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I Draghi volano in cielo, in terra e in ogni luogo. Noi stiamo con i piedi per terra
NEWS 7 Febbraio 2021    di Lorenzo Bertocchi

I Draghi volano in cielo, in terra e in ogni luogo. Noi stiamo con i piedi per terra

Ci piacerebbe votare, ma siccome al Presidente della Repubblica italiana la cosa pare proprio non essere gradita, siamo tutti qui con il naso in su a veder volare i Draghi in cielo. E in terra. E in ogni luogo.

L’ex presidente della Banca centrale europea, uomo «competente» e di «alto profilo», come in questi giorni hanno imparato anche i bambini all’asilo, è annunciato come il messia per salvare l’Italia. Sarà governo tecnico o tecnico-politico, di certo il governo Draghi nasce con le insegne dei «migliori». Ci sono più o meno tutti su questo carro, da destra a sinistra, con molti distinguo, con più o meno ampio utilizzo di turiferari.

Che il periodo storico sia difficile è cosa ovvia, che il governo Conte-bis non fosse proprio il migliore del mondo lo si era capito, ma l’utilizzo smodato di incenso nei confronti dei Draghi che volano in cielo e in terra e in ogni luogo ce lo saremmo risparmiato. Tuttavia Draghi, visto che comunque non si vota, ha almeno il pregio di essere l’unica pragmatica alternativa al nulla.

Il pensiero però va immediatamente ai tanti che per anni ci hanno raccontato del Draghi espressione del Potere, espressione di quell’Europa di cui molti rilevano la rigidità teutonica. Draghi è l’uomo che ha salvato l’Euro con il suo mitico «whatever it takes» che non solo è un tormentone, ma per molti è quasi una orazione mentale. Altri ricordavano insistentemente il ruolo di Draghi nel processo di privatizzazioni anni Novanta che ha deturpato la fisionomia economica e industriale dell’Italia (dove sono quelli che giustamente citavano un discorso che Draghi avrebbe tenuto sul panfilo della famiglia reale inglese, il Britannia, nel 1992?).

Forse quelli che per anni ci hanno raccontato quel Mario Draghi, e che in gran parte ci hanno convinto, oggi sono persuasi di una sua conversione, con l’abbandono dei dogmi dell’austerità di bilancio e di riforme liberal. Staremo a vedere. Di certo il salvatore è chiamato, lo ripetono tutti come un mantra, a gestire con «competenza» il famoso Recovery plan europeo, il quale, ricordiamolo, è un bel contributo, ma non la manna celeste. Si tratta di 209 miliardi di euro, di cui 127 in prestiti e 82 a fondo perduto. Per i prestiti ricordiamo ai distratti che vanno resi, quindi in questo caso l’unico vantaggio sarà nel risparmio che eventualmente si può spuntare nel prenderli a prestito dall’Ue anziché da altri prestatori (qualcuno ha calcolato un risparmio che si potrebbe aggirare in appena 3 miliardi in 6 anni). Per gli 82 miliardi a fondo perduto si tratta di soldi che verranno dati a fronte di coperture, cioè, o nuove tasse introdotte in Europa, oppure attraverso una contribuzione all’Ue da parte degli Stati membri. A questo proposito, ricordiamo sempre che l’Italia è già un contributore netto dell’Ue, vale a dire paga di più di quello che riceve. Inoltre c’è la questione di merito su come verranno spesi questi soldi (vedi le famose condizionalità europee, tra cui la «parità di genere» come chiave di volta), e l’indicazione prevalente è quella di mettere i denari per il «green new deal», il cambio di paradigma economico in salsa verde che sarà anche importante, ma a noi piacerebbe spendere qualcosa in più su industria, infrastrutture, sanità, scuola e lavoro. Tutto questo ci fa dire che se il Recovery plan è il motivo ultimo e definitivo per la calata del messia Draghi allora abbiamo molti dubbi e speriamo che lo stesso Draghi, se farà il governo, muova anche altre leve per far ripartire l’Italia.

Peraltro l’ex presidente della Banca centrale europea, con un curriculum mostruoso, da Goldman Sachs a governatore della Banca d’Italia, difficilmente metterà sul tavolo una ridiscussione dei trattati e delle regole di questa Ue. L’autore della lettera denominata proprio Draghi-Trichet, quella che nel 2011 fu recapitata sul tavolo del governo Berlusconi, si è forse convertito sulla via di Damasco? Oppure proseguirà l’attuazione di quel programma che ha fatto strillare tanti politici ed esperti che oggi incensano il nuovo messia?

Poniamo domande, in attesa di capire cosa accadrà. Di certo restiamo fuori dal coro degli incensatori e vediamo l’ombra di uno strappo ulteriore alla vita democratica italiana, ammesso che la nostra democrazia sia davvero ciò che dice di essere. In ultimo, ma non per ultimo, ricordiamo ciò che Giovanni Paolo II scrisse nell’enciclica Centesimus annus: «se non esiste nessuna verità ultima che guida l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».


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