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Il caso in Trentino: la religione a scuola va bene solo se annacquata
NEWS 17 Novembre 2021    di Giulia Tanel

Il caso in Trentino: la religione a scuola va bene solo se annacquata

«Il diritto all’opzione dell’insegnamento religioso può essere esercitato in ogni momento dell’anno». A scrivere è il Garante dei Minori della Provincia autonoma di Trento, Fabio Biasi, in una lettera inviata qualche giorno fa a tutti i Dirigenti scolastici della Provincia, nonché al dirigente del Dipartimento istruzione, Roberto Ceccato. A supporto della sua argomentazione, il Garante cita anche una sentenza del Tar del Molise del 2012, peraltro confermata dal Consiglio di Stato.

A spingere il Garante a esporsi sul tema, una richiesta arrivata dalla Consulta dei genitori, nella persona del presidente Maurizio Freschi, il quale chiarisce le motivazioni alla base dell’azione messa in campo: «La richiesta di chiarimenti rivolta al Garante non mette in nessun modo in discussione l’autonomia di insegnamento, sulla quale spetta al dirigente vigilare in merito all’attinenza ai piani di studio, ma era semplicemente finalizzata a fare chiarezza sul diritto di esercitare un’opzione e sui casi, o le modalità, in cui tale diritto potesse essere esercitato nel rispetto dei singoli orientamenti confessionali». A seguire, l’attacco al Dipartimento provinciale dedicato, che, continua il rappresentante dei genitori, dà risposte che «si riducono a una valutazione “caso per caso” senza fare chiarezza sui reali diritti dei singoli».

Chiamato in causa, Ceccato ha replicato prontamente che anche il suo Dipartimento scriverà ai Dirigenti scolastici in quanto «la norma è quella, l’opzione si esercita a inizio anno. Dopodiché ci possono essere singole da valutare con buonsenso», a patto che la motivazione addotta «non sia che “l’insegnante non mi piace”». Anche perché, rileva il Dirigente, sullo sfondo c’è un problema organizzativo notevole, alla luce del fatto che «l’istituzione scolastica è tenuta ad offrire agli studenti che non si avvalgono dell’IRC quattro possibili opzioni di attività alternativa».

E che l’impostazione nelle scuole della Provincia Autonoma di Trento sia questa, lo si trova confermato su Vivoscuola – Il portale della scuola in Trentino, in una pagina aggiornata l’ultima volta il 28.04.2021: rispetto alla scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica (IRC), si legge, «si sceglie tra un Sì o un NO unicamenteall’inizio di ciascun ciclo scolastico. La scelta effettuata ha automaticamente valore per gli anni successivi. Può essere modificata su iniziativa della famiglia o dell’alunno entro la scadenza delle iscrizioni per l’anno scolastico successivo». E, più sotto, un ulteriore chiarimento: «Non è possibile modificare la scelta in corso d’anno scolastico, perché ciò contrasterebbe con il principio di curricolarità, e quindi di programmazione, apprendimento e valutazione dell’IRC». Come a dire: se ci si iscrive all’ora di religione, questa diventa una materia come tutte le altre, da frequentare e sulla quale si viene valutati.

Ad ogni modo, un’apertura al dialogo da parte del Dirigente Ceccato c’è stata, quindi la partita è di fatto ancora aperta e gli sviluppi non sono scontati.

Tuttavia il tema di fondo appare essere un altro, ed è di fatto specchio della cultura relativista in cui siamo immersi. L’indizio lo si trova sia nelle parole pronunciate da Freschi, precisamente nell’inciso «nel rispetto dei singoli orientamenti confessionali», sia nel caso messo in luce dal Garante per cui «un insegnante avrebbe dichiarato di voler trattare unicamente l’insegnamento della religione cattolica». Come a dire: l’insegnamento della religione va bene solo e quando si esclude quella ingombrante “C” che chiude l’acronimo, quel “cattolica” che connota troppo, in favore di una proposta annacquata, sbiadita, non troppo “spinta” nel proporre dei criteri per vivere in seno alla cultura cattolica che ha fatto la storia d’Italia e per dare una valutazione critica delle altre grandi religioni. Ma, così facendo, si dovrebbe porre definitivamente fine a un insegnamento che già da anni annaspa e pone seri interrogativi anche a coloro che credenti lo sono, e che magari si trovano costretti – questa volta per preservare il seme della fede nei figli – a esonerarli dalla frequenza dell’ora di religione.

(Fonte foto in evidenza)


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