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Card. Ambongo come card. Sarah: il no a Fiducia supplicans non è questione culturale
NEWS 2 Maggio 2024    di Federica Di Vito

Card. Ambongo come card. Sarah: il no a Fiducia supplicans non è questione culturale

«Penso che quello che ha detto sia vero. Fiducia Supplicans non riguardava principalmente gli aspetti culturali; piuttosto, è stato meglio affrontarlo attraverso le prospettive della teologia, della moralità, della Bibbia e del Magistero», così il cardinale Fridolin Ambongo a un giornalista a Nairobi il 25 aprile ha espresso il suo accordo con la recente posizione del cardinale Robert Sarah e con l’appello fatto ai vescovi africani durante la sua visita in Camerun. Durante quest’ultima, il cardinal Sarah ha tenuto infatti un impegnativo discorso programmatico ai circa trenta vescovi di quel Paese, nella sede della conferenza episcopale a Mvolyé.

La Dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede in questione rappresenta una spinta verso «la cultura del relativismo […] che divide e corrompe l’unità della Chiesa» e la Chiesa in Africa «ha difeso con forza la dignità dell’uomo e della donna creata da Dio», questo il cuore del messaggio del discorso. Con parole forti Sarah ha poi denunciato quanti «in Occidente, hanno voluto far credere che voi abbiate agito nel nome di un particolarismo culturale africano» lasciando intendere che l’Africa fosse arretrata «in una logica di neocolonialismo intellettuale […]. Ma avete parlato, n.d.r.]  nel nome della verità del Vangelo e per la dignità umana e la salvezza di tutta l’umanità in Gesù Cristo» compiendo «un’opera di carità pastorale ricordando la verità».

A dimostrazione di quanto – e lo abbiamo ben documentato nel numero del Timone di aprile con un primo piano speciale sull’Africa «futuro della Chiesa» – «spetta [all’Africa, n.d.r.] il compito di annunciare la Parola di Dio a fronte dei cristiani dell’Occidente che, perché ricchi, si credono evoluti, moderni e saggi della saggezza del mondo».

Segnalando le intenzioni di permettere in Germania il diaconato femminile, in Belgio il matrimonio ai preti e la confusione tra sacerdozio ordinato e battesimale in Amazzonia, Sarah ha avvisato i vescovi di rimanere «difensori dell’universalità della fede contro i fautori di una verità frammentata, i difensori dell’unità della fede contro i fautori del relativismo culturale», facendo appello alle parole di Gesù: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).

Senza «cedere alla menzogna» è quanto mai importante che «nella prossima sessione del Sinodo, […] i vescovi africani parlino nel nome dell’unità della fede e non nel nome di culture particolari», poiché nella precedente sessione la voce della Chiesa d’Africa «è stata ignorata e disprezzata da coloro la cui unica ossessione è compiacere le lobby occidentali». Ha poi messo in guardia dal nuovo rischio che serpeggia anche nella Chiesa di oggi: «Numerosi prelati occidentali sono paralizzati dall’idea di opporsi al mondo. Dal mondo sognano di essere amati. Hanno perso la volontà di essere segno di contraddizione. […] Credo che la Chiesa del nostro tempo viva la tentazione dell’ateismo. Non l’ateismo intellettuale, ma questa condizione di spirito sottile e pericolosa: l’ateismo fluido e pratico. Quest’ultima è una malattia pericolosa anche se i suoi primi sintomi sembrano benigni».

Includendo tutti i cristiani, compreso se stesso, nel rischio di scendere a compromessi con la cultura dominante rinunciando a essere «segno di contraddizione» e ad annunciare «il kérygma e l’annuncio della fede» in nome di un’«accoglienza degli individui nella loro soggettività», ha pregato i vescovi di non «creare partiti nella Chiesa» autoproclamandosi «salvatori di questa o quella istituzione», contribuendo di fatto «al gioco dell’avversario». Il passo importante che ciascuno di noi oggi può compiere è rinunciare a «far coabitare in [noi, n.d.r.] la luce e le tenebre».

Questa scelta «cambierà le nostre vite. Non si tratta di andare in guerra. Non si tratta di denunciare dei nemici. Quando non si può cambiare il mondo, si può cambiare noi stessi. Se ciascuno umilmente lo decidesse, il sistema della menzogna crollerebbe da solo, perché la sua unica forza è il posto che gli facciamo dentro di noi». «Tenendo la nostra mano nella mano di Dio», ha poi concluso, possiamo avere la «garanzia di una vera benevolenza senza complicità, di una vera dolcezza senza codardia, di una vera forza senza violenza».(Fonte foto: Imagoeconomica)

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