Il caso di Palombaro
Mons. Cordileone: «La Chiesa è il bersaglio delle ideologie marxiste anche oggi»
Il vescovo di San Francisco in un'intervista a The Pillar chiede di riconoscere e celebrare nel mondo i martiri del comunismo
14 Marzo 2024 - 12:30
Talvolta le premesse dei governi a stampo marxista possano trarre in inganno in termini di solidarietà e dignità umana, per questo l’arcivescovo fa un distinguo importante tra ciò che offrirebbe un governo di stampo marxista e ciò che invece può offrire la Chiesa: «[Per la Chiesa, ndr] le persone non esistono per il bene dello Stato, […] la loro intera identità non è legata all’identità dello Stato». L’economia di mercato «se è svincolata dai principi, diventa anche disumanizzante e finisce per essere la stessa cosa: le persone sono usate come mezzi per un fine. Facciamo tutto il possibile per ottenere un profitto». Cita poi l’esempio dell’aborto, di come sia diventato anch’esso «un’industria da miliardi di dollari».
Senza svilire il ruolo sociale dell’uomo l’arcivescovo di San Francisco afferma che siamo «esseri spirituali, oltre che fisici, ma siamo anche esseri sociali» e per questo «elaboriamo la nostra salvezza nel contesto della società e il posto di lavoro è uno dei luoghi privilegiati in cui possiamo usare i nostri talenti, le nostre capacità e il nostro duro lavoro non solo per guadagnare denaro per mantenere le nostre famiglie, ma anche per contribuire al bene comune».
Parlando poi dei martiri del comunismo, risponde che quello a cui si ritiene più devoto è «padre Walter Ciszek». Proseguendo poi con altri nomi virtuosi: «I von Galen, i cardinali Mindszenty, i Karol Wojtyła, sono sempre stati miei grandi eroi». Si è soffermato poi su don Anton Lull, un sacerdote albanese, di cui ha sentito la testimonianza nel 1996 quando Giovanni Paolo II convocò tutti i sacerdoti del mondo ordinati quell’anno per festeggiare il suo 50esimo anniversario di sacerdozio, «è stato ordinato nel ‘46, poco prima di Natale», racconta, «fu arrestato dal regime comunista in Albania e imprigionato. Ed è lì che ha trascorso il suo secondo Natale come sacerdote. E per i 20 anni successivi, è stato in confinamento solitario per la maggior parte del tempo».
Della storia forte che condivise in quell’occasione, Cordileone ricorda che «era un uomo di grande gioia» nonostante fosse stato «picchiato, perseguitato e torturato», una volta rilasciato e avendo incontrato una delle guardie che lo aveva perseguitato disse di averlo «abbracciato e perdonato».
L’Istituto Benedetto XVI si prefigge l’obiettivo di arrivare con queste storie soprattutto ai giovani, i più bersagliati sugli insegnamenti alienanti del marxismo. «Si tratta soprattutto di educazione», spiega l’arcivescovo, «dobbiamo mantenere vivi questi ricordi e dobbiamo apprezzare queste eredità. Non possiamo lasciare che questi ricordi muoiano. Altrimenti, come dice il proverbio, “siamo destinati a ripeterlo”».
Essendo l’Istituto principalmente un centro per l’arte e la liturgia «utilizzeremo tutte le diverse aree dell'arte. La prima sarà una Messa che celebrerò a Miami il 15 marzo», racconta Cordileone. Non sarà una “semplice” Messa, ma una sorta di «evoluzione» del progetto: «Abbiamo ampliato il progetto in una Messa di requiem per i dimenticati - persone che sono dimenticate dalla società, o perché sono povere ed emarginate, come i senzatetto, o perché sono perseguitate dai governi, o perché sono tossicodipendenti, o qualunque sia la situazione, è una Messa di requiem per i dimenticati. E durante questa Messa verrà eseguito in anteprima questo inno ai martiri ucraini».
(Fonte foto: Pexels.com/Facebook)












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