Venerdì 24 Ottobre 2025

E ora pure “Repubblica” scopre l’inverno demografico

Dalla prima pagina, un editoriale di Concita De Gregorio ieri ha denunciato il problema. Meglio tardi che mai

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Meglio tardi che mai. Anche Repubblica scopre il dramma dell’inverno demografico; e lo fa, anzi lo ha fatto ieri con un lungo articolo – con richiamo dalla prima pagina e pubblicato a pagina 16 – di Concita De Gregorio, intitolato «La generazione scomparsa». La nota giornalista suona il campanello d’allarme demografico scrivendo, dopo essere stata informata da «un’amica che vive ancora lì», «nella piccola città dove sono cresciuta quest’anno ci saranno quarantanove prime classi in meno nella scuola pubblica». La De Gregorio è nata a Pisa, dev’essere quindi questa la «piccola città» dov’è «cresciuta»; ma andiamo avanti, perché nel suo articolo la giornalista si dice profondamente colpita dalla notizia ricevuta e che condivide con i lettori di Repubblica. «Quarantanove prime elementari in meno, squadre che spariscono, cori che chiudono», continua infatti a riflettere la De Gregorio, che si mette a fare due conti: «Fra dieci anni sarà una generazione di adolescenti che manca all’appello, tra venti un migliaio di venticinquenni in medo, in quella piccola città, all’ingresso del lavoro». Amara conclusione della stessa giornalista: niente di nuovo sotto il sole. «Non ci sono notizie in questo racconto. Niente che non sappiamo già». Ora, l’articolo prosegue aprendo mille suggestioni - dai rischi dell’intelligenza artificiale a richiami alla guerra in Ucraina ad Elon Musk, alla Lega, ecc. -, ma la molla della riflessione degregoriana è e resta quella dell’inverno demografico, che nella giornalista lascia l’amarezza di un mondo intero che scompare: classi scolastiche, squadre, cori… Ora, questo è tutto vero, intendiamoci. Drammaticamente vero. Basti solo pensare agli ultimi dati Istat, secondo cui il 2024 ha registrato un nuovo minimo storico di fecondità. Non stanno sparendo solo le persone «nella piccola città» dov’è cresciuta Concita De Gregorio, ma ovunque nella penisola. Nel 2024 la popolazione residente in Italia – ci ha informati sempre l’Istat - è diminuita per il decimo anno consecutivo, scendendo a 58,9 milioni. Il calo, pari a 37.000 persone in meno rispetto al 2023, è stato contenuto, ma conferma un trend ormai strutturale. Una situazione che peggiora a causa di diversi fattori: nascite sempre più rare, famiglie più piccole e invecchiamento costante della popolazione. «Niente che non sappiamo già», per dirla con Concita De Gregorio. Dunque non si può contestare nulla nel merito di quanto denunciato ieri, dalla prima pagina, da Repubblica. Quello che invece appare assai singolare, se non bizzarro, è a che ad accorgersi degli effetti catastrofici dell’inverno demografico sia un giornale che da decenni ha sposato tutte le battaglie ideologiche possibili – dall’aborto legale al divorzio, dalla contraccezione ai minori alla promozione delle unioni arcobaleno (strutturalmente sterili, giova ricordarlo) – in favore di una cultura di chiusura alla vita nascente. Repubblica che oggi ci racconta di una «generazione scomparsa» è insomma lo stesso quotidiano che per una vita intera non ha fatto che spingere in questa direzione, facendo proprie tutte le istanze possibili di smantellamento della famiglia, che è – e rimane, nonostante tutto – il luogo dove i bambini nascono di più. Curioso pure che Concita De Gregorio si spaventi ora per l’inverno demografico. Sì, perché la giornalista è stata la prima a sognare (e a scriverlo!) per esempio un mondo senza padri e senza uomini. Lo ha fatto qualche anno fa dopo un viaggio scompartimento di un treno in compagnia di sole donne, che le ha suscitato questo pensiero: «Ho chiuso gli occhi e messo le cuffie ma non ho potuto smettere di pensare a quel mondo attorno a me. Misterioso, affascinante. Solo madri, sorelle, future madri di altre possibili madri. Come in quel racconto da cui gli uomini sono scomparsi, anche qui: qualcuno le ha generate, quelle creature, ma non c’è. È scomparso, non serve alla comunità in questo momento, è servito prima - forse è servito solo allora. Ho fantasticato su un paese fatto così. Dove gli uomini servono a generare altre donne, arrivano e se ne vanno portando con sé i neonati maschi» (Repubblica 06/8/2022) Curioso, eh? Prima si fantastica «su un paese fatto così» - senza padri né uomini – e poi ci si ritrova, come una bella addormentata improvvisamente risvegliata, a scoprire che l’inverno demografico sta cancellando il Paese; e questo, senza poter più peraltro indicare una via d’uscita. Infatti, per quanto nel suo articolo pubblicato ieri, ad un certo punto la De Gregorio ricorda – ovviamente con tono provocatorio che trasuda superiorità che sì, a rallentare il declino ci sono gli immigrati («che poi i bimbi ci sarebbero, ma sono figli di gente straniera e nessuno vuole classi dove “gli italiani” sono in minoranza»), ma neppure lei crede fino in fondo a questa soluzione. Tanto è vero che il suo articolo si conclude con un fiacco: «Proviamo, speriamo». Una conclusione francamente molto debole che, del resto, costituisce solo l’ennesima prova di quanto si diceva poc’anzi: la cultura secolarizzata e progressista che devastato demograficamente il Paese – rendendosi prima alleata di quella civiltà dei consumi denunciata da Pier Paolo Paolini e di quella cultura della contraccezione di cui con preoccupazione, parlando di «morte dell’amore», scriveva Max Horkheimer (giusto per citare due pensatori non esattamente “di destra”) – non ha gli strumenti per risalire la china. Perché non sa sperare veramente né, a ben vedere, può farlo. Perché solo la fede in Dio può dare vera speranza, portando a scommettere nell’amore per sempre e nell’apertura alla vita. Ma ci vorrà ancora tempo prima che Repubblica ammetta anche questo (Foto: Imagoeconomica) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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