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Nata con l’utero in affitto e poi abbandonata. Dov’è il problema?
NEWS 16 Novembre 2021    di Raffaella Frullone

Nata con l’utero in affitto e poi abbandonata. Dov’è il problema?

E’ finita sulle prime pagine di tutti i giornali. Con tanto di foto della pediatra che l’ha portata in Italia, inondata da colate di piombo tra il commosso e il petaloso perché si sa, una bimba così piccola fa sempre tenerezza, e quindi è scattato un po’ l’effetto gattino puccioso sui social e tutti più o meno ci hanno messo una buona parola, d’altra parte stiamo anche avvicinandoci a Natale. Perché chi non condanna quel gesto così freddo e atroce di abbandonare una bimba al suo destino in un Paese straniero senza che qualcuno si occupi di lei?

Eppure, cinico ricordarlo, ogni giorno ci sono bambini abbandonati nelle situazioni più terribili, anche in Italia, ogni giorno ci sono bimbi addirittura abortiti, prima ancora che nascano, ma non finiscono in prima pagina anzi, sguazzano nell’indifferenza generale. Certo, questo è un caso particolare, i genitori infatti, o meglio i committenti, avevano voluto la bimba ad ogni costo. Dove per ogni si intende anche una cifra che si aggira attorno ai 60 – 70 mila euro, questo è quanto può arrivare a “costare” una bambina in Ucraina dove le “agenzie” preposte in questi giorni stanno facendo sapere di essere alla ricerca di “mamme surrogate”, quindi se qualcuno cerca lavoro può tranquillamente farsi avanti sapendo che il compenso arriva a circa 45mila euro come indicano gli “annunci” su Instagram, alla luce del sole quindi.

“Tecniche di maternità surrogata”, la chiamano i giornali e i tg. Dire “utero in affitto” fa brutto, è unpolite, sta male, d’altra parte è passata da pochi giorni la “giornata della gentilezza” e quindi è d’obbligo una parola gentile, carina, zuccherosa, ai gesti invece, ci si penserà un’altra volta, perché diciamolo, tirano di più i titoli petalosi sulla bimba abbandonata che un sermone per dire no all’utero in affitto, tanto più che ormai la pratica sembra essere in via più o meno consapevole di digestione. Ai tempi della discussione della legge sulle cosiddette unioni civili l’utero in affitto sembrava un limite invalicabile, quello che nessuno avrebbe accettato. Era soltanto cinque anni fa. Invece oggi la maggioranza l’ha già accettato “perché tanto ormai”, “eh ma se è per chi non riesce ad avere figli” ecc. Qualche flebile voce ancora si leva ma solo per chiedere che la «la donna non sia schiavizzata», come dire che se è ben pagata non c’è niente di male a che si offra per far crescere una vita in grembo per soldi per poi darla a chi l’ha commissionata.

Per capire quale sarà il passo successivo basta leggere le dichiarazioni di Filomena Gallo segretaria dell’Associazione Luca Coscioni che si è detta disponibile ad accogliere la bambina: «Il problema non riguarda la tecnica in questione – ha ovviamente sottolineato. – Occorre regolamentare la realizzazione della tecnica di fecondazione assistita con gravidanza per altri, che esiste, ma in maniera clandestina. L’obiettivo di tutti dovrebbe essere quello di evitare situazioni di incertezza normativa e fornire piena tutela ai diritti di tutti i soggetti coinvolti e, in particolar modo, ai minori nati all’esito di tale percorso, anche all’estero, a seguito dell’applicazione della legge straniera. La scienza – conclude l’esponente dell’Associazione Coscioni – ha consentito a persone impossibilitate ad avere una gravidanza, di poter accedere a questa tecnica. Solo una legge evita scenari di incertezza, che i proibizionisti invece di ostacolare continuano a fomentare».

Come da copione l’Associazione Coscioni usa un caso emotivamente toccante per rendere legale una pratica che reifica un bambino rendendolo una merce. Ma se si accetta che una bimba venga commissionata e pagata, perché ci si straccia le vesti se viene abbandonata? Dov’è il problema?


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