venerdì 26 luglio 2024
  • 0
Varsavia vieta i simboli religiosi
NEWS 18 Maggio 2024    di Paola Belletti

Varsavia vieta i simboli religiosi

«Credenti esclusi». Questa potrebbe essere la nota, segnalata da un asterisco che fa l’asterisco alla vecchia maniera, in fondo al catalogo di normative per i dipendenti pubblici di Varsavia approvato dal primo cittadino. Il documento obbliga i lavoratori a combattere la discriminazione. Anche senza elencare le categorie oggetto di questa intimazione all’accoglienza e all’inclusione sappiamo già, per riflesso condizionato, a chi si sta riferendo: via i simboli religiosi, come il crocefisso alle pareti, rispetto (manifesto ossequio?) alle coppie dello stesso sesso e alle persone transgender. Tutti a testuggine a combattere la discriminazione, con la casacca della laicità della cosa pubblica.

Lo riporta, tra gli altri, il sito di informazione cattolica di lingua tedesca, katolisch.de: «Il sindaco di Varsavia ha vietato i simboli religiosi come i crocifissi negli uffici statali. Anche il personale degli uffici non dovrebbe avere simboli religiosi sui loro posti di lavoro, riferisce il quotidiano polacco “Gazeta Wyborcza” (giovedì). Il divieto, tuttavia, non si applica ai “simboli religiosi per uso personale indossati da persone che lavorano in ufficio, per esempio sotto forma di una catena, un tatuaggio o un braccialetto”, ha continuato». Com’è umano, lei!

Strano. Ci pareva di aver capito, dai due millenni di storia europea che proprio la fede in Cristo ha permeato, che il cristianesimo fosse un acceleratore di progresso, una solida difesa della dignità di ogni persona, in qualsiasi condizione si trovi e che l’uso della ragione in tutta la sua ampiezza fosse incoraggiato e non mortificato dalla dottrina cattolica.  A quanto pare ci eravamo sbagliati, conviene informare i trentasei milioni di polacchi che non è così. Per quelli della capitale Varsavia si sta dando da fare il sindaco Trzaskowski, appena rieletto per il secondo mandato, e ritenuto campione di progressismo e di malcelato fastidio per la tradizione cattolica.

Secondo le regole del nuovo documento, che vincoleranno i dipendenti della pubblica amministrazione della capitale, laicità sembra equivalere a mortificazione della dimensione pubblica della fede di un popolo e a riduzione dei simboli religiosi a questioni strettamente private: braccialetto, ciondolo, tatuaggetto, magari qualche santino nel portafogli.  Obbligatorio invece anticipare il riconoscimento normativo delle unioni tra persone dello stesso sesso con, permettendo ad esempio a un partner di presentarsi all’anagrafe e poter ritirare per conto dell’altro suoi documenti ufficiali.

Una prassi, insomma, che dovrebbe affrettare o dare per assodata una norma che ancora non c’è. Tutti uguali, dunque, davanti alla legge e alle interminabili lungaggini che anche nell’Est Europa toccheranno ai cittadini che si destreggiano tra procedure farraginose e insensatezze burocratiche (o siamo la solita eccezione italiana?). “Dove per rifare la carta d’identità? Quante foto tessere servono?”. Può darsi. Di sicuro c’è che impiegati e funzionari pubblici dovranno rivolgersi alle persone cosiddette transgender come loro desiderano che ci si rivolga loro.

«Il documento afferma: “Nel caso di una persona transgender il cui aspetto è diverso dal sesso indicato nei documenti ufficiali, rivolgetevi a loro con il nome o il pronome di genere che indica. A una persona non binaria dovrebbe essere chiesto il suo pronome preferito”». Domanda: che una persona si ritenga “non binaria”, il malcapitato impiegato, deve dedurlo da qualche elemento esteriore ed estetico (ma non è un tantino discriminatorio?) o può domandarlo apertis verbi? Chi lo sa. Seguirà a stretto giro condivisione di buone pratiche, c’è da supporre e augurare a questi lavoratori, ai quali non saranno risparmiati workshop e webinar dedicati. Qualcuno lo ha chiesto: vietare i simboli religiosi non è a sua volta discriminatorio? La risposta, tipica di certo laicismo e non da ieri, è quella che ha rilasciato la portavoce del sindaco: «L’attuazione della disposizione costituzionale sulla neutralità dello stato è un prerequisito necessario per la libertà religiosa di tutti i cittadini.” E: “Gli uffici devono trattare tutti i cittadini allo stesso modo». (Fonte foto: Pexels.com/Pexels.com)

ABBONATI ALLA RIVISTA!


Potrebbe interessarti anche