringerci davvero né di condannarci in modo irreversibile. Sotto ogni necessità, disagio o prepotenza, rimaniamo liberi e responsabili del nostro destino. Ma accanto a questa consolazione nasce anche una preoccupazione. Se il nostro futuro eterno è nelle nostre mani, c’è il rischio di poterlo compromettere con leggerezza: con le nostre scelte sbagliate, infatti, rischiamo di perderci.

Ancora una volta Giuseppe appare come colui che può indicarci la via mediante il suo essere un uomo giusto e obbediente. Egli, infatti, non discute, non si lamenta: ascolta la voce di Dio e agisce. Di notte, prende con sé Maria e il bambino e parte, s’incammina verso il luogo che gli è stato indicato. La sua prontezza diventa protezione, perché è un uomo che custodisce e che mette la vita degli altri davanti ai propri progetti. Egli con il suo fare insegna che la vera grandezza sta nel servizio silenzioso e fedele.

Dopo la morte di Erode, l’angelo lo invita a tornare, ma non in Giudea. Qui, infatti, regna Archelao, figlio di Erode: così, la famiglia si stabilisce a Nazaret, che diventa la casa della quotidianità di Gesù, il luogo dove cresce in età, sapienza e grazia.

Questo passaggio ci ricorda che Dio non ha bisogno di grandi palcoscenici: la sua salvezza si compie nella vita semplice, nei paesi sconosciuti, nelle case ordinarie. Anche la nostra quotidianità può – e deve – diventare Nazaret, luogo della presenza del Signore, perché qui e non altrove si trova la vera felicità.

La storia della Santa Famiglia è la storia di un Dio che si fa vicino, che cammina con noi, che trasforma ogni terra estranea in luogo di salvezza. Si deve avere, però, l’animo di san Giuseppe per accorgersi di tutto questo: un cuore pronto ad ascoltare, pronto ad agire, pronto a custodire. Così anche noi potremo diventare strumenti della presenza divina nel mondo.

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Lorenzo Bertocchi
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