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Contrordine compagni, «grasso» non è più bello. E va censurato
NEWS 22 Febbraio 2023    di Raffaella Frullone

Contrordine compagni, «grasso» non è più bello. E va censurato

Molti ricorderanno il film di John Waters “Grasso è bello”, in cui nella Baltimora degli anni Sessanta una ragazza curvy, o come si diceva prima “dalle curve generose”, o come si diceva ancora prima “in sovrappeso”, o come ancora prima di prima prima, grassa (nessuno ormai osa nemmeno pensare “cicciona” perché alla fine la cancel culture l’abbiamo così tanto respirata che parte la censura preventiva) cerca di entrare a far parte del cast di una trasmissione tv a tutti i costi. E ci riesce. Non solo, soffierà il fidanzato alla ragazza più bella più bionda della scuola, rigorosamente magra e ribalterà gli stereotipi dei canoni di bellezza riabilitando le ragazze formose. Oggi però non li ribalterebbe abbastanza, perché l’ultima trovata del politicamente corretto è che “grasso” non si può dire. Meno che meno scrivere. E se qualcuno lo ha fatto, va censurato. Anche se è morto.

Cosa sta accadendo? Il quotidiano britannico Telegraph qualche giorno fa in un lungo articolo ha spiegato che l’editore inglese Puffin, ha ripubblicato da poco le opere di Roald Dahl, naturalmente previo accordo economico con gli eredi per i diritti, ma la notizia non è tanto la ripubblicazione dei suoi romanzi per ragazzi, quanto il fatto che gli stessi siano stati “ripuliti” di termini e parole ritenute “offensive”, “discriminatorie”, “non inclusive” e chi più ne ha più ne metta. A farne le spese sono stati, ad esempio, le parole “brutto” e “grasso”, Augustus Gloops dunque, il bambino de La fabbrica del cicocolato, non è più “ciccione” ma diventa “enorme”, anche se non si capisce come questo aggettivo possa suonare meno “offensivo”, se proprio è una questione di dimensione.

La censura è stata possibile grazie ad una figura ormai evidentemente chiave nel mondo editoriale woke, ossia l’inclusivity reader, praticamente una figura mitologica metà correttore di bozze, metà censore, incaricato di ammorbidire, appiattire o se necessario soppiantare qualunque termine possa anche solo vagamente suonare discriminatorio per motivi razziali, sessuali, estetici, di orientamento di genere, e via elencando (ci sarebbero anche quelli religiosi, che però non valgono per i cattolici). La prescrizione non è contemplata poiché non importa se le parole in questione siano state scritte, ieri, lo scorso anno o tre decadi fa, tutto va passato sotto il filtro implacabile della nuova religione e riscritto.

Ci aspettiamo dunque a breve un intervento sul monologo del naso di Cyrano de Bergerac, ma anche sulla canzone Fat Bottomed girl dei Queen che ironizzava sulla ragazza dal sedere grosso, o ancora su Mika (sì, proprio lui che è così inclusivo e arcobaleno) che ha titolato una canzone Big girl ovvero “ragazza grossa”, e il Gobbo di Notre Dame che fine farebbe? Questa censura toglierebbe anche l’unico momento di gloria ad  Alessandro Canino che nel 1992 sul palco dell’Ariston portava il brano Brutta.

A questo giro, persino dai sinistra si sono registrati dei  miagolii di disapprovazione. E dalle colonne dei giornaloni così militarmente impegnati a “combattere gli stereotipi” diverse firme e anche di un certo peso (sì può dire?) hanno alzato la mano per dire che no, questo è troppo, riscrivere le opere di un autore non è proprio accettabile. Peccato che sia piuttosto difficile mettere un confine quando nella diga c’è una voragine più che un foro e da anni veniamo bombardati col refrain del linguaggio “rispettoso”, “inclusivo”, “gentile”, “petaloso” ad ogni costo. Siamo al famoso pianto sul latte versato e infatti è difficile invertire la rotta, molto più facile seguire la corrente e immaginarsi chi sarà il prossimo bersaglio. Vieteranno la parola “nano”? O censureranno gli integratori che propongono supporti vitaminici per gli “over 50” perché trasudano ageismo (come cosa è? Si tratta di “una forma di pregiudizio ai danni di un individuo in ragione della sua età”)?

Ah dimenticavamo, per l’inclusivity reader di Dahl è inaccettabile anche la parola “pazzo”, non sia mai che qualcuno osi pensarlo e addirittura scriverlo riferendosi a questa folle deriva. Meglio dire “diversamente normale” tanto il senso è chiaro e non occorre aggiungere altre parole, così non si corre il rischio di essere censurati.  Almeno fino a che si è vivi (Foto: Charlie and the Chocolate Factory Augustus Golden Ticket HD, Screenshot Youtube)

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