Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo uno stralcio del libro a cura del Network associativo “Ditelo sui tetti” e Centro Studi Rosario Livatino, L’eutanasia non è la soluzione, Cantagalli-Tempi (pag. 54, € 5,00). Il libro pone “50 domande e risposte sul fine vita, per aver sempre cura della vita”
Cosa c’è dunque di sbagliato nell’eutanasia e nel suicido medicalmente assistito posti a carico del Servizio sanitario nazionale?
Eutanasia e suicidio medicalmente assistito portano un messaggio inequivocabile a un malato o a una persona fragile: «Tu non puoi più autodeterminarti e quindi la tua vita non vale più». Cicely Saunders, fondatrice degli hospice, la pensava così: «Se uno parlasse della necessità di introdurre per legge l’eutanasia soprattutto toglierebbe la terra sotto i piedi a un gran numero di persone vulnerabili, che molto facilmente penserebbero: “Ho il diritto di abbreviare la mia vita, e dunque ora ho il dovere di farlo, perché sono un peso per altri, e la mia vita come parte della società è ormai priva di valore”».
Ben diversi sono il messaggio e il giudizio cui si perviene, se si pensa che la vita in ogni sua circostanza, ancor più se attraversa un momento di fragilità, porta una domanda di significato che mai si spegne. Questo riconoscimento è alla base di ogni possibile convivenza sociale, di ogni assistenza, di ogni cura e di ogni morale. Se la vita tende sempre a qualcosa oltre sé, allora essa non è disponibile e nessuno ha diritto di porre fine alla propria o all’altrui vita, perché nessuno è padrone della vita. Questa è anche la prospettiva ribadita dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale che molto chiaramente afferma che «dall’art. 2 Cost. – non diversamente che dall’art. 2 Cedu [la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ndr] – discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire».
Ma l’uomo non ha diritto a morire con dignità?
Certo! Ma che cos’è la dignità? L’idea di dignità propagandata dai fautori dell’eutanasia e del suicidio assistito coincide – come si diceva – con l’efficienza fisica, l’indipendenza, l’assenza di dolore, ecc. Questo discende dall’aver assunto il dogma antropologico dell’autodeterminazione, dell’uomo misura di tutte le cose. Se, invece, si concepisce l’uomo come “mendicante di senso”, come ci dice il filosofo Dario Antiseri, la vera dignità è intrinseca all’essere umano in quanto umano: non dipende dalle condizioni o dalle circostanze in cui si trova. Altrimenti si arriverebbe a individuare dei criteri la cui presenza renderebbe automaticamente la vita non degna di essere vissuta, e di conseguenza la pressione sociale e la legge finirebbero per stabilire chi può vivere e chi deve morire. I più deboli verrebbero condizionati a sentirsi inutili e privi di dignità, e a togliersi di mezzo.
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