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A volte ritornano. Cinque cardinali consegnano 5 dubbi sul Sinodo al Papa
NEWS 2 Ottobre 2023    di Lorenzo Bertocchi

A volte ritornano. Cinque cardinali consegnano 5 dubbi sul Sinodo al Papa

A volte ritornano. Non è il titolo di un film di fantascienza, ma per dire che ancora una volta nel pontificato di Francesco si affacciano dei dubbi sottoforma di dubium posti da cardinali. Era accaduto nel 2016 per opera di quattro porpore (i cardinali Brandmuller, Burke, Caffarra e Meisner) sui temi dell’esortazione Amoris laetitia e in particolare sull’accesso all’eucaristia dei divorziati risposati, ora accade nel 2023 a pochi giorni dall’avvio del grande Sinodo sul sinodo (dal 4 al 29 ottobre a Roma, vedi dossier speciale sul Timone di ottobre).

A firmarli cinque cardinali: il tedesco Walter Brandmüller, lo statunitense Raymond Leo Burke, il messicano Juan Sandoval Íñiguez, il guineano Robert Sarah, il cinese Joseph Zen Ze-kiun. I quali si dicono a loro volta, si legge sul blog del vaticanista Sandro Magister, «certi che anche lo scomparso cardinale George Pell “condivideva questi ‘dubia’ e sarebbe stato il primo a sottoscriverli».

Questi nuovi cinque dubia, ovviamente, sono riferiti a punti ritenuti chiave del prossimo sinodo che sta per aprirsi a Roma. Già il 10 luglio i cinque cardinali avevano consegnato a Francesco e al prefetto del dicastero per la dottrina della fede una prima formulazione di questi “dubia”, ora però li rendono pubblici dopo che il Papa aveva loro risposto per lettera, arrivata ai destinatari il 13 luglio. Ma la lettera, stando sempre a quanto scrive Sandro Magister, «era parsa ai cinque cardinali tanto ridondante (sette fogli nell’originale in lingua spagnola) quanto vaga ed elusiva, ben lontana dal sciogliere i cinque “dubia”». Così la decisione di riscrivere i dubia in modo che si dovesse dare una risposta secca, o “sì” o “no”, e consegnare al Papa questa nuova formulazione il 21 agosto. Ma da allora nessuna risposta è arrivata e così appunto le cinque porpore hanno ben pensato di rendere pubblici i loro dubbi.

Sarebbe interessante leggere anche la risposta fornita dal Papa che, per ora, non è stata divulgata, di seguito intanto il testo dei cinque dubia riformulati nella lettera consegnata a Francesco il 21 agosto. [Oggi pomeriggio, sul sito del Dicastero per la Dottrina della Fede sono state pubblicate le risposte che Francesco ha fornito alla prima edizione dei dubia a lui sottoposti dai cinque cardinali il 10 luglio, ndr]

*

(…) Con la stessa sincerità con cui Voi ci avete risposto, dobbiamo aggiungere che le Vostre risposte non hanno risolto i dubbi che avevamo sollevato, ma li hanno semmai approfonditi. Ci sentiamo quindi in dovere di riproporre, riformulandole, queste domande a Vostra Santità, che come successore di Pietro è incaricato dal Signore di confermare i Vostri fratelli nella fede. Ciò è tanto più urgente in vista dell’imminente Sinodo, che molti vogliono utilizzare per negare la dottrina cattolica proprio sulle questioni su cui vertono i nostri “dubia”. Vi riproponiamo quindi le nostre domande, in modo che ad esse si possa rispondere con un semplice “sì” o “no”.

  1. Vostra Santità insiste sul fatto che la Chiesa può approfondire la sua comprensione del deposito della fede. Questo è effettivamente ciò che insegna “Dei Verbum” 8 e appartiene alla dottrina cattolica. La Vostra risposta, però, non coglie la nostra preoccupazione. Molti cristiani, compresi pastori e teologi, sostengono oggi che i cambiamenti culturali e antropologici del nostro tempo dovrebbero spingere la Chiesa a insegnare il contrario di ciò che ha sempre insegnato. Questo riguarda questioni essenziali, non secondarie, per la nostra salvezza, come la confessione di fede, le condizioni soggettive per accedere ai Sacramenti e l’osservanza della legge morale. Vogliamo quindi riformulare il nostro “dubium”: è possibile che la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale, sia da parte del Papa “ex cathedra”, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo (cfr. “Lumen Gentium” 25)?
  2. Vostra Santità ha insistito sul fatto che non ci può essere confusione tra il matrimonio e altri tipi di unioni di natura sessuale e che, pertanto, qualsiasi rito o benedizione sacramentale di coppie omosessuali, che darebbero luogo a tale confusione, dovrebbero essere evitati. La nostra preoccupazione, tuttavia, è un’altra: siamo preoccupati che la benedizione di coppie omosessuali possa creare in ogni caso confusione, non solo in quanto possa farle sembrare analoghe al matrimonio, ma anche in quanto gli atti omosessuali verrebbero presentati praticamente come un bene, o almeno come il bene possibile che Dio chiede alle persone nel loro cammino verso di Lui. Riformuliamo quindi il nostro dubbio: è possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio? Legato a questo “dubium” è necessario sollevarne un altro: continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia?
  3. Voi avete insistito sul fatto che esiste una dimensione sinodale della Chiesa, in quanto tutti, compresi i fedeli laici, sono chiamati a partecipare e a far sentire la propria voce. La nostra difficoltà, tuttavia, è un’altra: oggi si sta presentando il futuro Sinodo sulla “sinodalità” come se, in comunione con il Papa, esso rappresentasse la Suprema Autorità della Chiesa. Tuttavia, il Sinodo dei Vescovi è un organo consultivo del Papa, non rappresenta il collegio episcopale e non può dirimere le questioni in esso trattate né emanare decreti su di esse, a meno che, in casi determinati, il Romano Pontefice, cui spetta ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia espressamente concesso potestà deliberativa (cf. can. 343 C.I.C.). Si tratta di un punto decisivo in quanto non coinvolgere il collegio episcopale in questioni come quelle che il prossimo Sinodo intende sollevare, le quali toccano la costituzione stessa della Chiesa, andrebbe proprio contro la radice di quella sinodalità, che si afferma di voler promuovere. Ci sia permesso quindi di riformulare il nostro “dubium”: il Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma e che include solo una rappresentanza scelta di pastori e di fedeli, eserciterà, nelle questioni dottrinali o pastorali su cui sarà chiamato ad esprimersi, la Suprema Autorità della Chiesa, che spetta esclusivamente al Romano Pontefice e, “una cum capite suo”, al Collegio dei Vescovi (cf. can.336 C.I.C.)?
  4. Nella Vostra risposta Vostra Santità ha chiarito che la decisione di San Giovanni Paolo II in “Ordinatio sacerdotalis” è da tenersi in modo definitivo, e ha giustamente aggiunto che è necessario comprendere il sacerdozio, non in termini di potere, ma in termini di servizio, per capire rettamente la decisione di nostro Signore di riservare gli ordini sacri soltanto agli uomini. D’altra parte, nell’ultimo punto della Vostra risposta ha aggiunto che la questione può ancora essere approfondita. Siamo preoccupati che qualcuno possa interpretare quest’affermazione nel senso che la questione non è ancora stata decisa in modo definitivo. Infatti, San Giovanni Paolo II afferma in “Ordinatio sacerdotalis” che questa dottrina è stata insegnata infallibilmente dal magistero ordinario e universale, e quindi che appartiene al deposito della fede. Questa è stata la risposta della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un “dubium” sollevato riguardo alla lettera apostolica, e questa risposta fu approvata dallo stesso Giovanni Paolo II. Dobbiamo quindi riformulare il nostro “dubium”: la Chiesa potrebbe in futuro avere la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne, contraddicendo così che la riserva esclusiva di questo sacramento ai battezzati di sesso maschile appartenga alla sostanza stessa del Sacramento dell’Ordine, che la Chiesa non può cambiare?
  5. Infine, Vostra Santità ha confermato l’insegnamento del Concilio di Trento secondo cui la validità dell’assoluzione sacramentale richiede il pentimento del peccatore, che include il proposito di non peccare di nuovo. E ci ha invitato a non dubitare dell’infinita misericordia di Dio. Vorremo ribadire che la nostra domanda non scaturisce dal dubbio sulla grandezza della misericordia di Dio, ma al contrario, nasce dalla nostra consapevolezza che questa misericordia è così grande da renderci capaci di convertirci a Lui, di confessare la nostra colpa e di vivere come Lui ci ha insegnato. A sua volta, qualcuno potrebbe interpretare la Vostra risposta come se il solo fatto di avvicinarsi alla confessione sia una condizione sufficiente per ricevere l’assoluzione, in quanto potrebbe includere implicitamente la confessione dei peccati e il pentimento. Vorremo quindi riformulare il nostro “dubium”: può ricevere validamente l’assoluzione sacramentale un penitente che, pur ammettendo un peccato, si rifiutasse di fare, in qualunque modo, il proposito di non commetterlo di nuovo?

Città del Vaticano, 21 agosto 2023

Walter Card. Brandmüller

Raymond Leo Card. Burke

Juan Card. Sandoval Íñiguez

Robert Card. Sarah

Joseph Card. Zen Ze-kiun


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