«La "pace giusta" in Ucraina? Deve tener conto di quanto avvenuto sul campo»
Il generale Marco Bertolini, in esclusiva per il Timone, commenta gli ultimi sviluppi del possibile accordo tra Usa e Ucraina sulle terre rare, e non solo
Un bel bagno di realtà, è stato quello a cui Trump, nell’acceso scontro nello studio ovale, che ha fatto il giro del mondo e che rimarrà nella storia, aveva costretto Zelensky: «Senza le armi americane la guerra finiva in due settimane. O firmi l’accordo o noi ci chiamiamo fuori. Stai giocando d’azzardo con la Terza Guerra Mondiale». E dulcis in fundo, l’aveva praticamente messo alla porta: «Torni quando è pronto alla pace». Ma dopo la tempesta, si sa, arriva il sereno. Evidentemente a Zelensky queste ultime notti devono aver portato consiglio perché, nelle scorse ore, affermato di essere disposto a firmare «in qualsiasi momento e in qualsiasi forma conveniente» un accordo, sotto la guida di Trump, che garantirebbe agli Stati Uniti l'accesso ai minerali ucraini. Insomma, con la firma dell’accordo sulle terre rare, l’America, dovrebbe delineare anche la strategia per mettere, speriamo al più presto, fine alla guerra in Ucraina. Di questo ed altro abbiamo parlato con il generale Marco Bertolini, 71 anni, ex comandante del Comando operativo del vertice interforze e della Brigata Folgore e autore della prefazione al libro di Matteo Carnieletto edito da il Timone, Terza Guerra Mondiale a pezzi.
Generale, sembra proprio che il presidente Zelensky abbia scelto di addivenire a più miti consigli con Trump e di accettare l’accordo sulle terre rare. Come mai, secondo lei, questo cambio di rotta in così poche ore? Forse Kiev non si sente comunque rassicurata dell’Europa, che pure si vuole «riarmare»? «Il cambio di rotta improvviso di Zelensky è dovuto al fatto che non ci sono altre soluzioni. Sicuramente non è una soluzione questa levata di scudi europea. Dopo aver partecipato ad una riunione a Londra che non si capisce bene se fosse dell’Unione Europea o della Nato, perché vi partecipavano anche altri Paesi esterni alle due organizzazioni; sicuramente sarà stato rassicurato sull’appoggio che gli avrebbero dato gli altri Paesi, ma deve aver percepito che non c’è alcuna soluzione se non quella di dire ai russi che l’Ucraina è proprietà americana e pertanto qualunque danno all’Ucraina comporterebbe una automatica reazione da parte degli Stati Uniti. E questo è quello che è hanno fatto capire anche Trump e Vance: la più grande forma di assicurazione per l’Ucraina è il fatto che le sue risorse sono in un certo senso di proprietà degli americani, per cui questo dovrebbe fermare un ulteriore sviluppo del conflitto. Non c’è un’alternativa. Una soluzione bellica non esiste: l’Ucraina non può contrastare la Russia. L’unica possibilità sarebbe quella di trascinare gli Stati Uniti in una guerra e questo è quella che gli ha rinfacciato un po’ Trump nello studio ovale, quando gli ha detto che sta scherzando con la terza guerra mondiale».
Quanto avvenuto nello Studio Ovale tra Trump, Zelensky e Vance c’è chi ci dice sia stata una prevaricazione del più forte sul più debole. Che cosa ne pensa? «All’inizio si è parlato addirittura di una “trappola” che Trump e Vance avrebbero teso a Zelensky, in realtà, vedendo tutta la registrazione si evince che non è così: Zelensky si ostinava a pretendere che gli Stati Uniti utilizzassero nei confronti di Putin, dei toni che sono incompatibili con chi voglia fare la pace. Se l’interlocutore viene definito un “criminale” è difficile pensare di poter scendere a patti con lui. Questo ha fatto irritare Trump perché mandava all’aria ogni tentativo di composizione del conflitto. Trump vuole avere un buon rapporto con Putin».
Tornando all’Europa, Ursula von der Leyen propone una corsa al riarmo dell’Ue con un piano da 800 miliardi. Ammesso e non concesso che gli Stati membri siano d’accordo, è un sussulto di orgoglio europeo oppure una vana prova muscolare? «Secondo me è una mossa politica, da parte di questa Unione Europea - che non è l’Europa che uno poteva sperare - di imporre dall’alto una sovranità dell’Europa sui singoli Stati, perché le forze armate sono per antonomasia una proprietà dei singoli Stati. Uno Stato è sovrano perché ha le forze armate, insieme alla moneta che, peraltro, noi non abbiamo più. Però uno Stato senza forze armate non è sovrano. Decidere di mettere su un esercito europeo è una retorica finalizzata proprio a questo, perché un esercito europeo c’è già ed è la Nato. Questa corsa al riarmo è invece un modo per imporre dall’alto una sovranità europea sui singoli Stati».
In un editoriale odierno del “Corriere della Sera”, sempre con riferimento all’Ucraina, si parla di una «pace che deve essere giusta» e non di una «tregua dei forti», destinata ad essere pace effimera. Che cosa ne pensa? «La tregua non la vuole nessuno, sicuramente non la vuole Putin che non vuole una tregua che dia all’Ucraina il tempo per riprepararsi e mettersi nelle condizioni di tirare il fiato e ricominciare. La Russia è in vantaggio sul campo e lo vuole sfruttare. Putin ha sempre detto che quello che vuole è trovare una nuova architettura di sicurezza che tenga conto anche delle esigenze della Russia. Dunque, il discorso della tregua a Putin non interessa; interesserebbe forse all’Ucraina, per prendere fiato e riorganizzarsi, chiarirsi le idee e prepararsi per il futuro. Quindi chi vuole qualcosa di più articolato ed è ciò di cui la Russia sta discutendo con gli Stati Uniti. Usare da parte occidentale l’espressione “pace giusta” ha un altro significato, ovvero quello di dire che dev’essere una pace in cui i russi perdono o nella quale i russi restituiscono il territorio o ammettono la sconfitta. Cose che non si possono ottenere. Dev’essere una pace coerente con ciò che è successo sul campo e sulla base di questo ci si mette d’accordo per il futuro. Impossibile pretendere che la Russia si ritiri dai territori. La pace giusta è quella che emerge al termine della guerra, perché la pace è giusta per antonomasia. Temo invece che venga utilizzato questo termine per esprimere semplicemente una pace a determinate condizioni ovvero con la Russia che si ritira». (Foto: Imagoeconomica)