Ci sono posti nel mondo dove poter semplicemente vivere la Pasqua purtroppo non solo non sarà semplice, ma sarà del tutto impossibile. Ne sa qualcosa, nel cuore dell’America Centrale, il popolo cattolico del Nicaragua, che sta vivendo la sua Settimana Santa non già con la gioia della Resurrezione, bensì con il peso schiacciante di una persecuzione che tende a farsi sempre più feroce. Da anni, infatti, il regime di Daniel Ortega e della sua consorte Rosario Murillo ha trasformato la fede cattolica in un bersaglio da colpire e silenziare. Da questo punto di vista, la Quaresima del 2025 non ha fatto eccezione. Anzi, secondo Martha Patricia Molina, avvocato ed attivista ora in esilio, ammontano allo spaventoso numero di 3.500 gli atti di pietà popolare vietati durante questo periodo. E non è che ora la morsa si stia allentando, tutt’altro.
Le tradizionali processioni del Venerdì Santo, le rappresentazioni della Passione di Cristo e persino le celebrazioni della Domenica delle Palme sono state cancellate o costrette all’interno delle chiese, sotto minaccia e sorveglianza armata. Come se non bastasse, agenti di sicurezza hanno già interrotto le Messe, fotografando i fedeli e intimidendo anche i bambini presenti. Il già liberticida regime di Ortega sta dunque assumendo una piena fisionomia totalitaria. Emblematico, al riguardo, è il caso di padre Jalder Hernández, sacerdote dell’arcidiocesi di Managua, cui è stato impedito il rientro in patria dopo una missione pastorale negli Stati Uniti. Già aggredito nel 2018 da sostenitori del regime mentre si trovava sul sagrato della chiesa di San Giacomo a Jinotepe, oggi questo sacerdote si vede negare il diritto di tornare alla sua comunità. Del resto, non c’è molto da aspettarsi da un regime divenuto - secondo la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) - un micidiale modello di «detenzioni arbitrarie, espulsioni e confische di proprietà come ritorsione per il loro lavoro pastorale».
Dal 2023, almeno 46 religiosi sono stati incarcerati successivamente espulsi dal Paese. Sempre la Cidh, in un recente rapporto in occasione del settimo anniversario delle proteste sociali, ha denunciato che più di 450 nicaraguensi sono stati privati arbitrariamente della loro nazionalità e ad almeno 290 cittadini è stato impedito di entrare nel proprio Paese dal gennaio 2024. Sbaglierebbe, insomma, chi pensasse ad una persecuzione mirata ai religiosi, perché quella di Ortega e Murillo è molto di più. Anche perché il regime – che in questo pare seguire orme sovietiche - non si limita a reprimere; cerca proprio di sostituire la fede autentica con una religiosità di Stato, promuovendo celebrazioni parallele e controllate, in un tentativo di manipolare la spiritualità del popolo.
Un’operazione che ricorda da vicino le politiche di controllo religioso attuale nel Novecento, appunto, nei Paesi comunisti, dove una sorta di «sostituzione religiosa» - da Dio allo Stato – è stata eseguita in modo scientifico per decenni. In tutta questa oscurità, per quanto possa apparire incredibile, c’è comunque una luce: è quella della fede del popolo nicaraguense, una fede che nonostante tutto resiste eroicamente e non si spegne. Molti fedeli, infatti, continuano a pregare in clandestinità, mantenendo viva la speranza nella giustizia e nella libertà religiosa. La comunità internazionale, la Chiesa universale e in fondo tutti noi siamo, rispetto a questo, chiamati a non restare indifferenti. E ad alzare la voce, per denunciare violazioni e sostenere i nostri fratelli nella fede che, sotto una croce che conoscono molto da vicino, attendono la Resurrezione (Foto: Ansa)
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