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Harry Potter diventa woke
NEWS 13 Settembre 2024    di Giuliano Guzzo

Harry Potter diventa woke

«Siamo impegnati a garantire un casting inclusivo e diversificato. Per ogni ruolo si prega di proporre interpreti qualificati, senza riguardo a etnia, sesso, disabilità, razza, orientamento sessuale, identità di genere o qualsiasi altra caratteristica protetta dalla legge». Recita così, secondo quanto confermato da più fonti, il bando per il casting per la nuova serie tv su Harry Potter, inaugurato martedì e aperto fino a fine ottobre. Sono parole che hanno attirato subito l’attenzione dei media e che lasciano pensare che la nuova serie sui popolari romanzi di J.K. Rowling – che sarà realizzata dalla rete americana HBO, con l’inizio delle riprese fissato per aprile 2025 – possa tramutarsi in un ennesimo omaggio al politicamente corretto.

Per il momento, ad arginare la possibilità che, «con il casting inclusivo e diversificato», pure Harry Potter diventi “fluido” (come ipotizzato dal quotidiano Libero) c’è tuttavia un elemento: il diretto coinvolgimento, come produttrice esecutiva della serie, della stessa J.K. Rowling, scrittrice che – come anche sul sito del Timone non abbiamo mancato di segnalare – da tempo si è ritagliata un ruolo internazionale di avversaria delle rivendicazioni transgender. Non solo. Secondo quanto pare abbia dichiarato la stessa J.K. Rowling, i cambiamenti saranno saranno lucidi e mirati, senza pertanto stravolgere in modo esagerato l’essenza della storia da lei creata. Staremo a vedere.

Per quanto si sa ora, i soli requisiti fissati per il nuovo casting riguardano età e nazionalità: per trovare i sostituiti di Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint – che ai tempi del primo Harry Potter, avevano rispettivamente 11, 10 e 12 anni – si cercano infatti bambini e bambine tra i 9 e gli 11 anni, residenti nel Regno Unito e in Irlanda. Quindi in linea teorica, un Harry Potter di colore o un’Hermione dai tratti asiatici, per fare due esempi (e neppure dei più rivoluzionari) paiono senza dubbio possibili; viceversa l’ipotesi di un maghetto arcobaleno, per così dire, con la presenza della J.K. Rowling nel progetto risulta assai più remota. Ad ogni modo, sarà impossibile dire di più fino al 2026, anno di uscita della nuova serie in lavorazione.

Quel che appare certo per ora, riprendendo il bando richiamato in apertura, è che un po’ woke un Harry Potter «inclusivo e diversificato» non potrà non esserlo. Il che appare avvilente, anche perché – come si è notato sulle pagine della nostra rivista (qui per abbonarsi) – un sia pure flebile rinvio alla cristianità nel mondo potteriano c’era. Come aveva difatti scritto Mario Arturo Iannaccone, con un po’ «di sforzo si trova. Di fatto, il mondo di Harry Potter, che è il nostro mondo, è scristianizzato e dominato dalla magia. Aderisce intimamente a quel mondo magico la Rowling? Certamente no: la sua è fantasia, invenzione, come quella de Il signore degli anelli o Le cronache di Narnia».

Non solo. Anche la stessa Rowling – anche anni prima di diventare, com’è oggi, la nemica numero uno di molti attivisti Lgbt – si era distinta con prese di posizioni nette, respingendo per esempio con fermezza le accuse di diffondere occultismo, satanismo e stregoneria attraverso le avventure di Harry Potter; in un’intervista del 2003 con la giornalista Katie Couric aveva infatti detto: «Non credo assolutamente nell’occulto, non lo pratico… Ho incontrato letteralmente migliaia di bambini ormai. Nessuno di loro mi ha detto: “Mi hai davvero introdotto all’occulto”, non uno di loro».

Ora, senza qui avventurarci in chissà che rivalutazioni cristiane di Harry Potter – tentativi peraltro criticati dall’Associazione Internazionale Esorcisti -, possiamo tuttavia dire che, se quanto finora era uscito dalla penna di J.K. Rowling poteva almeno prestarsi ad un dibattito con chi ne apprezzava (e ne apprezza) degli spunti ritenuti positivi, in una nuova serie che, a partire da esso, fosse realizzata in ossequio ai nuovi dettami woke – come lascia intendere il nuovo casting «inclusivo e diversificato» – beh, da salvare molto probabilmente non ci sarebbe nulla; e l’unica cosa certa rimarrebbe quella d’una triste operazione commerciale. Nulla più. (Foto: Pexels.com)

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