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«I nuovi barbari? Sono gli intellò progressisti. Ratzinger intuì il disastro di oggi»
NEWS 20 Gennaio 2023    di Manuela Antonacci

«I nuovi barbari? Sono gli intellò progressisti. Ratzinger intuì il disastro di oggi»

I Nuovi barbari di Giulio Meotti. La rieducazione culturale dell’Occidente nelle sue molteplici forme persecutorie, nell’ultima fatica del giornalista del Foglio Un Occidente reo del semplice fatto di esistere, il genere separato dal sesso biologico, l’immigrazionismo dei porti aperti e permessi di soggiorno per tutti, il cristianesimo come fastidioso retaggio da eliminare, la massificazione culturale, sono solo alcuni dei topos della narrativa progressista che vengono passati in rassegna dal giornalista Giulio Meotti nella sua ultima fatica I Nuovi Barbari. In Occidente è vietato pensare e parlare? (Edizioni Lindau).

Meotti, giornalista del Foglio dal 2003 ha scritto per il Wall Street Journal e il Jerusalem Post. É anche una apprezzata firma del mensile cartaceo Il Timone. Ha all’attivo diverse pubblicazioni, fra cui Non smetteremo di danzare (Premio Capalbio), Hanno ucciso Charlie Hebdo, La fine dell’Europa (Premio Capri), L’Europa senza ebrei, Il suicidio della cultura occidentale e Ippocrate è morto ad Auschwitz, tutti per Lindau edizioni. Chi sono i “nuovi barbari” e quali forme assuma la nuova dittatura del pensiero, argomenti di cui si occupa nella sua ultima fatica letteraria, è ciò su cui si sofferma anche, nell’intervista rilasciata al Timone.

Dottor Meotti, com’è nata l’idea di questo nuovo libro? «È nata tenendo traccia di quello che è successo negli ultimi due o tre anni, in cui abbiamo assistito ad un’accelerazione rispetto al classico politicamente corretto che si basava sull’idea di storpiare le parole per essere “inclusivi”, un certo perbenismo nei confronti di una sensibilità che viene dall’America. Negli ultimi due anni, tuttavia, abbiamo visto molto di più: abbattimenti di statue, guerre al linguaggio, riscrittura dei romanzi, cambiamenti dei titoli, opere musicali modificate, anche di autori classici come Mozart, Beethoven per essere “antirazzisti”».

Chi sono, quindi, i “nuovi barbari”? «I nuovi barbari sono persone molto eleganti, non hanno l’anello al naso, sono “inclusivi”, progressisti, benpensanti, sono nelle università, nei giornali, sono nelle Omg, nei Parlamenti. Sono, insomma, tutti i coloro che ritengono che l’occidente giudaico-cristiano, ma anche di tradizione ellenica e illuministica classica, debba espiare un peccato originale che ritroviamo nei rapporti con il Terzo Mondo, sulla questione della schiavitù. Peccato originale che ritroviamo anche nella relazione con la sua tradizione cristiana, le sue origini, le sue radici. I Nuovi Barbari, dunque, sono tutti coloro che ritengono che dobbiamo portare avanti un’opera di “rieducazione” dell’opinione pubblica, che Pascal Bruckner sintetizzò in una formula perfetta “il singhiozzo dell’uomo bianco”. Questi sono i “nuovi barbari”: tutti i coloro che lavorano all’interno della società per smantellare l’occidente classico e lo fanno in una maniera molto seducente, perché non bruciano le opere, in stile Isis, ma sono il nostro milieu, il ceto pensante».

Com’è possibile che l’Occidente che ne è la patria culturale, oggi rimetta così tanto in discussione la libertà di pensiero? «Da una parte perché esercitano una forma di terrore intellettuale molto forte: lo vediamo nelle università anglosassoni che sono vent’anni avanti rispetto a noi, dove qualsiasi accademico o qualsiasi figura culturale importante, tutti coloro che hanno portato avanti un’istanza diversa, penso anche alle femministe classiche che combattono la cancellazione delle donne, sono stati terrorizzati. E non si tratta di un complotto o di una mitomania ma abbiamo decine, ormai, di casi di docenti licenziati, allontanati, sospesi, scrittori che hanno perso gli editori, giornalisti che hanno perso le testate, le proprie rubriche. Quindi, da una parte c’è una sorta di terrore intellettuale che vince sempre perché ha una capacità di serrare i ranghi, dall’altra, c’è una forma di conformismo, ormai, nella cultura occidentale, spaventoso, per cui ci si adagia per il quieto vivere, per la carriera. Per cui, di fronte al terrore, il conformismo agisce molto bene nello sciogliere le differenze. E poi c’è quella che Ratzinger aveva negli anni, ben compreso, ovvero una fortissima apostasia nei confronti della propria identità, per cui, questa “barbarie liquida”, agisce già su un fenomeno di erosione interna della cultura occidentale che in maniera prepotente, è molto presente».

Lei dice che c’è un tale livello di massificazione che non esiste nemmeno uno “scontro di civiltà”. Quanto la cancel culture ha contribuito alla standardizzazione della cultura? «La cancel culture è l’acido con cui la cultura occidentale si presenta a questo scontro di civiltà. Cioè chi sono, oggi, i nemici della cultura occidentale classica? Una parte del mondo islamico ce l’ha dimostrato in maniera più potente, poi c’è la Cina, ci sono grandi attori in gioco. Noi arriviamo a questo appuntamento con le difese immunitarie pesantemente indebolite, per cui la cancel culture è una forma di malattia al sistema immunitario: come se noi fossimo un malato che non ha più la capacità di reagire perché sta producendo lui stesso questa forma di assalto dall’interno».

C’è una rivisitazione del pensiero in una chiave di fluidità culturale? «Questa fluidità è fondamentale e non c’è bisogno di scomodare Bauman e la società liquida. Siamo di fronte alla cancellazione della differenza sessuale, della cancellazione della differenza tra culture e religioni, la cancellazione di una parte della memoria storica, con questo revisionismo forsennato, per cui si processa qualsiasi grande personaggio del passato: in Inghilterra sono arrivati a mettere in discussione Churchill in quanto colonialista, razzista ecc. Chiaramente la questione liquida è la questione fondamentale: non puoi omologare se sei ancora portatore di una forte identità, di una cultura forte e fiera di sé, per cui la cultura liquida è fondamentale proprio per una forma di colonizzazione all’interno del pensiero stesso occidentale».

Quello a cui stiamo assistendo – lei dice – è lo shock della non-civiltà. Quali possono esserne i rimedi? «I rimedi sono quelli che sappiamo benissimo: un programma ratzingeriano di riconquista delle proprie radici una riscoperta anche dalla parte laica, liberale, illuministica di quello che è il retaggio classico occidentale. Oggi è in discussione persino una virtù come lo scetticismo: lo vediamo in ambito scientifico dove è impossibile dissentire su una serie di argomenti, in primis sul gender che è il caso più emblematico. Ci sono scienziati sotto accusa perché dicono che il sesso è binario. Pensiamo allo stesso Richard Dawkins che è il grande papa dell’ateismo: l’American Humanist Association gli ha ritirato il premio “Umanista dell’anno”, perché lui è contrario all’identità di genere. Quindi i cristiani che non vogliono essere travolti da questa cancel culture di civiltà devono tornare alla chiarezza di quello che si è.

I cosiddetti liberali dovrebbero, invece, ricordare che anche la produzione illuministica è sotto accusa, penso ad esempio, in Francia, alla questione della libertà di espressione, bandiera di Voltaire ecc., oggi è fortemente minata dall’interno, da coloro che dicono che bisogna rinunciare alla libertà di espressione per non offendere le minoranze. Gli stessi liberali sono travolti da tutto questo, tant’è che in Francia c’è una forma di ribellione atea, laica, ci sono tante figure che non rientrano nella tradizione cristiana ma stanno conducendo una battaglia dall’interno del pensiero classico illuminista». (Foto: Collage Imagoeconomica/Copertina I nuovi barbari).

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