Che i Paesi Bassi siano uno degli stati più secolarizzati al mondo è cosa ormai nota: si pensi che si conta una partecipazione alla Messa domenicale inferiore al 2% dei cattolici, per non parlare delle tantissime chiese che vengono chiuse ad una velocità impressionante. Eppure, un tempo, i Paesi Bassi erano una vera e propria “potenza” che forniva circa il 10% dei missionari stranieri in tutto il mondo. La frequenza alla Messa, tuttavia, cominciò a dimezzarsi già negli anni ’50 e crollò dopo il Concilio Vaticano II. Mentre, nei decenni successivi, il cattolicesimo olandese piombò nel baratro degli abusi liturgici. Nonostante questo quadro impietoso, c’è chi ritiene che la Chiesa, in questi luoghi, abbia ancora molto da offrire e senza bisogno di concedere “sconti”.
Stiamo parlando di mons. Jan Hendriks, dal 2020 vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam, dove è stato assegnato per la prima volta come vescovo ausiliare nel 2011. Hendriks intervistato da The Pillar ha inquadrato con una certa precisione la situazione attuale della Chiesa nei Paesi Bassi, mostrando come, proprio il tentativo di adattarsi al mondo, che tanto si invoca da più parti come possibile soluzione della crisi attuale che sta attraversando la Chiesa tutta, abbia contribuito insieme ad altre circostanze storiche, al disastroso quadro odierno. Innanzitutto il prelato ha sottolineato come un impulso in senso negativo sia stato dato a partire dagli anni della Riforma, quando il cattolicesimo venne proibito, fino all’età napoleonica. Quindi fu solo nel XIX secolo che cominciarono a riapparire un’enorme rete di istituzioni cattoliche: chiese, congregazioni, scuole, ospedali, ecc.
«C’era in quel secolo – afferma Hendriks – un coinvolgimento molto forte della gerarchia, perché questo sviluppo doveva essere controllato affinché prendesse un buon corso. Ma l’aspetto spirituale è stato un po’ trascurato. Questo è ciò che notò Karol Wojtyla quando visitò i Paesi Bassi, dopo la seconda guerra mondiale. Rimase colpito dall’enorme organizzazione del cattolicesimo, ma allo stesso tempo si accorse che era superficiale, spiritualmente carente. Si trattava quindi di un processo già in corso alla fine degli anni ’50». Un’ulteriore svolta, in senso negativo, secondo il prelato, si ebbe con il Concilio Vaticano II «che ha sottolineato la responsabilità dei laici e il loro necessario coinvolgimento nell’apostolato, il che è stato positivo».
Ma tutto questo, a suo dire, avrebbe prodotto un grosso equivoco di fondo: «qui nei Paesi Bassi è successo qualcosa di simile a quanto sta accadendo con Fiducia supplicans in alcuni episcopati. Il Concilio è stato visto come una rottura, come un nuovo inizio». Infatti, sostiene che in realtà le reali istanze del Concilio non siano mai state recepite: «Nessuno ha studiato i documenti, molti li hanno visti solo come una scusa per segnare un nuovo punto di partenza. Subito dopo il Concilio si è svolto il Consiglio Pastorale Olandese, che ha creato un clima molto liberale. Si è parlato del celibato ecclesiastico, si è parlato della sessualità, del ruolo della donna nella Chiesa».
Di lì un’escalation inesorabile, al punto che dalla Messa tridentina si passò ad “esperimenti liturgici” in cui, sottolinea addolorato il prelato «le preghiere eucaristiche non potevano essere considerate preghiere, a volte non c’era nemmeno la consacrazione». Un altro segno di secolarizzazione, secondo il vescovo, è il processo di chiusura delle parrocchie in tutti i Paesi Bassi. Eppure, di fronte alla domanda su un possibile “riadattamento” del vangelo alla mentalità del mondo, come soluzione, il vescovo non ha dubbi: «No, questa non è una soluzione. Perderemmo il Vangelo stesso e perderemmo Gesù Cristo. Non si tratta di adattarci ai tempi, ma di adattarci a Gesù Cristo. Non c’è altra soluzione che rimanere fedeli al messaggio del Vangelo e annunciarlo con forte convinzione e chiarezza. Naturalmente dobbiamo essere accoglienti nei confronti di persone di ogni provenienza, ma annacquare il messaggio non è la soluzione. I giovani che si convertono o ritornano alla Chiesa cattolica, lo fanno per queste forti convinzioni, non per un messaggio annacquato. La Chiesa deve rimanere un segno di contraddizione».
E nonostante la situazione difficile del suo paese, il vescovo si dice “fiducioso” « – sottolinea- è la Chiesa del Signore. Tutto è già annunciato nel Vangelo. Gesù disse: “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà sulla Terra, troverà la fede?” Tutto è nelle Sue mani. Questo è più importante di quello che facciamo. Questo dovrebbe essere il fondamento della nostra speranza».
(Fonte foto: Screenshot, kro-ncrv.nl/katholiek, YouTube)
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