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Giovanni Paolo II non fu un Amerikano
NEWS 28 Ottobre 2021    di Matteo Matzuzzi

Giovanni Paolo II non fu un Amerikano

Per gentile concessione pubblichiamo un breve stralcio del libro di Matteo Matzuzzi, Il santo realismo, Luiss University press, pp. 162, € 16,00

Gli anni Ottanta furono terreno fertile per la ricerca di un legame sempre più stretto tra Washington e Roma: erano nati i cosiddetti “cattolici reaganiani”, democratici che votavano repubblicano in quanto sostenitori della svolta conservatrice in seno al cattolicesimo americano fin lì dominato, come si vedrà nei prossimi capitoli, da un’agenda prevalentemente progressista.

Furono gli anni d’oro della vasta schiera di intellettuali americani neocon, tra cui va ricordato Michael Novak, che nel 1982 diede alle stampe The Spirit of Democratic Capitalism in cui si chiedeva perché non fosse possibile per la Chiesa cattolica trarre insegnamenti dell’America. Era la proposta, esplicita e chiara, di un abbraccio tra Roma e Washington all’insegna dei nuovi valori, quelli ormai affermatisi di pari passo con la crescita della globalizzazione e la crisi del modello socialista. Novak proponeva un’American way of life per il cattolicesimo universale. Il primato è assegnato alla libertà religiosa, per la cui affermazione doveva essere messo in campo ogni sforzo, e questo è un terreno sul quale Wojtyła, polacco che aveva sperimentato sulla propria pelle i limiti all’esercizio di tale sacra libertà, consoliderà l’alleanza con gli Stati Uniti.

Un’alleanza che però non è mai stata totale, di ferro. Anzi. Già con l’enciclica Centesimus annus (1991) iniziarono a mostrarsi le prime crepe: al turbocapitalismo dei neoconservatori americani, Giovanni Paolo II opponeva un modello in cui lo Stato manteneva “il compito di sovraintendere al bene comune di fronte al nuovo e non di rado violento processo di industrializzazione”. Il Papa – che denunciava i rischi che comportava “l’ideologia del mercato” – ribadiva l’importanza della dottrina sociale della Chiesa, un modello simile al Welfare state che non poteva collimare con i desiderata dell’ala che più premeva sull’affermazione del dogma liberista. (…)

La crisi vera si ebbe dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e, ancora di più, con la guerra irachena del 2003. Su questo fatto si manifesterà la spaccatura tra il Papa e la destra americana, favorevole al conflitto e ispiratrice nei suoi esponenti di punta neocon dell’Amministrazione guidata da George W. Bush. Quando pareva ormai imminente l’inizio delle ostilità, dopo che all’Onu l’allora segretario di Stato Colin Powell sostenne di aver trovato “la pistola fumante”, ossia di avere le prove che il regime di Saddam Hussein fosse in possesso di armi batteriologiche, Giovanni Paolo II intervenne di persona. E lo fece pubblicamente, dalla finestra del Palazzo Apostolico, in occasione dell’Angelus del 16 marzo 2003. (…)

Per la Santa Sede una guerra in Iraq, per di più l’ennesima dopo la “Prima Guerra del Golfo” che Giovanni Paolo II aveva già avuto modo di criticare, avrebbe provocato solo danni. Innanzitutto, a rimetterci – come poi si è visto – sarebbero state le popolazioni cristiane, da tempo immemore presenti in quella terra e componente essenziale del tessuto sociale iracheno. Il ragionamento della diplomazia vaticana era lineare: Saddam Hussein, non certo un presidente illuminato, manteneva comunque in equilibrio le varie realtà etniche e religiose presenti in Iraq (…)

L’azione diplomatica messa in campo dall’anziano e malato Giovanni Paolo II naufragò e l’intervento in Iraq si realizzò come previsto. Fu questo il momento più delicato nei rapporti, lunghi e complessi, del pontificato di Wojtyła con gli Stati Uniti. Una conclusione che aiuta anche a formulare un giudizio, per quanto possibile, sul fatto che è errato definire il Papa polacco il primo Papa “americano” della storia, come talvolta si è tentati di affermare sbrigativamente. È vero, e lo si è visto bene, che sotto Giovanni Paolo II un’intesa proficua fu stabilita, ma non vi fu mai una piena aderenza ai princìpi e valori portati avanti dall’agenda statunitense, se si eccettua il fronte meramente “morale” legato alle battaglie pro life che furono assai sostenute dal Pontefice anche con parecchie nomine di pastori per così dire battaglieri e profondamente avversi ai principi liberal. La grande differenza, però, è che Wojtyła negava con forza la prospettiva che una volta crollato il Muro e raccolte le macerie dell’Impero sovietico, gli Stati Uniti potessero essere considerati come l’unica potenza egemone sulla faccia della Terra. (..)


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