L’utilizzo di armi fornite dalla Nato anche sul territorio russo «credo che debba preoccupare ogni persona che abbia a cuore le sorti del nostro mondo. Potrebbe comportare un’escalation che nessuno potrà più controllare: è una prospettiva inquietante». Sono parole pronunciate dal Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin a Milano, a margine della presentazione di un libro su Bernardino Nogara, il banchiere italiano fondatore dello Ior. Si tratta di parole che non hanno bisogno di troppi commenti. La pace è sempre necessaria, ora più che mai, visto che in Ucraina una duplice follia si sta realizzando, da una parte la Russia continua ad avanzare e guadagnare terreno, mentre la Nato (e gli Stati Uniti) sta(nno) pensando di mollare gli ormeggi e far utilizzare le armi occidentali non solo a difesa, ma anche per colpire nel territorio russo.
Sul campo resta il massacro e la devastazione. È di oggi l’indiscrezione del quotidiano statunitense “Politico” per cui Joe Biden, avrebbe “segretamente” autorizzato l’Ucraina a colpire in territorio russo con armi americane, non a lungo raggio, ma limitando l’attacco alla sola area a ridosso proprio di Kharkiv. La prossima mossa dovrebbe forse essere quella già auspicata dal presidente francese Macron di inviare truppe Nato in Ucraina? Ci sembra che tutto questo, per usare le parole del cardinale Parolin, sia davvero una «prospettiva inquietante», perché è chiaro che qui non si sta giocando a Risiko sul tavolo, ma si sta giocando con il fuoco e sulla pelle degli uomini e delle donne che sotto quelle bombe vivono.
E l’escalation fino a dove dovrebbe condurre? Il rischio atomico, come lo stesso Segretario Parolin disse al Timone in un’intervista dell’ottobre scorso, non è una ipotesi fantasiosa, ma una terribile realtà. Cosa si deve fare? Avere il coraggio di fermare le armi e sedersi per negoziare la pace. A papa Francesco che invocò il «coraggio della bandiera bianca» fu risposto con una raffica di sdegnate contrarietà, ma bisogna riconoscere che un Occidente sempre più implicato in guerra non è la risposta di una legittima difesa moralmente sostenibile. Perché l’escalation che adombra può solo produrre maggiori danni. Il problema dell’invio di armi si colloca all’interno di questo quadro (Fonte: Imagoeconomica)
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