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Democratici, ma d’élite. Il rumoroso caso del party Obama
NEWS 12 Agosto 2021    di Valerio Pece

Democratici, ma d’élite. Il rumoroso caso del party Obama

«Mentre il resto d’America lotta con l’incertezza del lavoro, le riaperture scolastiche, le disposizioni mutevoli riguardo alle mascherine, l’ansia per le vaccinazioni e per le varianti, la salute dell’economia e in generale delle persone, Obama si è lanciato in un’enorme, epica, tre giorni di festa di compleanno a Martha’s Vineyard». Così scrive Maureen Callahan sul New York Post. La faraonica festa nella villa da quasi 12 milioni di dollari sull’isola del Massachusetts (la stessa dove avevano casa i Kennedy e dov’è sepolto John Belushi) non ha per nulla giovato all’ex Presidente USA, un uomo che ha fatto dell’empatia di stampo progressista-umanitario il suo personale vanto.

Una festa scatenata

La festa di vip, ridimensionata rispetto alle intenzioni iniziali (era stata pensata per 600 persone), ha comunque richiamato sull’isola frotte di star coi loro entourage, tutte rigorosamente senza mascherina. Tra gli attori, Tom Hanks, George Clooney e Don Cheadle. Poi l’ex giocatore Nba Dwyane Wade, il regista Steven Spielberg (che proprio a Martha’s Vineyard girò Lo squalo), John Kerry, oggi guru del clima alla Casa Bianca, ma già Segretario di Stato proprio sotto l’amministrazione Obama. Tra i cantanti, Beyoncé, Jennifer Hudson, Erykah Badu, il rapper Jay-Z. E ovviamente Bruce “The Boss” Springsteen, ormai intimo di Barack Obama.

Un ospite è riuscito furtivamente a scattare foto della festa scatenata e a condividerle con i follower di Instagram. Si tratta del rapper Trap Beckham, che le ha subito cancellate a causa del divieto di fotografare l’evento (non prima però di immortalarsi, insieme al suo manager TJ Chapman, in un selfie mentre fuma cannabis, che in Massachusetts è legale). Beckham, che alla festa di Obama si è anche esibito in una sua hit, ha rilasciato questa dichiarazione: «Ho dovuto cancellare tutto a causa delle regole. Obama ha ballato tutto il tempo, nessuno l’ha mai visto così». L’immagine di Obama che balla con look hawaiano è stata cancellata anche da Erykah Badu, così come un video dell’animato palco della discoteca. Non è difficile provare a immaginare cosa sarebbe successo se la stessa festa fosse stata organizzata da Trump.

L’ira dei lettori

Il New York Post, che ha indagato molto da vicino i lunghi festeggiamenti, ha pubblicato anche alcune lettere arrivate in redazione. Per Peter Boeko la festa per i 60 anni di Obama è stata una «tripletta di ipocrisia». «In primo luogo – scrive – non c’erano protocolli COVID, anche se i Democratici spingono per maggiori restrizioni su individui e imprese. In secondo luogo, l’inquinamento. Gli ospiti volavano su jet privati ​​da tutto il mondo: al diavolo il cambiamento climatico. Terzo, pensate ai milioni di dollari sprecati solo per accarezzare l’ego dell’ex presidente […]. Totalmente vergognoso». Sulla stessa linea S.Kane da Brooklin: «Solo quelli del Partito Democratico possono lanciare un party super-diffusore di virus e non essere condannati. E se uno degli ospiti in seguito risultasse positivo, sono sicura che le informazioni sul caso non sarebbero rese disponibili». Il lettore Michelle Graham prima rimarca con amarezza il “doppio standard”: «le cosiddette “élite” partecipano a una festa di compleanno […] che se uno di noi potesse ospitarla verrebbe descritta come un evento super-diffusore del virus», eppoi esorta: «Svegliati: scrivi, telefona e invia un’e-mail alle persone che ti rappresentano», perché – continua il disilluso lettore – «quando due diversi tipi di regole ci vengono sbandierate così sfacciatamente in faccia, una per i pochi privilegiati e l’altra per le masse brulicanti, siamo di fronte a qualcosa di antiamericano e di inaccettabile».

C’è raduno e raduno…

Esattamente nello stesso fine settimana della festa “epica” per i 60 anni di Obama, si svolgeva il noto raduno annuale di motociclette a Sturgis, in South Dakota. Evento per il quale il dott. Antony Fauci ha espresso forte preoccupazione riguardo un’altra possibile ondata di contagi. «Potrai sempre partecipare in futuro, ma teniamo sotto controllo la pandemia prima di iniziare a comportarci come se nulla stesse accadendo. Sta succedendo qualcosa di brutto. Dobbiamo rendercene conto», queste le sue parole. L’omissione di Fauci al chiacchieratissimo mega party di Obama potrebbe anche essere non intenzionale, sta di fatto che fa riemergere puntualmente una differenza di trattamento già vissuta nel recente passato e di cui gli americani sembrano stanchi: le affollate proteste targate BLM o i grandi Pride LGBTQ sono esentati da qualsiasi critica legata alla pandemia. Le incongruenze sembrano seguire uno schema preciso: quando per l’evento simpatizza il bel mondo liberal, non vi è nessuna preoccupazione per la diffusione del Covid, quando invece l’evento si rivolge ad un pubblico più conservatore, si aprono dibattiti infiniti.

Salvare la “Festa dell’Unità”

Se ci spostiamo nel nostro Paese la musica non cambia. Anzi. Se il decreto-legge n.105 del 23 luglio ha stabilito il Green pass obbligatorio per accedere a «sagre e fiere», «convegni e congressi», sta suscitando non poco scalpore la nota del Viminale del 9 agosto (subito ribattezzata “salva Pd”) che ha permesso che alla Festa dell’Unità di Bologna si possa entrare senza passaporto verde. Ora, al di là delle battute che piovono in rete a motivo delle “inconguenze mirate” (si va dal «Dev’essere un virus molto “politico”», all’orwelliano «Come sempre alcuni sono più uguali degli altri»; dal caustico «E chi ci andrebbe sennò? Già vanno deserte regolarmente», fino al «Ma se faccio la tessera del PD, vale anche come Green pass?»), uno strabismo di questo tipo non può che avere ricadute anche sullo scetticismo che accompagna le misure anti-pandemia. Che si tratti di affollate feste americane di vip o di raduni di partito nostrani, il rischio è l’eterogenesi dei fini. O il Covid-19 è un problema serio (sempre), o non lo è.


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