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Quella violenza sulle donne che… si nasconde
NEWS 25 Novembre 2021    di Giuliano Guzzo

Quella violenza sulle donne che… si nasconde

Può essere proprio la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne a dimenticare…la violenza contro le donne? Apparentemente, è un paradosso. In effetti, le tante manifestazioni di queste ore, il gran numero di scarpe rosse portate nelle piazze, il doloroso conteggio delle donne uccise dall’inizio dell’anno e la reiterazione del noto impegno – il «mai più!» di ogni 25 novembre -, sembrano testimoniare il contrario. Pare cioè che la violenza contro le donne, finalmente, interessi davvero. Invece non è così, come provano vari dati di fatto.

Anzitutto, la lettura che si dà del fenomeno della violenza di coppia, presentata come problema tra la donna e il suo «partner», termine di derivazione commerciale che già dà una lettura discutibile delle relazioni le quali, da legami tra persone che si amano – o ci provano -, vengono automaticamente ridotte al livello di collaborazioni tra «partner». Ora, non è forse già questa un’ottica divisiva e che va ad esasperare i conflitti, anziché provare a ricomporli o a prevenirli? Senza considerare che la stessa scelta del termine «partner» è sleale.

Sì, perché nasconde un fatto: la gran parte delle violenze non avviene «in famiglia», ma in famiglie disgregate, dove il «partner» è in realtà l’ex marito, il coniuge separato, il convivente da poco lasciato. Perché si omette tale aspetto, per nulla marginale? Forse perché, se si dicessero le cose come stanno, si scoprirebbe che gran parte delle violenze rispecchia una società che, insieme al rispetto nei confronti della donna, ha perso quello verso il senso dell’unità coniugale, del dono reciproco e della fedeltà?

Non è finita. C’è un altro motivo per temere che la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in realtà, dimentichi proprio le donne vittime di violenza. Ci si riferisce al fatto che si riduce il fenomeno esclusivamente a ciò che avviene «in famiglia», anche se poi – lo ripetiamo – la gran parte della violenze di coppia esplodono proprio là dove il senso di famiglia manca. In questo modo, vengono però dimenticare, anzi censurate tutte le altre forme di violenza contro le donne, che pure ai giorni nostri sono in aumento.

Pensiamo all’utero in affitto: non è forse violenza sulle donne, per di più su quelle povere che, per sbarcare il lunario, arrivano a mercificare «altruisticamente» il loro grembo? E l’aborto selettivo, con milioni e milioni di bambine – loro sì! – abortite in tutto il mondo in quanto bambine, non è forse una forma di violenza contro il sesso femminile? E tutti i licenziamenti in caso di maternità, incubo delle lavoratrici? E la pornografia, che umilia in primo luogo la dignità femminile? E la progressiva cancellazione dello stesso termine «donne», rimpiazzato addirittura con l’espressione «corpi con vagine», come ha recentemente fatto la rivista scientifica Lancet?

Che dire, poi, delle minacce di morte a J. K. Rowling e della cacciata dalla sua università, quella del Sussex, della filosofa lesbica e femminista Kathleen Stock che, con la creatrice di Harry Potter, condivide l’idea che il genere sia anzitutto un dato biologico? Queste non sono forse tutte aberranti forme di violenza contro le donne? Eppure oggi, c’è da scommetterci, di tutto questo non ci parlerà; il che è molto grave. Ma grave non, attenzione, perché della violenza interpersonale e di coppia si parli troppo – cosa che non è -, ma perché le umiliazioni e le aggressioni a danno della dignità femminile sono molte.

Ne consegue come l’ostinarsi a vedere solo un aspetto della violenza sulle donne, per quanto inevitabilmente centrale – quello relazionale, dimenticando in blocco tutto quanto il resto, ecco, venga sempre più ad assumere una connotazione insopportabile anche per gli stomaci più forti. Quella dell’ipocrisia.


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