sant'ambrogio
Aiuto alla chiesa che soffre: la libertà religiosa è sempre più minacciata
Presentata la XV edizione del "Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo". A portare la loro testimonianza, Asia Bibi e Mons. Laurent Dabiré sulla situazione africana
21 Aprile 2021 - 00:05
In particolare, preoccupa l’Africa, dove la situazione si tra facendo particolarmente grave per via di una forte radicalizzazione di gruppi terroristici jihadisti.
E proprio su questo, nel corso della Conferenza stampa è intervenuto Mons. Laurent B. Dabiré, vescovo della stessa diocesi di Dori e presidente della Conferenza episcopale del Burkina Faso e del Niger, il quale ha posto in evidenza come i fenomeni terroristici abbiano appreso avvio nel 2015, per poi diventare un vero terremoto che ha scosso tutto e tutti: da fenomeni di aggressione non ben identificati, ci si è «ritrovati nella bufera, con attacchi a tutti e a tutto, con distruzione di case, scuole e tutto quello che è simbolo del vivere assieme e massacri alla popolazione civile, per sfociare in una persecuzione religiosa, anche nei confronti di musulmani che non condividevano questa impostazione». Di fatto, sottolinea Dabiré, in breve «ci siamo trovati impediti a esercitare la nostra libertà religiosa». Non sappiamo cosa succederà in futuro, ha proseguito il prelato, che tuttavia ha sottolinea come da un paio di mesi pare che la situazione sia in miglioramento e soprattutto ha rimarcato come «Dio vede e provvede» e come il male, alla fine, non prevarrà.
LE PAROLE DI ASIA BIBI
La Conferenza stampa di Acs ha visto anche l’intervento dell’attesa ospite Asia Bibi, simbolo internazionale della libertà religiosa negata: la donna pakistana, ad oggi in Canada, è stata perseguitata per via della sua fede per oltre dieci anni, fino alla liberazione definitiva del 29 gennaio 2019.
Tradotta dal Professor Shahid Mobeen, Fondatore dell’Associazione Pakistani cristiani in Italia, Asia Bibi ha messo in luce le croci che ha dovuto sopportare in seguito all’ingiusta accusa di blasfemia che le è piombata addosso: croci sia materiali, sia di carattere psicologico, e questo soprattutto per via dell’allontanamento dalle sue due figlie, peraltro la più grande delle quali portatrice di handicap, che all’epoca dell’arresto avevano rispettivamente solo 8 e 9 anni. E croci che pesano ancora oggi, nonostante la famiglia sia di nuovo unita, soprattutto rispetto alle figlie adolescenti.
Asia Bibi ha quindi fatto appello al Primo ministro del Pakistan affinché si modifichi la legge sulla blasfemia - che colpisce non solo i cristiani, ma rispetto alla loro esigua presenza nella popolazione, la percentuale di accuse è molto alta nei loro confronti - per evitare gli abusi attuali, e ancora meglio sarebbe se la si cancellasse. Posto che, ha sottolineato la donna, oltre a questa legge ce ne sono altre che discriminano i cristiani in Pakistan.
Un altro punto posto in evidenza da Asia Bibi in tutta la sua gravità è stato quindi quello della situazione delle ragazze minorenni cristiane, generalmente tra i 9 e i 14 anni, che vengono spesso rapite, abusate sessualmente e costrette al matrimonio con i rapitori, con contestuale conversione forzata all’Islam. Fatto che, purtroppo, non conosce limiti anagrafici: anche le maggiorenni (a seconda delle zone, si diventa maggiorenni tra i 14 e i 18 anni), infatti, sono spesso vittime di abusi e moltissime sono le accuse di blasfemia. Asia Bibi chiede quindi al Primo ministro: come mai se l’Islam insegna la pace e l’armonia, non si reagisce a questa violenza?
Nel concludere il suo intervento, Asia Bibi ha quindi fatto un ulteriore appello, questa volta per sollecitare l’unità delle varie realtà internazionali affinché la libertà religiosa sia rispettata. E ha ringraziato per quanto è stato fatto per lei: dagli appelli prima di Benedetto XVI e poi di papa Francesco, alle numerose preghiere che hanno fatto sì che ora sia in Canada con la sua famiglia.
Le conclusioni sono quindi state affidate a Thomas Heine-Geldern, presidente esecutivo di Acs Internazionale, che ha rimarcato l’importanza di realizzare ogni due anni un rapporto sulla situazione della libertà religiosa nel mondo: e questo per informare certo, ma soprattutto perché esso costituisce un appello all’azione rivolto a tutti. Con la speranza, che è la sua ma è quella di tutti, che nella XVI edizione le notizie riportate possano essere migliori.









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