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11.12.2024

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Strage di Erba, quando il processo mediatico può causare malagiustizia
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11 Gennaio 2024

Strage di Erba, quando il processo mediatico può causare malagiustizia

Sono tornati sulle prime pagine dei giornali Rosa e Olindo, sono tornati a far notizia sui Tg, ad aprire i notiziari, ora sono anche nei trending topic dei social, era il 2006 ma è come se fosse ieri. E infatti l’ultimo atto di questa lunghissima pagina di cronaca è stata scritta 48 ore fa, quando La Corte d’Appello di Brescia fissato l’udienza in cui si discuterà della richiesta di revisione del processo a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per cosiddetta “strage di Erba” fissando al 1 marzo l’udienza al termine della quale i giudici decideranno sull’istanza di revisione presentata dagli avvocati della difesa dei coniugi.

Ieri la cittadina di sedicimila abitanti ai piedi delle Prealpi lombarde, nota ai tanti cattolici che ascoltano Radio Maria, si è ripopolata di cronisti. In effetti gli scenari che si aprono possono a buona ragione essere definiti clamorosi, perché potenzialmente potrebbero portare ad un’assoluzione di Rosa e Olindo, e in quest’ultimo caso toccherebbe prendere atto del fatto che due innocenti sono stati in carcere per diciassette anni. Non certo una cosa da poco.

Nelle 58 pagine dell’istanza con cui il procuratore Cuno Tarfusser ha chiesto la revisione, vengono messi in discussione i tre “pilastri” fondamentali per la condanna all’ergastolo per aver ucciso, l’11 dicembre 2006, Raffaella Castagna, il figlio di 2 anni Youssef Marzouk, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Innanzitutto la confessione degli imputati, che sarebbe stata indotta con metodi non propriamente ortodossi, poi la testimonianza, considerata inattendibile, di Mario Frigerio, ferito gravemente nella mattanza e oggi deceduto, e mal repertata la cosiddetta “prova regina”, una macchia di sangue trovata sull’auto di Olindo.

Il compito della giustizia è sempre difficile, si sa, come si sa anche che spesso verità dei fatti e verità processuale non combaciano, ed è vero che è complicato fare i conti con quell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”, tuttavia in questi anni sono state così tante le incongruenze emerse relativamente a quella sera, che il dubbio che due innocenti stessero pagando in carcere, ha iniziato a farsi strada. Ora che ci siamo, ci sono quattro considerazioni che si possono fare di fronte allo scenario – ancora del tutto ipotetico va detto – dell’errore giudiziario.

  1. Se il Signore può scrivere dritto anche sulle righe storte, potrebbe farlo anche su righe decisamente discutibili, come il giornalismo sensazionalistico delle Iene. Nella clamorosa ipotesi di un’assoluzione finale avrebbe un peso non piccolo il lavoro di Antonino Monteleone, e degli altri professionisti che hanno lavorato con lui. Quest’è. Tocca prenderne atto.
  2. La confessione non è sempre segno di verità. Lo abbiamo visto in tanti altri processi e questo, con tutti i condizionali del caso, potrebbe essere un altro esempio. La psiche umana è misteriosa, con voragini e abissi ancora inesplorati al punto che a volte ci si prende la responsabilità di gesti che non si sono in realtà compiuti. A domanda diretta, per spiegare la ragione della confessione “falsa”, a posteriori, Olindo dirà «l’ho fatto per il male minore», pensando cioè che lo avrebbero lasciato stare insieme all’unica persona della sua vita, sua moglie. Folle? Per certi versi sì, ma nei suoi panni, nei panni di un uomo disarmato culturalmente e completamente solo, forse no.
  3. Se si confermasse l’ipotesi di un errore giudiziario, sicuramente ad aver giocato un ruolo non piccolo ci sarebbe la pressione mediatica, il processo celebrato prima in tv e sui giornali che nelle aule dei tribunali. Il terribile fascino della cronaca nera – cui Il Timone dedica uno speciale nel numero in edicola – in cui il pubblico famelico chiede sempre più particolari, sempre più approfondimenti e soprattutto chiede un colpevole, potrebbe aver giocato un ruolo infausto nel trovare un capro espiatorio nel più breve tempo possibile. Forse è il caso di fare, in ogni caso, un mea culpa.
  4. La giustizia non è sempre giusta, quella umana, s’intende. E quindi stride sentire la – abusata – frase «Ho fiducia nella giustizia», che significa? La giustizia è composta da uomini, peccatori come tutti, passibili di errori, che possono operare rettamente, possono sbagliare, possono fare bene, possono fare male. Quando fanno il male a farne le spese può essere chiunque, anche un innocente che può finire in carcere, e non sarebbe questo il primo caso. L’unica giustizia vera è quella di Dio, ed è a lei che occorre appellarsi di fronte alle ingiustizie umane, è a lei che ci appelliamo perché in questo caso, venga fatta verità.

(Fonte foto: Ansa)

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