Giovedì 23 Ottobre 2025

Il Papa e le armi, una voce flebile che si rivela una profezia

Da dodici anni Francesco, oggi in timido miglioramento clinico, lancia un grido contro la politica delle armi. Scomodo monito per i tanti che si affrettano a indossare elmetti nelle redazioni, nei parlamenti e nelle piazze

papa francesco armi
Oggi è l’anniversario dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio sul soglio pontificio, era il 13 marzo 2013, mentre ieri il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato una risoluzione sulla difesa europea che «accoglie con favore» il piano ReArm Europe proposto la scorsa settimana dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. Sono circa 800 miliardi di euro per armare gli Stati membri: produzione e acquisto di armi. Qualcuno la chiama una svolta storica. In mezzo c’è la voce flebile di Papa Francesco che abbiamo potuto ascoltare qualche giorno fa, registrata nella sua stanza di ospedale al Policlinico Gemelli. Una voce stanca e con il fiato cortissimo, eppure molti sembrano averla dimenticata quando, invece, era forte e vigorosa contro le armi e «i fabbricanti di morte». Molti in questi anni hanno pensato che la sua fosse una voce ingenua, da pacifista cattolico. Nel caso specifico della guerra in Ucraina papa Francesco è stato persino accusato di essere filo-Putin, di non riconoscere aggredito e aggressore, di non ammettere la legittima difesa. Eppure basta leggere la dottrina cattolica sulla guerra giusta (Cfr. CCC n. 2309) per rendersi conto che ci sono delle condizioni ben precise e assai stringenti per realizzarla e, inoltre, con le armi nucleari e moderne le condizioni per una guerra giusta di fatto non possono mai verificarsi. L’unica battaglia da fare è quella per la pace e il disarmo basato sul negoziato multilaterale. Che non è una battaglia del “pacifista” Francesco, ma è una battaglia cattolica. La dottrina della Chiesa ovviamente riconosce la legittimità dell'armamento per la difesa, ma insiste su un approccio che favorisca la pace, la giustizia e la cooperazione internazionale. E insistiamo: con le armi moderne le condizioni per considerare un loro “giusto” utilizzo si restringono fino quasi ad azzerarsi. Nel 2022 quando la Germania annunciava il target del 2% del Pil per le spese militari, e anche l'Italia di Mario Draghi si poneva su questa prospettiva, nelle stesse ore del vertice Nato di Bruxelles, dove il tema dell'incremento dei budget per la difesa era sul tavolo, Papa Francesco disse: «Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». Perché, disse, «la vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali». «E’ ormai evidente che la buona politica», disse, «non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, no, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune». Nell’anniversario della sua elezione al soglio pontificio, mentre il Papa mostra timidi segnali di miglioramento in un quadro clinico «complesso», questa voce flebile di Francesco appare sempre di più come la più autentica profezia del pontificato. Tante volte ha lanciato il grido della «terza guerra mondiale a pezzi». Dovrebbero prenderne atto tutti quelli che, specialmente se cattolici, hanno la tentazione di indossare un elmetto, che siano in una redazione, in un parlamento o in una piazza «per l’Europa».

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