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Domenica di Pasqua – Irrompe il Suo Corpo
NEWS 17 Aprile 2022    di don Alessandro Galeotti

Domenica di Pasqua – Irrompe il Suo Corpo

Commento al Vangelo Lc 24, 1-12

Il brano di vangelo che la liturgia ci offre, ci accompagna nell’interrogativo, più che nelle certezze scontate ed è affollato di persone perplesse, basite, alla fine stupite. Ma Lui, il Protagonista, non c’è.

Come non ci fu per le donne e per i primi quel mattino presto, il mattino del “giorno uno”, il mattino della nuova creazione, il mattino della prima domenica della storia. E che non ci fosse, tutto glielo gridava in faccia: il posto dove Lo avevano lasciato, i misteriosi personaggi dell’altro mondo che riempivano di timore (come sempre in san Luca l’irruzione del cielo in terra), i loro ricordi che diventavano dei monumenti funebri: tutto attestava un’assenza.

E dall’assenza può nascere – al limite – una convinzione, fondata su ricordi, emozioni, parole udite. E questo le donne si limitano a raccontare agli Undici e agli altri. Nulla di più. Ma una convinzione è sterile: non cambia la vita e non contagia.

Mancava il corpo. Il Suo Corpo. Per quanto tutte le loro facoltà fossero sollecitate, loro avevano bisogno di Lui: del Suo abbraccio, del Suo sguardo, della Sua presenza. Nella carne siamo feriti, nella carne siamo raggiunti da una Carne che ci sana. Se anche la logica di una tomba vuota, se personaggi ultraterreni irrompono nella nostra vita o se ricordi fanno ribollire il nostro cuore, noi siamo carne, corpo. E di carne, di corpo abbiamo bisogno.

Noi ci mettiamo alla scuola di san Pietro e san Giovanni, non anticipiamo risposte o certezze, non muoviamo da convinzioni. Partiamo dal nostro sbigottimento: siamo stati visitati dalla morte e ci ritroviamo con le nostre vite vuote. Ma insieme con i primi, dobbiamo constatare che qualcosa di nuovo è accaduto, oltre la loro e la nostra incredulità. Non ci resta che rimanere col cuore aperto allo stupore.

La fede non nascerà dalle nostre convinzioni, che non persuadono nessuno, forse nemmeno noi, fino in fondo. La fede sgorga dal dono della Sua presenza, della Sua carne. Del Suo corpo, sangue, anima e divinità nel Sacramento dell’Eucaristia. La nostra salvezza scaturisce non dalla Sua assenza, ma dalla sorpresa della Sua inattesa presenza, non dal riecheggiare nel ricordo delle Sue parole, ma dal Memoriale della Parola che si fa Presenza, Carne toccabile, Sacramento del «mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).

A quel dono supremo arriveremo lasciandoci meravigliare, non dando per scontato il finale, non cominciando le celebrazioni pasquali come la necessaria ripetizione di eventi passati, ma come esigenza che chiede, come fecero san Pietro e san Giovanni. Nel Suo vero Corpo riscopriamo il valore del nostro corpo, la grandezza della nostra carne, che ha un destino eterno. “Credo la risurrezione della carne”, abbiamo imparato a dire fin da piccoli. E il demonio proprio questo detesta in noi: che Dio abbia tanto amato una creatura carnale: perciò ci insinua il disprezzo del corpo, la sua svalutazione, il suo sfruttamento, l’annientamento del corpo che soffre e della carne dei defunti. Cristo invece salva tutto di noi. Un giorno ritroveremo i nostri cari e li riabbracceremo con il loro corpo.

I primi cercavano il corpo del Signore, e da quel Corpo risuscitato dal Padre hanno avuto il dono della fede. Ma quel Corpo sacramentalmente raggiunge anche noi e nutre carnalmente i nostri corpi, per l’eternità. «“Che cosa ti offre la fede?” “La vita eterna”» (dal Rito del Battesimo).


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