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«Dopo il Concilio, Giovanni Paolo II richiamò i cattolici alla devozione a Maria»
NEWS 8 Dicembre 2023    di Samuele Pinna

«Dopo il Concilio, Giovanni Paolo II richiamò i cattolici alla devozione a Maria»

Da un’idea di don Samuele Pinna ha preso vita “Dietro le quinte”, una rubrica senza periodicità che vuole incontrare quei personaggi importanti che lavorano per il bene e non sempre appaiono in prima fila, ma appunto sono spesso “dietro le quinte”. Dopo le prime due puntate – centrate sul nuovo Vicario episcopale per la zona pastorale di Milano, monsignor Giuseppe Vegezzi, e sulla moglie di Bud Spencer, in questa terza c’è un dialogo con il cardinale Angelo Comastri

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Ci sono degli uomini eccezionali che, considerandosi evangelicamente “piccoli”, hanno speso la loro intera esistenza a servizio per conto terzi. È il caso del cardinal Angelo Comastri, il quale non solo in quanto vescovo ha impegnato la propria vita come risposta alla chiamata di Dio, ma ha anche lavorato dietro le quinte per far meglio operare i Sommi Pontefici di cui è stato collaboratore in veste di Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano (e sono stati ben tre: san Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco).

Incontrandolo, si intravvede nel Porporato soranese un nonsoché di mistica pacificazione e una profondità di pensiero che incanta. Nonostante lo sia, Sua Eminenza – secondo l’adagio di Bernardo di Chartres – non si sente al pari dei giganti che ha conosciuto, ma un nano ben piazzato sulle loro spalle. Il segreto di tanta umiltà – pare a me – sta tutto nell’obbedienza a Cristo, nella devozione alla Madonna, nella conoscenza di uomini e donne canonizzati dalla Chiesa. Forse, la sua amicizia con i Santi in carne e ossa visti dal vero ha forgiato la sua personalità tanto spirituale quanto concreta: basta a questo punto menzionare il suo legame con Madre Teresa di Calcutta (vedi qui) e lo stretto rapporto con papa Wojtyła.

Durante il tempo faticoso e a tratti drammatico della pandemia il cardinal Comastri ha avuto il merito di aver proposto a chiunque di alzare lo sguardo dalla terra segnata dal dolore al Cielo, nella ricerca di una fiduciosa protezione: «Cosa potevo fare per dare speranza?», si chiese e ci spiega, «Nel mio piccolo, ho creduto opportuno affidare l’umanità intera all’intercessione della Mamma celeste e ho quindi voluto recitare tutte le sere il Santo Rosario nella Basilica vaticana». Il gesto fu assai gradito ai milioni di persone che con puntualità si sintonizzavano per la preghiera. Sono di conseguenza sospinto a riprendere tra le mani l’intervista fatta a suo tempo al Presule dalla voce pastosa e dallo sguardo limpido (l’integrale si trova nel mio volume L’anima di Alberto Sordi, a cura di Federica Favero, Àncora 2023, pp. 159-169).

Riscopro come l’amore per Maria abbia origini evangeliche, perché mi vien rammentato dal Principe della Chiesa che il primo devoto della Vergine è l’arcangelo Gabriele, portatore del lieto annunzio dell’Incarnazione, seguito subito da sant’Elisabetta, la quale esulta nello Spirito quando incontra la cugina in dolce attesa venuta a visitarla. L’Arcivescovo puntualizza: «Non si venga allora a dire – come talvolta accade – che la devozione mariana è nata dopo tanti secoli, per una specie di infatuazione mariana della Chiesa Cattolica. No, questo non è vero! La devozione verso Maria è registrata nel Vangelo, è nata con il Vangelo, esce fuori dalle pieghe stesse del Vangelo ed è conseguenza inevitabile del ruolo al quale Maria è stata chiamata da Dio. Provate a pensare: nel grembo di Maria è avvenuto il fatto più importante di tutta la storia: il Figlio di Dio si è fatto uomo e ha preso da Maria il Suo Corpo e il Suo Sangue. Ci rendiamo conto di quanto Maria sia coinvolta nell’Opera della Salvezza? Ecco perché la devozione alla Madonna è doverosa e irrinunciabile!».

Tale amore per la Madre di Dio era condiviso dal santo Papa polacco: «Giovanni Paolo II – mi vien confidatoha avuto il coraggio di affrontare “l’inverno mariano”, che caratterizzò la prima fase post-conciliare. Egli ripropose con forza e con convinzione la devozione a Maria: una devozione che è parte irrinunciabile dell’Evangelo, cioè dell’opera di salvezza così come è stata e viene compiuta da Dio in Cristo Gesù: “Il 13 maggio 1981 – sono sue parole – mentre una mano assassina sparava per uccidermi, io ho sentito una mano materna che fermava il Papa sulla soglia della morte”. E il 24 febbraio 2005, dopo l’intervento di tracheotomia che lo privò della voce, scrisse su un foglio: “Che cosa mi avete fatto! Ma… Totus tuus, Maria”». Rifletto e mi dico sulla scorta di quanto dichiarò san Luigi Grignion de Monfort: Ad Jesum per Mariam, Maria ci porta a Gesù: «Fino alla fine Giovanni Paolo II – ci riferisce chi gli è stato vicino fino all’ultimo – si è lasciato condurre da Maria nella via della fede, dell’abbandono, del dono totale di se stesso. È un Santo! E oggi la Chiesa ha tanto bisogno di nuovi santi».

L’insegnamento lasciato in eredità da Giovanni Paolo II è immenso, oltre che decisivo. Interrogo l’allora Vicario di Sua Santità di parlarmi di almeno un aspetto vitale dei temi affrontati nel suo lungo pontificato: «Egli ha avuto il coraggio di difendere la famiglia, che è un progetto di Dio scritto a chiare note nel libro della vita: ha difeso questa istituzione mentre si stava diffondendo confusione e pubblica aggressione verso la famiglia, nel tentativo folle di scrivere una anti-genesi, un controprogetto del Creatore».

Per il Porporato non ci sono dubbi di sorta: «La famiglia è un bene che appartiene a tutta l’umanità. E, fin da quando è iniziata la storia, la famiglia è stata sempre riconosciuta come la culla dove sboccia la vita da un padre e da una madre uniti da uno stabile e fedele amore. Del resto, anche chi non crede deve riconoscere che nel libro della vita c’è chiaramente scritto che la vita umana deve nascere da un padre e da una madre: la cellula umana, infatti, contiene 46 cromosomi, 23 provenienti dalla mamma e 23 provenienti dal papà. Questo è un fatto indiscutibile e immodificabile. Così come è immodificabile il fatto che bisogna mangiare ingoiando il cibo attraverso la bocca e non attraverso gli orecchi. È evidente! Pertanto, chi vuole sconvolgere il libro della vita è uno stolto: è malato di pericolosissima presunzione con conseguenze inimmaginabili».

Lo stesso Giovanni Paolo II ha imparato nel seno della sua famiglia la forza della contemplazione: «tra i momenti più belli della sua vita – illustra il Cardinale – ricordava la notte nella quale scoprì il padre a pregare in ginocchio accanto al suo letto. Da Papa confidò: “La preghiera di mio padre è stata ed è per me una sorgente di forza e di fiducia”». Altri aneddoti vengono narrati come solo Sua Eminenza sa fare, ossia con quell’intimo coinvolgimento quasi palpabile: «Desidero fare innanzitutto notare che i Santi (che sono i veri modelli di vita) affondano le radici negli esempi ricevuti in famiglia. San Giovanni Bosco, è rimasto precocemente orfano di padre. Ma ebbe una mamma straordinaria che supplì alla mancanza del padre e preparò il figlio alla grande missione di educatore di giovani. Don Bosco non si stancava di dire: “Dopo Dio, debbo tutto alla Madonna e alla mia Mamma!”. Come sono belle queste parole! Eppure, oggi, quanti figli possono ripeterle? Santa Teresa di Lisieux nel primo quaderno dei suoi ricordi scrive: “Sono nata in una Terra Santa: la Terra Santa erano i miei genitori”. Le radici della vita dei figli affondano sempre nella famiglia. Ricordatelo!».

Il Presule non si arresta e annovera altri episodi di vita vissuta: «San Pio X, quando fu nominato cardinale da papa Leone XIII, volle visitare la mamma che era inferma. Baciò l’anello della madre e disse: “Mamma, io non porterei l’anello del Vescovo, se tu prima non avessi portato con dignità e fedeltà il tuo anello di sposa”. Parole sacrosante. E vere anche oggi. San Giovanni XXIII dichiarò con tanta sincerità: “Eravamo tanto poveri, ma come era bella la mia famiglia: era piena di Dio”. Se ogni figlio potesse dire così, il mondo sarebbe molto diverso e i figli avrebbero il cuore pieno di gioia!». Dopo una pausa è citata la Santa che Comastri conobbe in profondità: «Madre Teresa di Calcutta affermò: “Non ci sarebbe mai stata Madre Teresa di Calcutta senza l’esempio dei miei genitori”».

Non solo la famiglia è stata difesa da Giovanni Paolo II, tanto da immolarsi per essa – come disse alla preghiera dell’Angelus, il 29 maggio 1994, dove offriva la sua sofferenza a difesa delle minacce all’istituzione familiare aggredita –, ma anche la pace. Il mio Egregio interlocutore precisa: «Egli ha avuto il coraggio di difendere la pace, mentre soffiavano cupi venti di guerra. Nel 1991 e nel 2003 tentò con tutte le sue forze di impedire le due guerre del Golfo: non fu ascoltato, ma non si stancò di gridare: “Pace!”. Il 16 marzo 2003, in un estremo tentativo di bloccare la macchina della guerra, si permise di dire: “Io so che cos’è la guerra! Io devo dire a costoro: la guerra non risolve i problemi, ma li moltiplica”. Parole sante, parole vere, parole attuali, parole non ascoltate! Se le avessero ascoltate oggi il Medio Oriente non sarebbe un focolaio di guerre».

È la salvaguardia incondizionata della vita e di quei valori non negoziabili che non deve mai essere taciuta: «La passione per la difesa della vita umana – mi si ricorda – divenne per esempio un autentico urlo nella Valle dei Templi, presso Agrigento. Il Papa Giovanni Paolo II, attraversato da un fremito degno di Amos o Isaia, aveva gridato il suo disappunto». Conviene riascoltare quelle parole pronunciate con un pathos più che incisivo: «Dio ha detto una volta: non uccidere! Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi aggregazione, qualsiasi mafia, non può cambiare o calpestare questo diritto santissimo di Dio». E ancora: «Qui ci vuole la civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo crocifisso e risorto [e con gli occhi indicò il Crocifisso che stringeva tra le mani!], nel nome di questo Cristo che è via, verità e vita, io dico ai responsabili: “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”». Il Cardinale glossa: «Quale fede, quale forza, quale eroismo si nascondeva dietro queste parole: era l’eroismo di un Santo! Ma la fede coraggiosa di Giovanni Paolo II non si è fermata qui».

Domando lumi rispetto a un pontificato senz’altro privo di paura nell’andare contro i luoghi comuni e volto a consegnare alle nuove generazioni una speranza diversa da quella del mondo: «Sì! Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di andare incontro ai giovani per liberarli dalla cultura del vuoto e dell’effimero e per invitarli ad accogliere Cristo, unica luce della vita e unico capace di dare pienezza di gioia al cuore umano. I giovani di tutto il mondo hanno riconosciuto in Giovanni Paolo II un padre vero, una guida autentica, un educatore leale. Chi può dimenticare l’abbraccio tra il Papa e un giovane che, durante la Veglia a Tor Vergata, superati tutti i cordoni di sicurezza, corse verso il Papa per dirgli semplicemente: “Grazie! Ti voglio bene!”. È una scena che è entrata nel cuore e nella storia. Ero presente e mi commossi… fino alle lacrime!».

Il Pontefice magno è stato un esempio per tutti, essendo stato in grado di toccare le corde del cuore di ogni uomo di buona volontà, appartenente o meno alla Chiesa. È stato un faro che ha riproposto le verità eterne con un linguaggio nuovo, mostrando che solo nel donarsi è possibile trovare il senso della propria esistenza, nonostante possano esserci ostacoli e per qualcuno anche dei fallimenti. È sottolineato dal cardinal Comastri come Giovanni Paolo II, nella difficile stagione della crisi di vocazioni sacerdotali, «abbia avuto il coraggio di vivere davanti al mondo la gioia di essere prete, la gioia di appartenere a Cristo e di spendersi totalmente per la causa del Suo Regno. Un ex-sacerdote, che si era ridotto a vivere come un barbone, venne accompagnato da un confratello amico a una udienza del Papa nella Sala Clementina. Il Papa fu informato di quella singolare presenza e, terminata l’udienza, chiese di incontrare l’ex-sacerdote. Che cosa accadde? Il Papa si inginocchiò e chiese di confessarsi per risvegliare nel cuore del sacerdote la consapevolezza della grandezza del sacerdozio. Salutandolo, gli disse: “Vedi quanto è grande il sacerdozio! Non infangarlo!”. Abbondanti lacrime rigarono il volto del sacerdote al quale Giovanni Paolo II disse salutandolo: “Ricordati che un sacerdote non potrà mai essere ex-sacerdote”. Parole e gesti degni di un Santo».

Vorrei ancora approfondire la figura di questo Santo, anzi Santissimo Padre, ma tempus fugit. Non riesco a tacitarmi del tutto e domando a bruciapelo come sintetizzare un’esistenza del genere. La riposta arriva pronta e piena d’afflato: «La vita di Giovanni Paolo II è stata una continua obbedienza al Vangelo di Gesù: per questo l’abbiamo amato! Abbiamo riconosciuto nella sua vita il Vangelo di sempre: il Vangelo che ha dato luce e speranza a generazioni e generazioni di cristiani!». Saluto Sua Eminenza con trasporto e sono pronto a lasciare l’Urbe per tornare al Nord, ma penso e ripenso – e mi convinco –, dopo la nostra garbata conversazione, come il cardinal Angelo Comastri sia anch’egli un gigante tra i giganti dei quali ha potuto godere un poco di compagnia (Fonte foto: Imagoeconomica/Screenshot YouTube)

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